Volontà - anno XIX- n.2 - febbraio 1966

a volersi incastrare nella storia, si entra inevitabilmente nel gioco d'interessi e di forze che, tendenti al predominio o ad un iniquo equilibrio, minano e con– fondono la volontà di bene, anzichè sorreggerla ed illuminarla. Essi nulla pos– sono fare per la fondazione o la consolidazione delle basi etiche della società, ancorchè ci sia chi crede che dal loro gioco e dal loro conflitto il progresso etico risulti fatalment~, sia per nascosto divino intento o sia p -r un'inoppugna– bile dialettica, vuoi dello spirito, vuoi della materia. NON GIUSTIFICAZIONE DEI MEZZI Tutti i grandi movimenti storici mirano a stabilire una società bene or– (linata dove ognuno trovi ragione d'essere contento. Tutti presentano la loro immagine partic0lare cli questa società bene ordinata, la quale diviene collet– tiva perchè gli individui l'accettano in massa per uno o più dei seguenti mo– tivi: che volendo battersi per altre ragioni tanto vale assumerne una che c'è chi garantisce essere buona; che in un futuro ordine nuovo c'è più da guada– gnare o meno da perdere che nell'ordine vecchio; che la non accettazione del– l'ordine nuovo ci separa dal grosso della nazione. della classe o del gruppo a cui già si appartiene e ci espone a rischi e a pericoli senza nulla offrire di buono. Ben stabilito e liberato dai suoi nemici, ogni ordine nuovo assicurerebbe il benessere a chìunque ne faccia parte, cosi che la scelta d'uno o di un altro di questi ordini nuovi sarebbe, se ci fosse libertà di scelta, una questione di gusti; e chi sceglierebbe il paradiso papale, chi il democratico americano e chi quello comunista rosso o giollo. Teoreticamente sono tutti accettabili e buoni e pertinentissima è la domanda che si pongono le persone semplici: perchè mai i promettitori di paradisi, volendo tulli il bene generale, trovano tanto difficile il mettersi d'accordo e fanno invece delle guerre che trasformano il purgatorio della povera gente in un insopportabile inferno. L'albero si conosce dal frutto, ma i cosidetti «fini» delle ideologie e degli organismi politici, rivoluzionari o pacifici, conservatori od aggressivi, mai non arrivano a maturare, sicchè bisogna giudicarli, non dai frutti che recheranno in un ipotetico futuro, ma dalla pianta che sono e dai «mezzi» con cui prov– vedono alla propria crescita e al proprio nutrimento. Analogie a parte, la teo– ria che distingue fra mezzi e fini fa violenza alla sostanza umana a cui si vuole applicata. Essa domanda difatti un sacrificio dell'umanità di oggi a vantaggio di quella di domani, come se questa fosse superiore a quella o dovesse inca– tenarsele con un oneroso debito di gratitudine non chiest~. Dire che i fini giustificano i mezzi è un riconoscere che i mezzi già di per sè non sono giusti. Se non sono giusti è perchè ci sono criteri di giustizia la cui base, sia dove si voglia, non è già quella per cui si può dire che un fine è giusto o non giusto. Il fine è un fantasma e molto probabilmente un'impostu• ra, come la maggior partè dei fantasmi. Dov'è difatti che si manifesta perchè lo si possa giudicare per ciueUo che è e non per quello che si dice che sia? 81

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