Volontà - anno XIX- n.5 - maggio 1966

che anarchico, seco11do lui, sia andato a votare e lui li ha... seguiti. L'anarchismo t morto perchè non s'in– teressa sul piano locale, su quello comu– nale e di quartiere, su quello più vasto del sindacalismo di categoria, non lrovmi. dosi presente proprio su quello partico– larmente nostro del piano sindacale, di fabbrica, di 111/icio, volewl egli dire. Ma quando egli si chiede nuovamente se ha l11i stesso fatto tulio q11esto e se ci può dire con quali risultati, allora il discor– so, dirà, era rivolto agli altri, a noi. No11ci ha mica detto che i mpt)orti s11l piano cmmma!e, (li quarliere e smaacale, sono rapporti impossibili, o~gi, in quanto, S{' va bene, egli stes50 non conosce nep– pure il suo vici110di casa, tanto i rapporti sociali ctliemi si sono trosfr,•1w11i ed O· mzmw v11olvivere con se stisso la.<1cia11do in vace i suoi vicini o, tutt'al più, scwn• bimulo cou essi qualche parnla, tli. « htton ponto». Che poi, in li11eage11erale, gli anarrhici non siano operai e non sia'>toalle dipen– denze dei vadru11i e ci faccia tutti o quasi indipemle111j o operni specializzati, quindi 11011 operai noi-mali come gli nitri - selJ. hene vossa avvarire 1111 elogio verso gli a. narchici proletari - risfodera la tesi mar• xista che gli anarchici siano « piccoli bor. ghesi ». Tesi assurda, che non è accetta– bile, che 11011 p11ò essere accettata come definizione e distimione. I nostri compa– gni operai sono come tutti gli altri ope• rai; i noslri co11tadi11isono come tutti i co11tadi11ì del mondo, più preparati o me– no, ma semf)rP opera, o contadini, nè mi– Rliori, nè peggiori degli altri; impiegati o professionisti: 11011commercianti o arti– giani, anche se vi svno in mezzo a 1101 compagni che esercirono questi mestieri e queste professioni. Ma staccarli dall'assie– me degli altri prod11tlori, è mettersi fuo– ri, qua sì, dalla realtà. 300 Cli altri operai. i11tellettuali, professio- 11isti ecc. /c.nnu cerle r.ose, noi dovremmo fare altrettanto. Questo sarebbe rientra– re nella realtà, secondo A. La gente non wwle sentir parlare del futuro, ma dell'og– gi. Adattarsi, dunque, alla realtà odierna. T11tti H,tano, andiamo a votare. Tutti sono legalitari, diventiamolo anche noi. Fanno di più certi circoli non-violenti, che noi anarchici. Ecco che affiora il gra– d11alis1110, il revisionismo e il riformismo dei marxisti. Facciamo qualche cosa oggi, lottando con tutti coloro che vogliono se non al cento per cento le cose che voglia– mo noi, almeno al sei/anta per cento. Sulla china delle rinunce, del trasformi– smo e del riformismo legalitario dei grup. pi non anarchici, si finisce per dare ra– gione ai socialisti; ai comunisti che biso– gna attaccare lo stato dal di dentro per trasformarlo e dirigerlo in senso « rivo• l!1zionario ». Il suo consiglio, quello di A, è sempre lo stesso consiglio dei socialisti legalitari q11a11to si staccaro110 dagli anar. chici. Ma quel consiglio gli anarchici, tan. fi o pochi che restino, che restarono, non accettarono mai. Ce lo ripropoue ora uno che scrive che 11011 è da tempo dentro il movimento anarchico e pure ci muove i suoi strali e le sue critiche come se vo– lesse indicarci la via migliore da seguire per riprendere 'fiato e per ritornare in 1•ila dopo averci diclliarati sepolti. Perchè, dico io, parlare ai morti? Se il moviml'nto anarchico è morto, perchè ha rivolto il discorso ai morti, al morto? Lo sa solo lui! Anche se in f11nzione di anarchico per «dispetto» agli altri, tui stesso si dice anarchico. Quindi associando gli anarchici che non sono tali per dispetto, si ha il movimento anarchico italiano, non mor– to, ma vivo, e la medesima cosa va detta per gli altri movimenti che definisce mor. ti e stramorti.

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