Volontà - anno XVI - n.8-9 - agosto-settembre 1963

tare Kant senza averlo mai lelto. Egli sentiva, forse, che il didascalico avrebbe inceppato le ali della espressione lirica, oppure si fidava interamente del pro– prio potere di intuizione. Certo si è che egli non si curò mai di approfondire la conoscenza degli elementi culturali della sua ispirnzione. La sua poesia ama il crepuscolo per poterlo squarciare coi lampL Poco importa al poeta se quei chiarori saranno troppo brevi o troppo vivi o troppo tenui per permettere di discernere la lettera dallo spirito si da gio\•arsi di quella luce per vedere e capire. Hugo ha frasi che sono forme senza conte– nuto. Possono essere profonde come possono essere vuote, essere aforismi fi– losorici o frasi retoriche. Talvolta sono l'uno e l'altro insieme, poichè egli e– ra oratore e poeta, ed è proprio dell'oratore e, talvolta, del poeta, il fallo che la parola determini il pensiero, ossia che la frase gettata la si rimpolpi e si colori di un significato che nasce dal ripensamento di essa. Quell'incanalarsi vertiginoso delle immagini, quel variare di parole equivalenti, quell'accozzo di parole contrarie, quel procedere per antitesi, non è secentismo, cioè manie– ra stilistica, bensì espressione immediata del suo lirismo imaginoso. Egli possiede il senso del mistero, come gli riconosce il Brunetiére. Intui– sce i problemi eterni, ma di fronte alla Sfinge non sa tacere e pensare. Cer– ca di cullare col verso musicale o di stordire con l'eloquenza pirotecnica quel– la e sè stesso. E' femminile e latino. Come romanziere, Hugo non è psicologo, e non ha il senso della misura. I suoi romanzi sono gravosi, e Goethe aveva ragione di stancarsi di leggerli. Hugo sente con l'istinto, e là dove il sentimento e la ragione non gli ba– . stano o mancano del tutto, supplisce con la spettacolosità di valanghe di im– magini. Dà alla tenue pol1a il fragore di una cascala. JI France lo dichiara « non atto a comprendere e ad amare• ed ha, in complesso, ragione. Hugo, infatti, fu di un umanitarismo semplicitsta, super– ficiale. Il romanticismo dei Miserabili non è che l'amplificazione letteraria del falso paradosso del Rousseau: l'uomo è buono, la società lo corrompe. Le idee palingenetiche di Hugo sono estetizzanti. Non s'affonda a scalza– re le radici delle ingiustizie, ma si compiace di squassare i tronchi e di inve– stire il fogliame con raffiche di una eloquenza che spesso si ripiega e si avvi– luppa nella retorica. Hugo, scriva di bimbi laceri o tuoni contro il secondo impero, canti di Dio o del torchio da stampa, ha qualche cosa di grande. Ma l'armonia del verso, il bagliore dell'imagine, l'incalzante snellezza del periodo non ci basta– no. In quel giardino di suoni e di colori ci sentiamo soli, alla ricerca di quaJ– che cosa di più, di qualche cosa di meglio. Di quel che mancò a Hugo: del– l'umanità che è religiosità profonda, e non fervore di fantasia, che è senti– mento che giunge alla volontà forte e costante. e non sentimentalismo che si esaurisce negli atti di una minuta filantropia, negli sfoghi letterari e nelle ribellioni a buon mercato. CAMILLO BERNERT 519

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