Volontà - anno XIX- n.2 - febbraio 1966

altro laureato. E di chi la colpa di questa disuguaglianza sopraggiun– ta?! Chi concede il dialogo per convertire può darsi torto in parten– za?! E lo stesso magistrato che riesca a vincere una cattedra universi– taria e passi all'università, sj vede ribassato lo stipendio. Ci aggiria– mo in un circolo vizioso dal quale non si può uscire: il privilegio si tronca. O si crede di dialogare sulla preferenza da accordare al voi o al lei nella domanda che s'inoltra al ministro, oppure sull'opportunit/1 di togliere il nome del re dal testo dei patti lateranensi per sostituirlo con quello del presidente della repubblica?! Il dialogo"/ la nonviolenza? L'India di Gandhi aspetlò troppo per– chè le fosse fatta l'elemosina dell'indipendenza, H Messico <li Benito Juàrez ottenne con la letta aperta la stessa santa cosa in pochi anni. Leibnitz indirizLava qualche principe ambizioso verso l'rtalia: qui si poteva acquistare gloria, nell'Italia della Controriforma era sempre possibile racimolare una vittoria militare oppure unn corona nel fan– go. Nell'Italia educata dall'Illuminismo e dal Romanticismo, nell'Ita– lia del Risorgimento, al contrario, l'Austria potè fare soltanto il con– cordalo con la chiesa servile, ma cominciò a perdere le penne della sua aquila. li dialogo è impossibile: « guardatevi in faccia». Come si può sop– portare la pretesa cauolica di convertire quando nel loro sacro testo, nella bibbia, si legge, tra le tante altre, una simile bestemmia: «Ogn.u- 110 di voi metta a morte quelli dei suoi che si son dati all'idolo Bee/w fegor»?! Come si fa a chinare la testa davanti a un santo, all'angelico dottore, come si fa ad accettare le parole di Paolo VI per il quale la fi– losofia di S. Tommaso ha «un'attitudine permanente» quando per il bue muto d'Aquino l'eretico a munda exterminandus per mortem?! Se i cattolici hanno la faccia tosta di dialogare per convertire soltanto, essi sono, d'altra parte, tali oggetti sui quali la ragione critica getta u– no sguardo di commiserazione. Si sfrutti pure il genio dialogico di So– crate, non si riuscirà mai a far capire c..:hequel libro non è sacro ma_ addirittura immorale, e quel santo è tarlato e va messo in soffitta. L'esito del dialogo non può essere diverso dal risultato di quel contradditorio, nel quale l'oratore dimostrò dialogicamente l'errore dell'avversario e questo, in mancanza d'altro, replicò con un'offesa: al posto di quest'obiettore d'incoscienza si metta la classe dirigente at– tuale, al posto dell'offesa a parole la polizia e affini e si avrà la solu- 73

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