Volontà - anno XVIII - n.4 - aprile 1965

non colgono mai nel segno; per questo si può pensare che uno dei migliori cd obiettivi commentatori sia stato il De Sanctis. Affrrmare che Dante fosse un ateo, nel senso moderno del termine, non sarebbe un giudizio esatto, anche se alcuni suoi commentatori non esiLarQ– no a definirlo tale; e nella sua « Com_ media » videro appunto un viaggio al– legorico che lo riportò dall'incredulità alla fede, già perduta per opera della filosofia. Se non è psicologicamenle facile es– sere veramente atei nemmeno in una. epQca priva cli pregiudizi, tanto meno poteva esserlo Dante in pieno medio.. evo. Sicuramente, però, Dante fu uno scettico; e lo scctlicismo, sebbene ad un primo esame possa sembrare sino– nimo di ateismo, non va invece confu– so con questo. PsicologQ nato e profon– do conoscitore di uomini, conosceva troppo bene la storia del suo tempo per accettare ad occhi chiusi tutta la commedia umana e tutto lo spiriLO che animava un simile dramma. Altrettan– to sicuramente non ebbe stoffa di san– to, ma ebbe almeno una virtù, che ne vale cento: non fu mai un vile, anche nei suoi momenti di debolezza e di sconforto. Nella politica non fu certo tanto complimentoso; non poteva es. serio in quei tempi, ma era sempre sincero anche quando odiava. E s'in– tende che non pensiamo di considerare il partilo dei Bianchi, al quale appar– teneva Dante, moralmente e socialmen. te superiore a quello dei Neri, suoi ac– caniti avversari. Conosciamo bene la sostanza di simili lotte. Anche l'Alighie- 208 ri, come uOmo di parte, non può sfug. gire alla « relatività» della storia. Era però sincero, e la sua cruda sincerità in un certo senso finì col renderlo jn– genuo, non ostante il suo acume e la sua innata forza psicologica. Si lasciò sopraffare, insieme a rutta Ja sua fa– miglia, dalle trame e dalle violenze dei Neri; ambasciatore presso quel volpo– ne di Bonifacio VJJJ, questi riuscì ad intrappolare anche il migliore ingegno del suo tempo; e non pensava che l'ira del Poeta lo avrebbe poi « immortala– to>>nei secoli. Dante, tuttavia, non po– tè evitare nè il sequestro dei suoi be. ni, nè la perdita della sua libertà in Firenze. Libertà « ••• che è si cara, Come sa chi per lei vita rifiuta » Divenne ghibellino con la speranza di rientrare in patria. Fu disilluso, e d'altrQnde nel nuovo partito non era apprezzato come avrebbero richiesto le sue cognizioni e il suo ingegno. Non ebbe mai tTIOdo di far valere le sue opinioni, e da parte sua non riusciva a persuadersi di quelle dei suoi com– pagni di lotta. Finì col rimaner solo, disprezzando amici e nemici. Da buon scettico, fu ghibellino più per una necessità contingente che per convinzione. Il suo ghibellinismo in fondo era qualcosa di ben diverso da quello puramente interessato dei suoi contemporanei. Perciò in politica fu spesso ingenuo, come in fondo lo sono stati tutti quelli che in buona fede cre– de! tero veramente nelle « virtù » poli– tiche. Ed era ben lontano dal pensare che, dopo sette secoli, la sua italica « Fiorenza » avrebbe ancora rivisto i

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