Volontà - anno XIII - n.8-9 - agosto-settembre 1960

te del come verrà usala la sua ope– ra scientifica; e se è vero che in mancanza di meglio (cioè di peg• &io) gli uomini farebbero la guerra anche coi soli sassi, queslo non lo autorizza affatto di aggravare sem• prc più la potenza distruttiva della guerra. Sarebbe come - in altro senso, ma calzante per il nostro ar. gomento - che la scienza rinuncias– se a Car progredire la medicina per il fatto che tanto, presto o lardi, bi– sogna pur morire; nle a dire non impedire la crescente terribilità del• le armi per il fallo che gli uomini non rinuncieranno mai a distrugger– si a vicenda. Insomma, la progres– siva rinuncia alla guerra non signi– fica che il fine ultimo sia una pace auolut.a, integralmente ideale; ben– sì lo scopo più raziona le di rendere meno dolorosi e meno sanguinosi i rapporti umani. Perciò lo scienzia– to deve sempre dire 110 a qualsiasi diabolico invito. In realtà quale è staia la reazio– ne morale della scienza - circa la realizzazione della bomba atomica - di fronte agli inviti ed alle esi– genze del1e autorità politiche? Un'esposizione chiara e completa di tutta la storia dell'atomica, sotto i diversi aspetti morali tecnici ed economici, l'abbiamo nel famoso Smyth-Report,1 ove il problema de– gli scienziati che collaborarono alla costruzione delle armi nucleari è stato posto con una certa obiettività. Si rileva, giustamente, che se è vero che la tecnica in ogni tempo ha sempre aiutato il potere milita• 1 H. D. Smyth: Atomi'c Ener&y /or Mi– litory Purpose. -1 Wa~hington - 1945. 196 re, tuttavia non c'è dubbio che nel– le 11rmi nucleari il problema assu– me aspelti apocali11ici. In un certo senso !anno com1Hendere che lo svi– luppo scientifico ha annullato inte• ramente la logie" ch'era intrinseca aJJa stessa guerra. Logica triste, si intende, ma pur sempre tale, in quanto il vincitore poteva sempre ricavare poco o mollo dal vinto; mentre ora non si rica\'erebbero che mucchi di ceneri radioattive. Per la \'eri1à, sino dalle prime ri• cerche i fisici si resero perfettamen• lr. conto della enorme e terribile po– tenza delle anni nucleari. Ora, sul– le labbra del cosidcllo uomo della strada, potrebbe sorgere spontanea la seguente domanda: perchè, con– cordi, non dissero di no, perchè del• tero in pieno la loro collaborazione scientifica? Questo gr8\'issimo problema di coscienza, e più che drammatico nel– le sue conseguenze sociali, in un 1>rimo momento fu discusso da un gruppo di fisici, profughi, politici, che si erano trasCeriti negli Stati Uniti per s(uggire alle persecuzioni politico-razziali elci loro paesi d'ori– gine. Per la storia: l'italiano E. Fer– mi, il tedesco V. F. Weiss Kopf e gli ungheresi E. \Vigner, E. Teller e L. Srilard. Di fatto in un primo tempo cer– carono di organizzare una sorta cli « congiura del silenzio »; e per due ragioni: per evitare eventuali richie• ste di collaborazione da parte dello Stato che li ospitava ( le loro aspi– razioni consistevano semplicemente di poter ottenere un posto d 1 insc– gnamento in qualche Università); e d'altra parte per non fornire dati preziosi ai gove.rni nazisti e fascisti,

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