Volontà - anno XII - n.11 - novembre 1959

ginesi, occuparono assai densamente le zone fertili e accessibili dell'i– sola, limitandosi a tenere in rispet– to le pericolose popolazioni delle montagne centrali » (22). Un sardo moderno infine così si esprime: « Troppo spesso capita di udire o leggere l'affermazione che i Romani non sarebbero mai riusciti a debellare e tanto meno a civiliz– zare le popolazioni originarie del centro montano. E si citano a so– stegno di questa tesi le incursioni che gli Ilienscs, i Gallilenses ed i Balari facevano a scopo rli razzia dalle loro montagne verso le ricche pianure del Campidano abitate da popolazioni romanizzate; incursio– ni contro le quali i presidi romani dove\'ano difendersi di continuo. Ma nonostante le continue turbolenze degli abitanti dc! centro montano, turbolenze che, secondo le ripetute affermazioni del Pais, presero tl<l un certo momento forma di banditismo (non dissimile da quello che hn sem- 1>rc infestato cd ancora infesta In zona)t parlano in favore della tesi della piena romanizzazione ciel cen• tro montano, la storia, l'archeolo– gia, l'etnologia ed anche la lingui• Stica » (23). La caduta dell'impero romano vi– d'e in ogni modo la Sardegna passa– re nelle mani dei Vandala i quali, come gH, i Romani, fecero dell'Iso– la un luogo di esilio per le persone politicamente sospettate. Così Gen– serico confinò nel 477 dei Berberi ribelli, i Maurusii, nelle montagne del Sulcis (2tl). Procopio, ripreso dal l\fanno (25), dice che questi Mau– ritani, che facevano frequenti incur• sioni e saccheggi nelle pianure, fu– rono chiamati Barbaricini dai lo– ro vicini; è evidente però che si 632 confondono i Maurusii del Sulcis (i Sulcitani attuali sono chiamati pure Maureddus) coi Barbaricini delle Barbagie, cioè con gli antichi Ilien• ses (26). I Vandali poterono dirsi padroni del solo Campidano, il re• sto dell'Isola essendo (di nuovo o ancora) nelle mani dei. <( brigan• ti» (27). Quando Giustiniano I d' Oriente entra in possesso (553) della Sar– degna, la situazione del banditismo era insomma, malgrad'o tutte le re• pressioni, tutt'altro che migliorata. Il monarca, non appena tolta l'lso– Ja ai Goti, ordinò al generale addet• to agli affari militari, forse lo stes• so Belisario, di occuparsi partico– larmeute delle popola~ioui dell'in– terno, scrupre iudipenclcnti e le cui rapine e brigantaggi compromette• vano senza tregua la tranquillità della Sardegna, ma l'operazione non elette grandi risultati e ci si con– tentò di chiudere il territorio refrat• tario alla civiltà con una serie di. post.i di blocco permanenti, ripeten– do cioè la barriera fortificata dei << lirnes >> che separava sotto l'Impe– ro il Campidano, la Manuilla e la Trexenta agricole dal centro e dal– l'est pastorali (28). Pili fortunati furono gli imperato– ri Maurizio e Teodosio III. Il primo organizzò nel 594 una importaute spedizione rnilitare, comandata dal generale Zabarda, alla quale si uni– rono dei vescovi e dei missionari in– viati dal Papa Gregorio Magno. Se– condo il Mimaut le popolazioni del– l'interno furono finalmente sotto• messe, d'opo cinque anni di sforzi~ la violenza delle armi trovando un prezioso ausilio nella predicazione evangelica (29). In realtà, se le Barbagie divengo-

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