Volontà - anno XIII - n.6 - giugno 1960

Il seme sotto la neve A ::~z~o 1 na~ \ ~oE et 1no~ na~u~•;: no così li giudichiamo perchè al– trimenti non raccoglieremmo le loro parole - ci dicono di tanto in tan– to: « Come po1ete sperare. d'inserir– vi nella realtà sociale d'oggi, dato che siete pochi e poveri cd i vostri nemici tanti e potenti? Jl vostro im– pegno di militanti è lodevolissimo, ma come potete tradurlo in azioni concrete? Oggi, ancor più di ieri, tolti i vostri sforzi rischiano di ri– manere infruttuosi. Il terreno su cui credete di seminare è già stato tut– to occupato dai governanti, dai pre– ti, dai politici di tutti i partili di massa. Non illudetevi di trovare il minimo spazio vuoto ». Anche quando il discorso si arre– sta a questo punto, sottintende il consiglio di trovare nuove vie, nuovi metodi di azioni se vogliamo « ade– guarci >, ai tempi. Chi cerca di restare aperto ai ra– gionamenti altmi, rimane, ogni vol– ta, un poco perplesso davanti a taH interrogativi (beati coloro che non sono tormentati dai dubbi e sono sempre sicuri di possedere la ve– rità!). Non siamo nè ciechi, nè sciocchi da non renderci conto che il rapporto di forze, tra noi e coloro che stanno dall'altra parte della bar– ricata, si è modificato a svantaggio nostro e a vantaggio dei nostri ne– mici, per cui la nostra coerenza e fe• 376 deità all'orientamento anarchico di sempre, possono sembrare donchi– sciottesche. I dubbi e lo sconforto che possono assalire nuche. il mili– tante più temprato e piìi entnsiasla, sembrano momenlaneamente trovare conferma in <1uegli interrogativi. Oggi, la lotta politica-sociale non è pili lotta di idee, di credi, di pro– grammi diversi, ma di potentissime macchine politiche il cui unico sco– po è la conquista del potere. Persi– liO la zuppa filantropica o il posto di lavoro che si trova per Tizio o Caio, aiutano ad inviare qualche de– putato di piì1 in Parlamento, a con– qui~tare qualche portafoglio mini– sle!"iale, ad assicurarsi un posto nel– la macchina più grande. del potere. Se nni volessimo subordinare la :.:agione della nostra esistenza alla ,•alutazione del rapporto di forze c-he esiste tra noi e gli « altri », do– vremmo onestamente riconoscere che siamo il classico vaso di terra cotta che viaggia vicino a quelli di ferro e che sarebbe molto meglio che pen– sassimo alla salute, ai nostri affari, anzi<:hè tormentarci con il rifiuto di questa nostra socie.là assurda ed in– giusta e con la nostra ansia di rinuo– ,·amento sociale. Ma, mai, un simile calcolo ha a– vuto peso nella condotta e nella a– zione degli anarchici. Perchè, se in certi momenti della storia, H rap– porto di forze tra noi e i nemici del

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