Volontà - anno XVI - n.8-9 - agosto-settembre 1963

denli di prestigio economico e scienti– fico, e, conseguentemente, di dimostra– re al mondo che il sistema comunista si rivelertl decisamente superiore a qudlo del capitalismo occidentale. Lo interno cinese, invece, non è che una massa di miseria crescente: l'unica sua vera fona non è altro che una pauro– sa potenza demografica, anche se è probabile che disponga di qualche ato– mica. Il solo bene che centinaia di milioni di cinesi possono perdere è il loro pugno di riso quotidiano; e, quan– do si ha così poco da perdere, si può tentare qualsiasi 3vventura, anche la più temeraria. I cinesi, direttamente o indirclla– mente, dichiarano che la linea stali– niana era la migliore per il comuni– smo mondiale. Dimenticano però (o ritengono opportuno di dimenticare) che se fosse dipeso personalmente da Stalin, il comunismo cinese sarebbe stato soffocato sin dagli inizi. Stalin non desiderava affatto che l'idea co– munista si radicasse sul suolo -;inc-se come « principio d'autorità»: si pro– spellavano troppe e pericolose incogni– te. La Russia, per sè stessa, era indi– scutibilmente la guida più sicura e più illuminata, secondo Stalin; comunque vi sarebbe stato sempre tempo per si– stemare, secondo le proprie vedute, lo immenso serbatoio umano dell'estremo oriente, il quale una volta divenuto indiscutibilmente autoritario, diventa– va anche pili una palla di piombo ai piedi che un effettivo aiuto. Il fatto poi dei timori segreti o palesi di Stalin, per una Cina posta alla discre– zione dell'America, avrebbe avuto u– n'importanza relativa, poichè quest'ul– tima, nella realtà, si sarebbe interessa– ta sino ad un certo punto e senza trop- 456 po ingolfarsi, di un simile oceano u– mano: il pugno di riso, invece di di– stribuirlo Mao, l'avrebbe distribuito il suo collega capo di Formosa; e que– sta, in fondo, sarebbe stata la sola differenza. Secondo la Cina, solo in teoria la Russia non rinuncia alla rivoluzione mondiale giacchè in pratica avrebbe già rinunciato. Secondo la Russia, in– vece, (più « in pectore » che esplicita– mente dichiarato) esiste il sospetto che la rivoluzione mondiale, per i ci– nesi, sia più un pretesto che una gran– diosa missione sociale: la Cina, col pro– prio lavoro e con la propria intelligen– za, contribuirebbe ben poco al benes– sere comune; però contribuirebbe mol– to per impadronirsi dei beni altrui. No. vello Gengìs-Khan, dilagherebbe dap– pcrtulto, trasformando il mondo in un immenso termitaio. Uomini-tèrmiti an– che nella volontà e nello spirilo: inco– lonnati e cementati da un'obbedienza cieca e indiscutibile, da un ordine fer– reo e meccanico; istupiditi da un do– vere assurdo e senza nome ... Sappiamo, pressappoco, come funzio– nano i rapporli tra i due Stati più po– tenti e quelli molto meno forti, ma costantemente irrequieti ed altrettan– to costantemente privi di denaro. I pri– mi, più o meno generosamente, ogni tanto allargano la propria borsa, an– che se, nel loro intimo, non sono troppo convinti circa gli scopi, palesi o segreti, ai quali mira la lora inte– ressata generosità. I secondi, sempre al verde, accettano con piacere tanto i rubli, anche se ufficialmente si di– chiarano anticomunisti, quanto i dol– lari, anche se hanno spiccate simpatie per il comunismo. Il più tipico esem• pio di ambiguità politica ci è offerto

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