Volontà - anno XIII - n.5 - maggio 1960

JI ragazzo ascolta,,a e taceva. Lavoro per lui vole,,a dire l'alba estiva e il solleone, la corba sul collo, il sudore che cola, la zappa che rompe. Capiva che in città si lamentassero e non volessero saperne - le aveva viste quelle fabbriche tremende e quegli uffici soffocanti - starci dentro dal mattino alla sera. Non capiva che Cosseun lavoro. « Lavorare è piacevole », diceva tra sè. - Lavorare è un piacere, - dissi un giorno al massaro, èhe mi riem– piva il cesto d'uva da portare alla mamma. - Fosse vero, - rispose, - ma c'è chi non ne ha voglia. Quel massaro era un ti1,o severo, che il pili del tempo stava zitto e tiapeva tutti i trucchi della vita di cam1>agua. Comandava anche a me qual– che volta, ma per scher✓.o. Aveva terre sue, una cascina oltre llelbo e ci teneva dei massari. Questi massari la domenica gli venivano a portare la verdura o a dare una mano se il lavoro picchiava. Lui era sempre dappertutto e lavorava a casa nostra, la,,orava sul suo, girava le fiere. Quando i massari ci venivano e non c'era, si lermavano a discorrere con noi. Erano due, il vecchio e il giovane, e ridevano. - Lavorare è un 1>inccre, - dissi anche a loro, qucll'n11110che i miei 1Ji arrabbinvauo perchè in città c'eran disordini. - Chi lo dice? - risposero. - Chi non fa niente come te. - Lo dice il massaro. Allora risero piìi forte. - Si ca1>isce, - mi dissero, - hni runi sentito dir dal parroco che andare in chiesa sia mal fatto? Ca1>ii che il discorso diventava di quelli che si fncevnno in casa quel– l'anno. - Se non ,,i piace lavorare, - dissi, - vi 1>iace raccogliere i fmtti. li giovane smise di ridere. - Ci sono i padroni, - disse adagio, - <'he dividono i fnlllÌ scnz'avcr lavorato. Lo guardai, rosso in faccia. - Fute sciopero, - dissi, - se non siete conlenti. A Torino si fa. Allora il giovane guardò suo pndrc, mi strizzarono l'occhio, e torna• rono a ridere. - Prima dobbiamo veudemmiarc, - disse il vecchio, - poi ve– dremo. - Ma il ~iovanc scosse la tf'sla e ride,•a. - 1 on farete mai niente, papà, - disse adagio. OiCa11inon fecero niente, e in casa mia si continuò a pinntar baccano sui disordini d'impiegati e operai ch'eran stati guaslati dalla facile ,,ita degli noni di guerra. Io nscohnvo e tacevo, e pensavo ngli scioperi come a una fosla che permetteva agli 01>erai d'nndare a spasso. Ma un'id'ca - da principio non fu che un sos1>etto - m'era entrata nel sangue: la,•orare non era un pincere nemmeno in carnpngna, E sto.volta sapevo che il bisogno di vedere il rnccolto e parlarselo a casa, era ciò che impcdivn ai villani di lare qualcosa. da: / ,~conti. ediz. Einaudi, Torino 1960, 312 CESARE PA\'ESE

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