Volontà - anno XIII - n.5 - maggio 1960

RECENSIONI DANIELMOTHÈ Diario di un operalo 1956-1959 Giulio Einaudi editore, Torino 1960, pagg. 145. L. &00. Sulln « condizione operaia• esiste una ricca le1tcratura, ed è ben noia l'esperien– :zn della scrillrice francese, Simone Wcil. che per un certo tempo si fece operaia per poler portare, in questo campo, una testimonianza che fosse frutto di oMen·a• ,-;ioni dirette e di situazioni viMmte e 10(– forte. Recentemente queJJla letteratura si è ar– ricchita di un'ahrn testimonianza cou il • Diario di un operaio, 1956-1959 • di Da– niel Mothé che, edito in Francia un anno fa dalla famosn cau editrice Lcs Editions dc Mi11ui1, è presentato ora ncll'edi:i:ionc italia1111 dall'cdilore Einaudi. Ne abbiamo ri1>rodotto in « Antologii. • qualche pagina nel fascicolo prccc<lcntc, 111111 crediamo utile farne una prcscnlM:ionc ai nostri lc!lori. O. Mo1hé ha 36 anni cd un'cspcricnu di hworo di 21 ; è nllualmcnlc opcrnio spc– cialiu:alo in un rcpnr10 aurcuisla della gronde fabbrica di automobili RcnRuh del– la periferin parigina. Le osservazioni, le ri, nessioni, i problemi che egli si pone (or– ganiuazione rnzionRle-scicntilica della fab, brica, rapporlo tra gli operai dello base e il vcrlicc dei sindacali e loro reazioni di Ironie l'!gli 11\'\'Cnimcnti eSleriori quali il richil'!luo alle armi, la guerra <l'Algeria, la rivolta ungherese, l'a,·vento di De Gaulle) non riealcano il solito schema dcll'antago- 11iso10di classi, 11èriscnlono l'innucnza del– la 11ropaga11da11arti1ica o sindacale. Mothé tiene presente la reahà eosì come appare sul posto in eui lavora, vede i p.roblcmi nel loro 11:isccre e dato che qucs1i problemi sono quelli tipici della grande fabbrica mo– derna, il suo diario ha un interesse che seonlina dal mondo di cui parla con !!f. ficacia, semJ}licitil e grande cnlore um:mo. La grande fabbrica moderna sta ucciden– do ogni briciola di umanità: trasfonna gli operai in automi, in fantocci, li isola l\mo dall'altro, rende sempre piì1 impossibile ogni rap1•or10 tra di loro di sociali1à e di solidarietà. La catena di montaggio, que– sta diabolica invenzione del nostro 1em1)0, inserisce l'operaio nella macchina come se ne fosse un appendice, un accessorio qua– lunque. Avviene così la sua comple1a alie– nazione. Il reparto, la nwcchina, i ritmi prendo,w l'i11dividuo, lo maciufla,w ... E il corpo umano ri,cl1ia di /racauar,i. Eceo la lunga catena di schiavi moderni che su~ita l'immagine degli schiavi anli• chi che sclUaceiali sotto enormi pesi por– lavano pietre per la coHruzione delle fa. mose Piramidi. L'operaio può ben mangiare tutti i gior• ni, a,·erc il tele,·isore, un mezzo motofri:• u10, ma il bcne!sere economico non can– cella una condizione assurda, umiliante di lavoro, nè la mediocrità di vita che ne è la conseguenza. Lo spazzino della fabbrica in cni lal'ora Mothé, nord.africano e quindi non aneora sufficie,11emenle « eivilii:zato •• riesce a per• cepire le incongruenze e le idiozie della \'ila di fabbrica. I suoi compagni possono ben ridere di lui perchè è mano\•alc, ma nou per questo sono meno stupidi, Timbra• no il mattino come lui, rimangono, come lui, le stesse ore nclln fabbrica, ed alla fine della gioTnata hanno sonno e sono slanchi <111antolui. « Guadagnano un po' di pili 1>erchè sono specialiuati, ma non po§Sono fare a meno di venire tutti i gior• ni (come lui) e fanno In s1essn cosa, come gli idioti: seu:i:a !Opere perchè ». 343

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