Volontà - anno XVI - n.11 - novembre 1963

lu~trc personaggio, questa cittadina si sente .anche altualmcnte onorata di tanto •figlio• e che perpetui il suo ri. cordo, in mancanza di qualcos.a di più soManzfa.le, col vecchio castello riratto, col caffè Pico, con la Via Fenice e col Liceo-Ginnasio intestato al suo no– me. Non <li rado vi imbattete in un profilo pitturato, con un berrettino ros. so in testa e dei lunghi capelli inanella• ti sulle spalle, che è la riproduzione del • Rii ratto d'ignoto• che è a Fircn• zc agli Uffi7i e che si fa passare per Giovanni Pico, ma c'è da dubitare giac• chè non ri5pondc ai bei !ralli dell'uo– mo che le cron:i.che del tempo, tutte concordi, ci hanno tramandalo. Guardiamo dunque chi fu veramente quest'uomo, come arrivò a crearsi QUC· sta bella rinomanza, e come questa abbia potuto mantenersi allrnverso i secoli e giungere fino a noi. Intanto mi viene in mente un'osser• vazione che ritengo degna di rilievo: Pico ~ia ~tato o non sia stato uomo che sapeva tutto oppure sia o non sia stato la Fenice degli Ingegni, indubbia• mente fu uomo straordinario in que• sto senso: discendente da una stirpe che aveva avuto origine circa quattro secoli e mezzo prima dalla consorteria detta dei • Figli di Manrredo • dalla quale derivarono anche i Pio di Carpi e i Robcrti di Reggio, (i primi albori di questa famiglia datano sin dall'et» ca della famosa contessa Matilde di Toscana). e che fino allora non aveva dato che guerrieri, condottieri e gente che mettevano il loro braccio e la loro spada a servizio dei patenti, Giovanni Pico fu invece uomo di studio, di cui• tura e di cuore. Quando Giovanni venne al mondo, i componenti di questa famiglia erano 638 già molto noti: appoggiandosi ora ai Cesari del Sacro Romano Impero che, di tanto in tanto. scendevano in Italia, ora al Papato, ora ..ii Vicari dell'uno o ai Vicari dell'altro. barc;.1menandosi fra gli Este e i Vi~conli, non disde• gnando i Gonzaga, 3\'cvano avuto natu• ralmente i loro alti e i loro bassi, le loro vittorie e le loro sconlìt te, scn1.a che fossero mancati gli odi e i rancori tra i familiari con imprigionamenti di fra- 1clli e persino di madri. Non credo sia nt.-ccssario ripetere qui la lunga storia di quc~ta nobile rami– glia, che è più o meno quella di tutte le nobili famiglie dell'epoca, ora co– perte dalla porpora imperiale, ora dal diritto divino e dall'infallibilità della Chiesa, le quali seppero camuffare i loro misfatti, annegandoli pudicamen• te nel lustro d'un falso orpello e spes– so di un falso mecenatismo. D'altra parte a noi ciò interessa molto relati– vamente, giacchè il no~tro compito è quello di mettere in c\·idenza, meglio che sia possibile, la figura di Giovan– ni. Tuttavia vi sono alcuni fatti dei quali per il loro carattere ~traordina• rio, non mi pare sia vano fare un breve cenno. Uno di questi ci mostra ancora una volta, e mollo chiaramcn• te, di cosa era capace in quell'epoca la gente, alla quale si possono muo– vere tutti i rimpro\'eri, fuorchè quello di aver mandato gli altn, avanti, alla guisa dei nostri generali d'oggigiorno: infatti pochi furono quelli che arriva– vano a godere, 1ranquillamente, fino al• la morte naturale, il frutto delle loro imprese Questa gente che i grandi Morici e• ducati al e Galateo • di monsignor Della Casa Lrattano di te condoLtieri •• e che a parer mio sembrerebbe più giusto trattare col loro vero nome di

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