Volontà - anno XVI - n.7 - luglio 1963

co. Ma sintesi, non sulle carte costi1uzio– nali o tra le pagine dei codici morali, ma principalmente sul terreno concreto della vita sociale, di tu11a la storia. Possiamo dire che la bontà e la catti– \'cria sono sorte da quell'enorme comples– sità di condizioni e di rapporti che va sot– to il termine di civiltà. E solo nella parte migliore di questa può sussistere una ra– zionale risoluzione dello spinoso problema. Per taluni pensatori, la vera bontà sa– rebbe del tutto inconscia: automatica– mente non si è più buoni quando si pen– sa o si è convinti di compiere un atto di bontà. Tutt'al più si tratterà di un gesto o di un'azione semplicemente lode– vole o puramente non disprezzabile co– munque. Senza sconfinare in regioni a– stratte, come sarebbe l'idea del bene di platonica memoria, è possibile affermare che la vera bontà (o la vera carità) non è quella che, consapevolmente o meno, si compiace del perdurare della miseria per avere la soddisfazione di fare • opere di bene •; bensì quella che tende tenaèe– mente a liberare il mondo da ogni pau– perismo e dalle accidie che furono e che sono ancora incoraggiate proprio da una millenaria • provvidenza •• la quale ha sempre agito in superficie e mai in pro. fondit:t. Ne testimonia l'intera storia: nei migliori dei casi gli uomini sono sempre stati accareuati dalla bontà, ma mai li– berati. Un aforisma di Federico Nietzsche - che, nel suo apparente cinismo, implica invece un tormentoso problema - dice: • E' necessario abolire i mendicanti, per. chè ci irritiamo quando offriamo loro qualcosa, e ne siamo egualmente irritati se nulla offriamo,._ E' una frecciata che coglie nel segno e che sin pure sotto un aspetto di • stato d'animo•, ci mette di fronte il vero pr~ blema della bontà. In altri termini: la bontà, finchè sussisteranno le condizioni che contribuiscono a perpetuare la mise– ria in genere (condizioni che, per essere obiettivi, in parte sono alimentate dalle stesse vittime della miseria), non sarà altro che una inutile virtlJ: una specie di irritazione per taluni, oppure un sorta di compiacimento morale per tanti altri. E' naturale che, con una simile tesi, non intendiamo affermare che non sia u– na effettiva cattiveria rifiutare un pezzo di pane ad un morente di fame. E' neccs.. sario distinguere il principio, o i concetti, dal fatto contingente,dalle circostanze im. mediate, le quali non possono certo per– mettere, subito, divagazioni filosofiche o recriminazioni circa i sistemi sociali in atto. Questo è quasi ovvio. D'altra parte esiste anche il gesto francamente sincero della mano che dona e di quella che ri– ceve, senza che sia accompagnato da uno sguardo inquisitore e senza implicite u– miliazioni. Ritornando al parere che la vera bontà non può essere altro che inconscia, v~ glio ricordare un episodio che il grande pubblico certo avrà dimenticato (ma che a me rimane impresso nella memoria co– me un profondo significato della bontà, anche se non ricordo piu il nome dei protagonisti e la precisa località dove è avvenuto: particolari in fondo non ne– cessari al senso che intendiamo dare ad una particolare espressione di bontà). Anni or sono, il premio annuale •Mot– ta•, che viene con[erito principalmente ad oscuri atti di bontà, aveva premiato un povero ragazzo di un paesello sperdu– to tra gli Appennini, il quale, tutte le mattine, lungo stradette montane, portava e riportava da scuola un suo coetaneo pa– ralizzato alle gambe. L'episodio è ineffabile nella sua sempli. 389

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