Volontà - anno XVII - n.11 - novembre 1964

una di queste frecciate che, se-condo Monsignor Ouf&tre erano morsicature di vipera nera, e in Claudio Tillier prendeva di mira tutt'insieme il clero e la sua ingordigia, e i politicanti e la loro arte <li tener sempre dall'una e dall'altra par– te, troviamo tutto il suo fine umorismo e la bontà dell'uomo: « A Monsignor Dufétre piace il salmone, e il sue, gusto particolare per il salmone, fa, come di– rebbe il Signor Dupin sempre pronto a trattare tutti con i più dovuti riguardi, il pili grande onore al pesce e al vescovo». Confessate che è spiritoso senza essere cattivo. Se la frecciata fosse partita da Paolo Luigi Courier sarebbe stata sicuramente di tutt'altro calibro. Invece le frecciate del Tillier sono tutte più o meno così. Niente acrimonìa pcrsom,le: bisogno di colpire un'istituzione, di colpire qualcosa, senza ferire qualcuno. Così Claudio Tillicr, si burla di Monsignor Duf&tre perchè questo « tiene • a che non lo si confond:1 con Gesù Cristo». « Penso, che nessun vescovo, nello splendore del suo palazzo episcopale, tenga ad essere confuso con colui che non aveva nemmeno una pietra su cui ripos::we la propria testa ». Il dardo, come si vede, non è tanto diretto contro la persona, quanto contro l'episcopato. « li Signor Paillet - dice il Tillier - è certamente il mio più bel soggetto di libello; ma egli è riuscito a fare contro di me un libello molto più interes– sante di tutti i miei: mi ha fatto condannare ad otto giorni di prigione». E anche il Signor Paillet avrebbe poca ragione <li arrabbiarsi: è più la magistra– tura che è toccata, anzichè lui. Signor Dupin, Monsignor Dufétre, Signor Pail\et: la politica, il clero, la magistratura: questa feroce triade perseguitò tutta la vita l'infelice Tillier e lìnì per farlo morire di fame e di tubercolosi, ciò che è ben più crudo libello di tutti quelli che seppe far lui. E questa la ragione per la quale è a noi estre– mamente simpatico. Non soltanto seppe ridere dPlla sua miseria, ma seppe nella sua miseria, fare ,Jcl suo riso un riconforto. Seppe farne un'arma contro le cose nocive di cui soffrivano gli uomini della sua epoca, e di cui sperava che non avrebbero più sofferto gli uomini che sarebbero venuti dopo di lui. In tutto il riso di Clau– dio Tillier c'è della sensibilità, della bontà, del coraggio. Visse nella miseria, ·morì nella miseria, si sostenne col suo riso e morì del suo riso. E, volendo pa– rodiare la formula d'un altro individualista, del Nietzsche, potremmo dire che non solo seppe vivere, ma che anche seppe ridere pericolosam~nte. HAN RYNER 630

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