Volontà - anno XVI - n.7 - luglio 1963

LA BONTA' COME PROBLEMA p RENDIAMO LO SPUNTO da un re– cente avvenimento, per il quale si è mol• to parlato di bontà e sul quale, a pro– posito o meno, si è insistito nel millenario tentativo di ipostatizzare la bontà con ri. ferimento a particolari persone. Sappia– mo, però, che una moderna e profonda psicologia, ha dimostrato che, jn senso as.. soluto, non possono esistere nè uomini buoni nè uomini cattivi. E d'altronde lo stesso pensiero cristiano - quello filoso– ficamente più inquieto - conferma cote– sta angosciosa dualità, che fa dell'uomo un peccatore ed un innocente al tempo stesso. La bontà e la cattiveria, sotto un aspet– to puramente naturale, non esistono. Gli animali non sono nè buoni nè cattivi. OP– pure, in senso relativo, si possono dire buoni quando concorrono alla conserva– zione ed alla difesa della propria specie, ca11ivi in caso contrario. Così come non si possono giudicare nè buone, nè cattive le azioni che sono proprie dell'uomo pri– mitivo, e tanto meno quelle delle comu– nità umane dell'epoca della pietra. La bontà, come concreta virtù, è sorta dall'intelligenza e da una particolare sen_ sibilità del sentimento umano; essa, nono. stante tutto, si è sempre conservata, e si conserva tuttora, anche nel corso delle e– poche più tragiche e dei secoli oscuri. Ma nel suo operare, nel suo carattere e nei suoi fini, la bontà si presenta molto com– plessa, anche se ad un primo esame sem– bra chiara e persuasiva. Talvolta si pre– senta addirittura sotto un aspetto para– dossale, cioè come vera e propria catti– \'Cria. Anzi, La Rochefoucauld, nelle sue Afoximes la considerava senz'altro come 388 un sentimento egoistico; ed è interessante citarne un passo psicologicamente impor– tante, anche se ad esso non si vuol dare un valore di principio: • Pare che l'amor proprio sia irlgannato dalla bontà, e che dimentichi sè stesso quando lavoriamo per l'altrui vantaggio. Invece è prendere la via più sicura per arrivare ai propri fini; è prestare ad usura, col pretesto di dare~ infine è guadagnarsi tutti con un mezzo sottile e delicato. Nessuno merita di es– sere lodato per la sua bontà, se talvolta non ha la for,;.a di essere cattivo: ogni altra bontà non è il più sovente che pi– grizia o impotenza della volontà ». Nei momenti di solitudine spirituale, basta autoconfessarsi per intravvedere quanto complesso sia il nostro animo. Max Stirner, filosoficamente, fu uno dei più coraggiosi: io desidero la felicità degli altri per rendere piU squisito il mio egoi– smo ... Ed in un certo senso si potrebbe affermare che l'egoismo (che, nella sua sostanza puramente psicologica, non è af– fatto un carattere degenerativo dell'esse– re umano) assimilato da un'umanità sen– za fame e senz'armi, sarebbe uno dei mi– gliori e dei più singolari sostegni morali della società. Il male è che al termine egoismo sono implicite una forma ed una sostanza che si presentano ambigue; ed è ben difficile discernere, diremo così, la naturale pureZ– za dell'egoismo dalla stupida cattiveria e dall'avarizia morale e materiale che in– quinano le comunità umane. Tuttavia un fatto è naturalmente e filosoficamente cer– to: non si può essere buoni verso gli al– tri se prima non si è intelligentemente buoni verso se stessi. L'io e il prossimo devono essere una sintesi non un distac-

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