Volontà - anno XIII - n.7 - luglio 1960

A N T o L o G I . A Nel villaggio natio D ALLA e u E R RA Ivan Kasimov era tornato invalido. Era un vero miracolo che fosse vivo: un proiettile gli era scoppiato così. vicino che il suo niitra era stato letteralmente polveriz::.ato. I uan era rimasto più di due anni all'ospedale e quando ne era uscito non e' em per lui più alcw1a ragione di tornare al villaggio. Sua madre era morta durante la guerra; sua. moglie non l'aveva aspettalo e credendo che fosse morto - e in veriuì per un anno, mentre languiva in un campo tedesco, avrebbe potu.to e.<tser creduto morto - si era risposata ed era partita per un villaggio del Nord. Perciò Ivan era rimasto in quella cittadina ucraina a lavorare presso l'ospe– dale. Quando poi l'ospedale era stato smobilitato, aveva trovato lavoro co– me guardiano in una vetreria. Il lavoro non era pesante e, sebbene la paga non fosse abbondante, per lui solo era più che srifficiente. Le sofferenze e i pensieri amari gli avevano inciso fra le sopracciglia una p'iega profonda che sembrava fatta eia. una baionetta. Dell'Ivan K,,_ simov di un tempo, allegro e ben piantato, non era rimasto nulla. Era di– ventato magro ed era scosso da un tremito continuo. Se qualcuno gli do– mandava qualcosa, una qualsiasi stupidaggine, prima di rispondere Ivan, apriva più volte la bocca per pre ,ul.er fiato, come se soffoca.-,se, e quando finabnente rispondeva, trascinava le parole come in una ca,1,t.ilena. Era penoso ascoltarlo e la gente lo compativa, ma istintivamente lo evirava.. Ivan se ne accorgeva e non cercava neppure di attar discorso. Indossava un pastrano logoro, stretto alla vita da un cinturone mili– tare, e ai piedi calzava quegli scarponi con le fasce che negli ultimi anni erano stati dati in dotazione alla fanteria, la « regina delle battaglie». • Da Tempo Presente, a. V. n. 4, aprile 1960, abbiamo preso questo racconto che ,,enne attaccato in ,1n articolo e Nel nome dei soldati » appar!lo nella Uteraturnaia Ca– .zeta del 27 ottobre, e sottoposto al pubblico giudizio in una seduta dell'Unione degli scrittori di Leningrado. L'autore non riconobbe il suo errore e rifiutando co1nplctamcnte la critica del racconto». La frase del r11ccon10che sollevò lo scandalo è « Nei giornali la Russia 11011 esisteva neppure più». Com'è ammissibile che un cittadino di 1111 grande Srato rome la Russia ncccui che la sua patria non esisla più? ('n. d. r.). 466

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