Volontà - anno XIX- n.3 - marzo 1966

mente esteriorizzato e racchiuso in un corpo proprio, finalmente ritorna in noi, alJ'origine e l'individuo può affer– mare: "''° solo sono reale ed allora prendo il mio mondo di cuJ lo sono il padrone e riferisco a me ogni cosa». A questo punto sorge il proglcma del– la società, in quanto la precedente af– fermazione ine\-itabilmcnte urta contro di essa. La società - dice Stirner -, trova la propria spiegazione ed il proprio «di– ritto,. nella «volontà dominatrice•; es– sa esiste in ,·irti, del dominio che eser– cita sui singoli. Pertanto, sotto questa prospettiva, il diritto del singolo è sola_ mente quello che la società gli conce– de. Ma - si domanda Stirncr - può l'individuo dire d'essere nel diritto per il solo fatto che il medesimo gli è rico– nosciuto dalla società? La risposta è no, per il semplice motivo che il diritto concessomi, non è il prodotto della «mia volontà», ma della volontà e della forza altmi. Ciò che è emanazione d'al– tri, non può in nessun modo essere mia, e non mi riguarda minimamente. Si può verificare il fatlo di una identi– tà di vedute, ma identità par1.iale, non assoluta. Ogni individualità è una cosa a sè stante, diversa e autonoma dalle altre. 11 cosiddetto "diritto di tutti» - af– ferma Stimer - è una formula vuota, in quanto la preminenza spetta al «mio diritto». Tutti coloro che si son fatti paladini del principio del «diritto al– trui», intimamente sanno che non rinun_ ceranno mai a quello proprio; sono pronti a difenderlo con le unghie e con i denti. La contraddizione è palese: un diritto contro un altro diritto. Pren– de piede la lotta per il diritto. Il vero diritto di ognuno, dice Stirner, è quello di essere ciò che si può esse– re. «A me spetta stabilire se con mc è 11diritto: ruor di me, esso non esiste. Giusta è ognl cosa che tale a me sem- brai,. · Pertanto, qualsiasi diritto l'individuo si lascia conferire, è estraneo a lui stes~o. Il diritto è in diretta correlazio– ne alla for1.a. Chi possiede questa, ha quello. r n lutti i tempi chi ha sempre dete– nulo il diritto quale monopolio esclu– sivo, è stata cd è una piccola mino– ranza di «potenti•; contro il diritto di costoro c'è un solo mezzo: la violenza, anch'essa diritto stesso. Ma la violen– za ha veramente valore quando conse– gue lo scopo. Per la società ogni suo membro de– ve avere il proprio diritto; ma essa po· ne una condizione tassai iva: possedere il diritto che magnanimamente la socie– tà ci elargisce. Diritto sociale quindi, non diritto dell'individuo. Una tale de– terminazione è mutilata in partenza. non rispecchia affatto il mio «io». Non esiste nè dirillo divino, né diritto u– mano ma solamente il diritto perso– nale ed egoistico. E sul piano delle ragioni giustificatrici del diritto, ra– gione divina e ragione umana sono fittizie, feticci sorpassati. L'unica vera ragione è quella individuale egoislica. 11 fatto è inconfutabile. Tale concezione, comporta una linea particolare 51icondotta individuale. La vita non viene più intesa come conqui– sta, ricerca, ma come godimento. A che vale la mia esistenza se non so g<> dermela? L.:, ragione della vita è il go– dimento. Non vivere la vita, ma gode– re la vita. Il semplice vivere presuppo– ne la ricerca cli se stesso, del proprio io, della verità. Al contrario, chi gode 157

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