Volontà - anno XVIII - n.4 - aprile 1965

fece divenire \'uomo egoista, percht! eS– so « non identificò i suoi propri inte– ressi col benessere e con la prosperità del gruppo"· E' stata formata una grande comunità di hommes sans vi– sage, cQme dicono i francesi. Ciascuno procede per la sua strnda, senza cu– rarsi delle angustie del suo simile o del viandante incontrato per la via che nè saluta, nè foi·se vede. L'uomo moderno, semplice « pieccsilla" della macchina umana, corre il rischio di perdere il suo contenuto sociale. Ecco perchè si appropria di quanlQ antica– mente era di proprietà dell'intera s0- cietà. Mumford rileva: « lo e mio con. tano più di noi e nostro"· La civiltà, ~otto il noslro sguardo, produce cum– pioni molto simili agli animali che si dedicano ad un unicQ lavoro, con la precisione di un apparecchio ad oro. logeria, per la semplice ragione che non fanno altra cosa. E' un caso attenuato di ritorno all'animalità. Con la prudenza che lo distingue, Mumford ri1iene che il concentramen– to del potere è la conseguenza del fallo che la società - « divenendo pil.1com– plesso1» - si trovò davanti a crisi ina– spettate che richiesero mezzi eccezio– m;ili. Respinge il mito di Rousseau del « contratto sociale», molto simile alla favola delle rane che vollero un re, cd osserva: « Tuttavia, al fondQ di quel mito, c'è un grnnello di verità: le isti– tuzioni della civiltà furono il risultato di una deliberata creazione e di una cosciente scelta; in realtà sembrano for parte di uno sviluppo generale del. l'autocoscienza individuale e collettiva». Mumford però sembra indeciso se preferire la forma di vita arcaica o quella civilizzata. Le attività in comu- 232 ne per « diecine di migliaia di persQne in un'organizzazione unica, costituirono elci progressi immensi», Il che sembra giustificare tutte le esagerazioni, giac. chè la nuova forma di vita produsse vantaggi che non era possibile ottenere dalla forma di vita primitiva. Cifre al– la mano, vediamo che parte dalla pro– babilità che su cLiecimila persone può nascere un individui) eccezionalmente dotato, per dedurne che « centomila persone della Caldea o di Akkad, di Atene o di Roma, possono dare alme– no cinquanta spiriti ben dotati nel las. so di tempo di una sola generazione ». Questa possibilità è infinitamente più lenta nel villaggio ncoliticQ e, inoltre, l'isolamento lascerebbe perdere i casi fortuiti. Naturalmente, bisognerebbe 1oglicrc gli antidoti che la civiltà pro. duce contro il genio, adoperando lo stesso calcolo di probabilità. Malgrado l'opinabilità di alcune sue cQnclusioni, Mumford non nasconde gli aspetti che offre il problema. « Ma per disgrazia - dice - questa trasforma.. zione dell'uomo ha il suo lato cattivo: l'uomo civilizzato, sebbene si adegui maggiormente alla legge, t;: contempo– raneamente più calcolatore; sebbene sia più abile cd intelligente, è tuttavia più egoista; sebbene sia spinto da am. bizioni e desideri che erano estranei al– le mQdeste possibilità della cultura ar– caica, tuttavia è vittima di sregolatezze perverse e di insubordinazioni crimi– nali: di conseguenza, la civiltà ha dato origine a giganteschi errori, a bestia. lità e carneficine di cui le comunità più semplici erano incapaci per mancanza di spinta e di forza in quel senso ... ». A misura che la civiltà andava pro. gredcndo mercè la divisione del la\'oro,

RkJQdWJsaXNoZXIy