Volontà - anno XVI- n.12 - dicembre 1963

denunciare le vergogne del Papato. Non riesco a vedere altra ragione. Non trovandosi a suo agio a La Mi– randola, vicino al suo fratello maggio– re che· era un prepotente, Giovanni partì per l'Università di Pavia, poi, per breve tempo, a Carpi ospite di sua sorella, e verso la primavera del 1484andò a Firenze, dove si trovò nel suo ambiente. In quel momento, Lo– renzo il Magnifico imperava, e si sa che non era uomo qualunque. Proba– bilmente sarebbe stato doppiamente grande se non fosse stato il padrone di Firenze; ma sarebbe stato quello che fu se non fosse stato un Medici? 11 « destino » di un uomo è purtroppo sottoposto a tiri birboni! Si sa quanto fosse amico e protettore degli artisti (e protettore intelligente e discreto co– me non ve ne Furono tanti), perchè egli stesso era fine letterato e poeta. Aveva il culto di Platone, sosteneva che senza la sua disciplina nessuno poteva essere nè buon cittadino nè buon cristiano, e aveva dato il mas– simo splendore alla famosa Accademia Platonica Fiorentina fondata da suo nonno Cosimo. Pico che, forse come dice il Machia– velli nella sua « Storia di Firenze», e– ra stato attirato là dalla munificenza di Lorenzo, divenne presto amico di famiglia e tale rimase fino alla fine dei suoi giorni. Infaticabile nello studio, pare che rari fossero i giorni che non rimanes– se dieci o dodici ora colla testa china sui libri. Naturalmente non tardò a stringere amicizia, oltre che con Giu– liano e Lorenzo de' Medici anche con tutti i letterati e gli artisti che, in quel momento, vivevano a Firenze: da Ficino a Poliziano; da Landino a Leon Battista Alberti; da Rinuccini agli Ac- 710 ciaioli; dai Pulci ai Benivieni, e tanti altri. Stando agli studiosi, pare che l'ope– ra principale compiuta dall'Accademia Platonica sia stata quella di rimettere in prima linea fra i filosofi dell'antichi– tà Platone. Giacchè se Aristotile attra– verso la scolastica regnava sugli spi– riti da tre secoli, Platone, dopo Orige– ne, era stato lasciato piuttosto in di– sparte dai latini. Fu merito dei Greci di Bisanzio che mai lo avevano abban– donato, se più tardi potè affermarsi a Firenze; e se, nel passato, il pensiero aristotelico aveva servito di fondamen– to alla scolastica, ora Platone era il più indicato per servire il nuovo ideale d'arte e di poesia degli uomini del Ri– nascimento. Pico era impregnato di spirito ari– stotelico, e per quanto simpatizzante e amico di tutti i grandi umanisti, era in gran parte difensore della scolasti– ca. Studiando profondamente Platone, credette di aver trovato una grande comunione d'idee fra i due filosofi, malgrado l'apparenza contraria. In una delle sue tesi lo dichiara aperta– mente: « Non esistono problemi natu– rali o divini, in cui Aristotile e Plato– ne non siano perfettamente d'accor– do sulla sostanza, malgrado che l'ap– paren1e espressione del loro pensiero sembri all'ontanarli l'uno dall'altro». Daltra parte sembrandogli che una certa parte di verità fosse comune a - tutte le dottrine filosofiche e a tutte le religioni, ideò il grande disegno di conciliarle. Fu con questa idea in testa che pensò di andare a studiare all'U– niverstà di Parigi, dove erano state largamente sviluppate le correnti filo– sofiche del Medio Evo. Arrivò in questa città del 1485. Ed eccolo per circa un anno in questa lo-

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