Volontà - anno XVII - n.2 - febbraio 1964

alcuni si tratta di rifi!tto d'integrazione in ogni Stato, qualunque sia la forma e la de– nominazione del suo governo; per a!tri, invece, è un!l posizione contingente: essi sono cioè contro l'integrazione in questo Stato, col suo governo gollista. Sarebbero cioè men? intransigenti con u11 potere dull'etichetta soC1alista o pmgressi5ta. o popolare. Comunqui sia, «Porce Oiivrière» int2nde r,umtenere intatta la sua «force de co11testa– tion», secondo la .formula divenuta di moda. Ma una parte della «sinistra» non è riu– scita a convincere la centrale sul ritiro della Commissione superiore dal Piano o dai Comitati regionali d'espansione economica. Dov'è il «Rubicone» che separa la poli– tica di presenza dalla politica d'intenrazione; la frontiera che, u11a volta varcata, trasforma il delegato operaio in agente del potere? La questione è stata posta, ma non può dirsi che sia stata chiaramente risolta. E' già molto che ne sia stato denun– ciato il pericolo e c.'te i dirigenti siano stnti fermati sulla c'1ina da dove è così (aci– le sdrucciolare. Il prossimo avvenire dirà se le barriere erano solide e costruite- per durare. L'unità sindacale ha occupato a11che aran p'lrte del rlibattito. E' ,m segno dei tempi, un segno della pressione dei fatti e degli uomini mwvi. (Nel congresso prece– dente, sul problema dell'unità sindacale era quasi interdetto di parlare). Detto pro• blema presenta, i1<nanzitutto, due aspetti· l'unità d'azione. cioè la realiuazione del– l'mione comu•ie per la lotta ritiendicativa, la quale ,ion si può più condannare. giac– chè l'esperienza prova che, qwmdo la base rompe le consegne, là dove esisto,10 dei buoni militanti che non si lascian? adescare, non sono necessariamente i sindacati liberi a «perdere delle !)en,,e:., nel corao di questa azi01ie comune con obiettivi ben defi– niti. L'altro aspett'J è: l'unità organica, cioè la riunificazione in una stessa centrale sin– dacale, per la q 1ale bisogna stabilire delle condizioni durevoli, delle garanzie d'unità democratica reale. Molti dirigenti di «Force Ouvrière• creriono che basti respingere 1'11- nità nelle attuari condizioni di «colonizzazione» del movimento da parte del partito co– munista( a! presente, hanno ragione) e che basti rest<1reimmobili davanti alle manovre del detto ,:1rtito. Bis?gnerebbe al contrario capeggiare la corrente unitaria per orien• tarla su'la buo'la stmda, p»r srw1scherare i falsi «unitari:. (per i quali l'unità burocra– tica no'! è artro che con~eguenza delle all~anze politiche). i quali non vogliono creare U/'l'.ldz -mocrazi:1.op?raia. E q1te1>t'l è una ragione di più per voleri.a. L'unità. pertanto, non si pone solkmto nei confronti della C.G.T• i11 direzione comu11ista. ma altre.d nei confronti della C.J<'.T.C .. cioè della centrnle con etichetta cristiana. Quest'il/tima è in procinto di discutere se debba togli'i're questa etichetta. sopprimendo la seconda «Ct dalla sig'a, :se debb:1 cioè perdere. quanto mc110nominalmente, il suo carattere di unis– sio ie cristfon-1} all'interno de! m01iimento operaio. Questa e1Joluzionennn pare che con– vinca molto i milit~mti di «F'orce Ouvrière>: infatti una parte di essi, una specie di e– strem'.l sinistra, continzt'l a denunciare la C.F.T.C. come «sindacati gialli» ed anche co– me 1m rt/er de lance della politico gollista a!l'interno del movimento oper:1io».Questa col– lera. che durerà forse quanto durano le vere collere, 11uocead un'analisi obiettiva del– le corre11ti che si muo1.>0110 nella centrale cristiana e che non so110poi così diverse .:lo quelle delle altri ce11trali. 117

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