Volontà - anno XVI - n.7 - luglio 1963

vazione, per il prolelariato, del suo ruolo dirigente nello Stato. Soluzioni empi– riche, egli dice, sono state proposte, ma senza alcunchè di soddisfacente, giac- I chè il problema è nuovo. « Trattasi di difficoltà inerenti alla nuova classe di– rigente», che possono chiamarsi « i pericoli professionali del potere» e che compaiono nei militanti stessi della classe vittoriosa e non nelle relazioni con le altre classi. « Quando una classe prende il potere, una parte di essa diviene agente di questo potere: è così che nasce la burocrazia». « L'unità e la coesione, che dapprima erano la conseguenza naturale della lolla rivoluzionaria di classe, non possono essere più conservate se non grazie a tutto un sistema di misure che hanno per scopo la conservazione dell'equi– librio fra i differenti gruppi di questa classe 7>; e altrove:" è una questione di educazione». Rakovski sembra che non si sia domandato da chi ed in quali condizioni quelle misure potevano essere prese e quella educazione impartita. Una buona educazione è sempre, più o meno, un'autoeducazione ed i migliori educatori pos– sono aiutare ad una presa di coscienza, non già ad inculcarla. Il diritto ha dunque continuato a persistere come strumento dello Stato e di un gruppo al Potere anche dopo la Rivoluzione sovietica. Gli anarchici, alla luce di questa critica giustissima, cercano di sopprimere sin dall'inizio le basi statali puramente autoritarie. Fermiamoci brevemente sul problema del fondamento del diritto in una società a struttura principalmente federalistica e sindacalistica, così come fu concepito tra il secolo XIX e XX. Bakunin nel suo saggio « Dio e lo Stato» così scrive: "'Le leggi naturali (della natura) sono inevitabili. Noi siamo schiavi di es_ se, perchè esse non sono affatto al di fuori di noi, ma costituiscono il nostro essere. In breve: noi riconosciamo i'autorità assoluta della scienza, poichè la scienza ha per scopo la riprodu1.ione mentale, riflessa ed anche ordinata il più possibile, delle leggi naturali inerenti alla vita materiale, morale ed intel– lettuale dei mondi fisico e sociale, i quali di fatto non costituiscono se non uno stesso mondo nella natura. Salvo questa autorità, la sola legittima per– chè è razionale ed è conforme alla libertà umana, noi diciamo che tutte le altre sono false, arbitrarie, perniciose». Rileviamo, intanto, il giudizio che il mondo sociale possiede delle « leggi » naturali che la rivoluzione deve esprimere. Questo fondamento della legge lo si ritrova anche presso i marxisti (dr. Engels), così come lo si ritrova nei giuri– sti del XIX secolo, per i quali esso serve a giustificare le loro concezioni rela– tivamente a quello che essi chiamano « diritto naturale». L'idea - forse vera - che il mondo sociale possiede le sue leggi naturali che il diritto deve espri– mere, non è la sola ad essere avanzata. Infatti Cano Ruiz, in Tlerra y Libertad (gennaio del 1962), riporta quanto appresso di Bakunin: 397

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