Volontà - anno XVII - n.6 - giugno 1964

allora che tale condanna, come anche Quella del Bruno, rappresentava un gra– ve eHorc di tattica da parte della Chiesa. Quesla, nel caso di Galilei, per dh,crsi anni si sentì ravvolta in una sorta d'in– decisione irritante, riguardo alla condot– ta ch'essa riteneva di adottare verso le idee del grande fondatore del metodo spe. rimentale: Galileo era molto stimato da diverse personalità ecclesiastiche; e d'al– tronde sarebbe fuori luogo e non rispon– dente a verità ritenere che la sua dottri– na scientifica lo avesse reso ateo. Lo stesso Urbano VJH (Maffeo Barberini) da cardinale fu amico di Galileo; anzi, in una discussione scientifica tra aristotelici e discepoli galileiani, sulle caratteristi– che della rarefazione e condensazione del- 1 'acqua portata a differenti temperature avvenuta un giorno alla corte di Cosimo IJ granduca di Toscana, il Barbcrini so– stenne apertamente il parere del grande Pisano. Ma il solo ecclesiastico che fu veramente fedele amico e sostenitore di Galileo, fino a soffrirne amare conseguen– ze, fu Gio,,anni Ciàmpoli, segretario dei brevi nel pontificato di Gregorio XV, e confermato poi in tale carica da Urbano VIJJ. Questi, che fu nominato cardinale– da Paolo V, nel 1606, fu poi inviato a Bologna come cardinale legato; e in tale città ebbero inizio le sue relazioni con Galileo e il CiàmpoJi. Del primo, finchè ru cardinale, fu aperto estimatore quan– lo ru poi, come pontefice, giudice seve– rissimo e autoritario immìtc; del secon– do ebbe una certa fiducia, fino a quando comprese che alla salvezza delle idee ari– stoteliche egli decisamente preferiva la salvezza della scienza galileiana; e per punizione lo mandò in esilio. Non si trattava dunque di una par1i– colare e consueta bontà del sistema &iu– ridico dell'Inquisizione, poichè - verso tanti poveri « eretici•, che spesso furono ritenuti tali in seguito a volgari calun– nìe, uppurc per il semplice fatto di aver esplicato o sperimentato un po' di buon– senso - non si andava troppo per le lunghe; e, d'altra parte, la loro anoni– mità avrebbe fatto poca presa davanti ,I giudizio dei posteri. Possiamo ritenere l'abiura di Galileo co– me un atlo di pusillanimità, anche se non è possibile definirlo chiaramente come ta. le? No, certamente, giacchè un giudizio simile sarebbe ben poco onesto e d'al– tra parte, psicologicamente, dimostrereb– be un'impressionante ottusità di giudizio. Tra l'esempio bruniano e quello galileia– no non esiste alcuna frallura di magnani mità, di condotta morale e di pensiero: vi è solo una differenza di carattere la quale non implica nessuna reale dcbo– le1..zada parte di Galileo e nessuna stu– pida ostinazione da parte del Bruno, in quanto questi, volendo, avrebbe potuto evitare il rogo. Probabilmente Galileo avrebbe evitato il rogo anche se non avesse abiurato, ma sicuramente sarebbe morto in carcere. La dottrina del Bruno, più decisamente filo– sofica, astratta, e inoltre col suo amore per un universo infinito che in certo qual modo umiliava lo spazio planetario del « paradiso», e quello ancor più angusto del fuoco infernale custodito nel seno e.ii una tc1Ta resa insignificante di fronte al– l'infinità dell'universo, tale dottrina. di– ciamo, agli occh! degli inquisitori si pre– sentava meno incisiva di quella sicura mente più positiva e sperimentale del Ga. lileo; e di qui, forse, l'idea di conside– rare il Nolano come un semplice e fana– tico frate ribelle. Galileo si presentava invece sotto una luce diversa e piì.1con– turbante, in quanto aveva le sue basi 335

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