Volontà - anno XIX- n.8-9 - agosto-settembre 1966

l'educazione del popolo. L'insegna– mento è certamente cosa santa, ma gu.:ti se diventa un comodo cusci– no p~r Il docente. Quanti sono i pro– f es,:;ori, specie fra noi, che si conten– tano degli allori professionali e ri– tengonn d'avere assolto il loro com– pito dopo a\':::r vinto un concorso per la docenza d'una determinata materia e per il pane che questa può assicu– rare! E non parliamo solo d'insegna– mento. L~ malattia del professioni– smo con la corsa alle lauree dilaga og– gi in mo<lo impressionante_ li profes– sionista eleva non di rado la sua voce, fa sovente delle parole grosse, contro il dilettante. ma dovrebbe in primo luogo accusare se stesso, riconoscere che la terribile crisi culturale che at– traversiamo è causata in primo luo– ro dalla pigrizia spirituale dei cloc~nti ~. per n~nseguema, anche dei discenti, che, con una posizione economica più o meno bene assicurata, non amano, anzi, odiano lo sforzo, ch'è per lo più rnaLcrialmente disinterassato, per il ,·ero incremento del sapere, il quale e– sige la d;:dizione indipendentemente dall'avidità per ogni profitto ccono• mico e dall'applauso della folla. D'altro canto, bisogna cercare oggi il vero arnatorn col «lanternino di rnogenc>), poichè sov.!ntc anche il di– sprezzato dilettante non ama interior– mente la sua opera, buona o scadente che sia, ma corre anche lui sulla pista tracciat~l tlal professionista. Oggi è semplicemente dilettante, ma chissà se i su0i conati interessati non riusci– ranno a fargli percorrere il cammino percor~0 con minor fatica dalla molti– tudine dei professionisti! E raggiunto questo, dire finalmente addio al dilet– tantismo, che diverrà per lui, come per gli altri, oggetlo di disprezzo. Di– cendo questo siamo entro i quadri del– la brutta realtà odierna. Jn ur, libro di filosofia, scritlo da un geniale studioso inglese contem– poraneo, e precisamente da Hector llawlon, libro intitolato Filosofia per diletto, si legge qualche cosa che vale b pen,t di ripor! are, poichè servirà d'appoggio alla conc.lusione che in– tendiamo dare a questo nostro scrit– to. «Non è necessaria - scrive lo Hawton - la professione del filosofo per far progredire la filosofia. Alcuni dei pili grandi risultati sono dovuti a geniali clileuanti. La filosofia ebbe ini– zio ali raverso una serie di speculazier ni fatte in momenti di libertà da non ini;,iati intelligenti, e fu continuata da schiavi, soldati e uomini di stato. Pcrson~ dedite ad allra attività - dottori oculisti, maestri di scuola, im– piegati statali - hanno fatto un la– voro per lo meno altrettanto impor– tante dei filosofi di professione. Sa– rebbe assurdo per un dilettante espri– mere un'opinione, per esempio, sulla teoria dei quanta, ma è ancora possi– bile per un filosofo dil~ttante dare un apprezzabile contributo. Gli scienzia. ti di professione danno spesso cose molto importanti nella loro capacità di filoson dilettanti (va sottolineata questa frase della Hawton), ma dico– no spesso anche schiocchezze (I)». S1 obbietterà eh<· questo scrittore parla un po' pro domo sua, ma la sto– ria gli dà sovente ragione. Esempli• ficare è sempre cosa richiesta, poìchè ci sono esempii contrastanti di ogni genere pure in questa materia, ma (I) JIECTOR HAWTON. FIiosofia per dilello . Mibno, Bompiani, 195S. 527

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