Volontà - anno XVI - n.6- giugno 1963

tore settimane e perfino mesi intorno ad una lettera. Ma come di tra le righe arzille e chiacchierine di certe lettere a donne gentili, spunta una non comune profondità di sentimento, così nell'abbondanza di ben torniti periodi e di scelte parole brillano idee forti e nuove, sì che non ci troviamo del tutto stupiti nel trovarci di fronte a pagine che si elevano fino alla considerazione storica e alla riflessione filosofica. Fra queste pagine d'eccezione sono da notare quelle relative al problema religio– so. Frequenti nelle opere e nell'epistolario del Giordani sono gli accenni, quasi sempre sarcastici o violenti, ai Gesuiti. ai preti retrogradi. Ma sono sfoghi di un liberale per– seguitato, e non vanno al di là della contingenza che li ha stimolati. Qualche volta n pensiero laicista si determina in espressioni chiare. come quando il Giordani asse– risce: « Male i principi si associano a' preti, questa associazione li rovinerà. Sanno i popo– lì che la dominazione de' principi può essere legittima, perchè necessaria: quella de' preti non può: perchè non si ha affare solamente cogl'intelletti. ma colle volontà spesso anche ripugnanti. I preti a poter essere qualche cosa di buono. non dovrebbero essere altro che modesti ed esemplari insegnatori di virtù». Nel suo scritto incompleto, « Della religione in Italia», egli esamina perchè l'Italia non partecipasse alla riforma relìgiosa del .secolo XVII. Osserva che in quel secolo l'I– talia non era inferiore a nessun'altra nazione. anzi era superiore a tutte per lo svilup– po intellettuale e la civiltà dei costumi. e non di meno tante altre nazioni la superaro– no nella Riforma << che fu principio di loro grandi avanzamenti ad una vita migliore». « Se i popoli potessero mai .sperare alcun bene dai prìncipi, doveva l'Italia aspettare un gran benefizio da Carlo Quinto: che la riunisse tutta in una monarchia o in una confederazione, e che la riforma.sse nella religione>). Ma Carlo V non volle « nè abolire il papato. nè abolire la religione», e si mostrò, come il Giordani lo chiama, in una sua lettera: « un povero uomo». Carlo V non do– veva che rare dell'Italia una monarchia ed « introdurvi facilissimamente una migliore forma di religione)>. Per far questo non era necessario il pugno di ferro. Sarebbe ba– stato (< la.sciar fare gli Italiani: che queste cose non si ranno con la forza nè coll'autori– tà: ma col lasciare alle menti umane il .suo libero corso>). A Carlo V il Giordani non rimproverava che la contraddizione. « A' nostri giorni abbiamo veduto Bonaparte, incredulo, odlatore e sprezzatore de' preti. cavarli dal niente ov'erano caduti, alzarli a una possan;,,a che fosse perniciosissi– ma ai popoli, e finalmente dannosa a lui stesso. Però ci dee meno strano parere che Carlo Quinto sinceramente superstizioso cattolico. mentre detestava i Pontefici, e ta– ceva a Papa Clemente i più atroci oltraggi, e scherniva la matta ambizione di Paolo e gli toglieva violentemente Piacenza e tentava di toglierli Parma. e gli ammazzava crudelmente il bastardo, e gridava di voler ricondurre il Papa al suo vero ufficio, e ri– mandarlo alla. sua parrocchia di San Giovanni in Laterano: perseguitasse poi in Ger– mania, per compiacere al Papa i Luterani, soffocasse la riforma nelle Spagne e in Ita• lia. e volesse piuttosto vessa.re e saccheggiare che giustamente possedere il bello stato della chiesa>). Giordani simpatizza per la Riforma, ma non vede in essa più che altro un movi• mento laicizzatore, cioè una rivolta contro la teocrazia. Le sue ammirazioni sono per Paolo Sarpi « grandissimo e santissimo uomo, infinitamente superiore e per ingegno e per virtù alla razza umana» e per, Giannone. che « andava più innanzi del suo tempo». e per Gabriele Rossetti, e per il Lamennais che « sottopose l'autorità della Chiesa (in 361

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