Volontà - anno XVI - n.11 - novembre 1963

le proprie degli uomini primitivi, pur– chè sopravviva. Ognuno di noi si regge sulla trama di una civiltà che è l'o– pera di un immenso numero di uomi– ni, in un periodo di tempo notevol– mente lungo, ma che potrebbe venire meno, totalmente e rapidamente, nel– l'individuo che rimanesse isolato. Ac– cettata questa premessa, la cui vali– dità scientifica è indiscutibile per chiunque abbia cercato una diligente informazione, noi potremo dare alla filosofia politica il suo contenuto e la sua definizione. La filosoia politica coglie il valore dei progressi compiuti dagli uomini, nel loro vivere associato; coglie tutte le contraddizioni di quello sviluppo e consente agli uomini la consapevolez– za del progresso stesso, che non può non coincidere con la loro libertà, con la loro autonomia, con la loro felicità. L'uomo singolo è progredito in quan– to riflette sull'origine e sul valore del suo progresso, di cui almeno parzial– mente è debitore al gruppo e che tal– voi ta conquista con le sue forze o ad– dirittura contro il gruppo; ma per po– ter riflettere egli dovrà abbandonare i metodi della filosofia tradizionale, i sentieri di quella metafisica che igno– ra o disprezza i problemi che angoscia– no ogni giorno milioni, centinaia di milioni di uomini, in ogni parte del mondo. Se la filosofia deve spiegare l'uomo a se stesso, se particolarmente la filosofia politica deve darci la storia dei rapporti umani, non possiamo non considerare fallimentare tutta l'attua– le cultura. Se il problema fondamen– tale dell'uomo è quello di mantenersi in vita e di garantire la vita della spe– cie, non si può mettere in dubbio che ciò che per lui più dovrà contare sarà il « lavoro», che gli consente di soprav- vivere è « la famgilia » che rende pos– sibile la sopravvivenza della specie. Si dimostrerà allora elusivo o alie– nante il problema dell'immortalità del– l'anima, di cui pur tanto amava discu– tere Socrate. Non vorremmo mancare di rispetto a colui che giustamente si considera il padre della filosofia, ri– cordando i due passi del Pedone in cui Platone narra gli ultimi incontri di So– crate con la moglie e i figli. E mi pia– ce riportare il commiato del filosofo con i figli, la moglie e gli altri con– giunti: « ... E quando si fu lavato e gli ebbero portato i figlioletti - n'aveva due piccolini e uno più grandicello - e anche si furon recate da lui le sue donne di casa, egli s'intrattenne a par– lare con loro, alla presenza di Crito– ne; e poi, fatte le raccomandazioni che voleva fare, disse alle donne e ai figlioli di andarsene; e ritornò fra noi». (Fedone, Vap. LXV . Laterza, Bari . 1960). Considerando i fatti, e con co– raggio, non potremmo parlare di un fallimento dell'impostazione dei pro– blemi familiari, e non tanto in Socra– te ma quanto nella società ateniese, e complessivamente nel mondo antico? Ma oggi poi le cose come vanno? A quali conclusioni dovremmo giungere sol considerando le incomprensioni che hanno luogo nell'interno delle fa. miglie, fra le generazioni che si suc– cedono (padri e figli), o nell'incontro delle famiglie (i coniugi)? Che dire della tragica fatale incomprensione e– sistente fra la suocera e la nuora, che avvelena i più validi e delicati rappor– ti umani? Naturalmente c'è una cultu– ra ufficiale che è orgogliosa di non prendere cura di queste cose - de ml– nimis non curat - operando così quel– la evasione dalla vita reale, che è la causa prima di tutti i nostri mah. 643

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