Volontà - anno XII - n.10 - ottobre 1959

per metà artificiali, ha una terribile forza deprimente; possono avere da venti a cinquant'anni, secondo la zona cli gengiva che compare nel canto. i\ilentre fumano, ne osservo Je mani lunghe, dolci e succose, senza un'ombra d'avidità; ma la pelle è un poco ruvida e ineguale, come di persona che lavori; e le unghie dipinte con poca cura. Guardo colei che mi sia a fianco, anche al di sotto del volto: gli ultimi bottoni del mantello si sono aperti, sì che compare l'abbigliamento interiore. Vedo soltanto un miscuglio di voile, color verde oliva, con pallini viola e azzurro chiaro: forse sono cal– zoni, ma la loro foggia dev'essere qualcosa fra il pagliaccetto da notte per giovine signora, con la gamba a pinocchio, come si vedono sulle riviste di arredamento delle camere da let10 di lusso; e un vei:ìtito di clown da circo ambulante di provincia. L'insieme è grosso e fagottoso, e tesaurizza intera• mente ogni ricordo cli gamba femminile. Mi viene in mente l'estremo av– vertimento di un amico, prima che lasciassi l'Italia: « sta attento! fai una montagna di vestiti, con una fatica enorme; e poi non trovi che cattivo odore». Visto l'insuccesso nei nostri confronti, la fanciulla che siede alle spalle dell'autista si dedica interamente a lui; gli carezza il capo a rotazione, infila le mani nella camicia, gli sussurra nell'orecchio; così andiamo per lunghi tratti, a motore spento, con ia testa dell'autista volta all'indietro; in mezzo aHa lietezza delle donne, a qualche nostra preoccupazione. A un ristorante, i due scendono, scomparendo per un quarto d'ora; la più bella s'impazientisce e manda l'altra a cercarli, con le uniche parole in francese che abbia pronunciato in nostra presenza: « vas-y; ils nous ont emmerdé clepuis longtem.ps ». Dopo, si riparte più tranquillamente, con l'accompagna• mento di q11alche canto e molto fumo; poco prima di Rabat le donne si ri• vestono ( nei limiti in cui s'eran spogliate) e <1uando arriviamo in città, sotto le belle mura della m.edina, van via velate e ineup1mcciate, rigide e serie, come brave educande. L'ultima notte marocchina, in una casa di tipo europeo, alla perife– ria di Rabat; l'appartamento è semivuoto, sono due stanze più anticamera ampia, bagÒ0 1 gabinetto, un balcone su corte, con lavatoio, un altro eu strada; tutto disposto bene; ma triste per me, lasciato lì solo, dai padroni partili per Tangeri. Devo esser certo di svegliarmi presto, per prender lo aereo per Marsiglia; <ruindi cerco di pensare, guardar fuori, ricordare, ascoltare. A mezzogiorno, avevo pranzato con un algerino, un altro tipo che non ho ben compreso: pieno d'esuberanza, <li vita e d'allegria, di pa– triottismo e di vittorie, con una storia divertente, dietro di sè. Mai lavo• rato; l'Europa girata in lungo e iu largo, con uua ricca quarantenne, fran– cese, che se lo lrascinava dietro sul macchinone. La prima domenica che giravano assieme, lei lo sveglia alle sei e gli dice: « Amore! alzati che dobbiamo andare a messa ». « Tu sei matta, io m.>nsono niente, come re– ligione, però neanche non mussulmano; io dormo ». Così pi-ofanamcnte, per un biennio, il connubio ambulante è continuato; lei pagava, lui ripagava; 594

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