Volontà - anno XIX- n.2 - febbraio 1966

luogo e in ogni tempo è capace di abnegazione e santità. Così, se si può forse o:lrlare di un progresso nello sviluppo delJe idee morati, di legislazioni più eque ~ cli costumi più miti, non si può egualmente parlare di progresso morale nel senso di una accresciuta capacità cli bene o di una diminuita capacità di male. N1..: v'è, come si è creduto e c;i crede ancorn, una nazione, una chiesa od ,m·1 classe, privilegbta nel fare il bene o destinata a stabilirne il regno incon. tF.1,;:ta10.E' sloricamentc palese che popoli, chiese e classi che si sono arrogati tale privilegio e tale missione intesero il bene solo per sè e costantemente ri– ,·or:;;cro alla cos1riL.ìone contro chi il beni: intendeva in modo diverso. Così pure è pnlcf)Cchj tale privilegio non fu mai in effetti concesso al1a totalità del po– polo, della chiesa o della classe a cui ostensivamente lo si attribuiva, ma solo a gruppi dirigenti, a quadri e a gerarchie. Nella questione del bene e del male l'irdividuo è al principio e alla fine, e solo lui ne può effettuare la soluzione. L'accettazion~ dell'idea stessa di chies:i, cli nazione o di parlilo costituisce di già un'aliena1ione. Asservendosi a una chiesa, a una n:tzione o a un partito, l'individuo si diminuisce e si decapil:t, si muove inevitabilmente nel falso, tr?.· <lisce il proprie destino e il proprio essere umano. Per chi il male, per esempio, consiste precipuamente nel cedere agli im• pulsi e alle teP.t.'."!.zioni sessuali, è possibile, se non consigliabile, realizzare l'i– deale Ji una vita casta ed illibata ritirandosi in un deserto o chiudendosi in un convento. Così, in misura maggiore o minore, per altri ideali morali. Ma per chi il male maggiore conc:iste nella cosLrizionc, un ideale di santità personale non basta e nulla risolve. La costrizione è fatto sociale, e così la sua assenza dev'essere sociale o poco impinge. Per chi considera la libertà come il massimo bene, la società ideale diviene così una necessità spirituale. Non realizzabile, come più o meno lo può essere un altro ideale morJle, ed immagine di una perfezione che per definizione non dipende da un solo individuo, l'ideale della società senzJ costrizione è fondamentalmente tragico come lo è del resto ogni autentico umano. L'adozione di questo ideale degenera a volte, ironicamente, in un alibi e un assenteismo <laU'attivil;\ pratica, lentamente e limitatamente costruttiva, quale è cli necessità l'atlività cli chi -.,j rifiuta volontà e poteri coercitivi. Ma pure ridotta a una funzione di critica e di protesta, la presenza in una società di :t!lcc:tatori di questo ideale ha sempre i suoi effetti positivi. Benchè paia che nel <,uon:>me si condanni ogni ordinamento sociale senza discriminazione, chi questo idC'ale nutre e professa per quello che è, e non per inconfessate o inesplorate r~gioni psicologiche individuali, non può non essere sensibile alla V:\rietà e alle gradazioni delle forme di costrizione, specialmente a quelle che gìi negano di esprimere il suo ideale o di condannare in suo nome alcune basi o modalità dell'ordine esistente. L'ideale non è un utopismo, pcrchè mentre questo serve di oggetto a una contemplazione estatica od estetica, quello serve di ispirazione all'azione e di criterio valutativo della prassi. A voler ess.ere assolutamente pratici e realisti, 80

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