Volontà - anno XI - n.11 - novembre 1958

deva che secondo -: la morale della natura » il melone doveva essere nrnngiato in famiglia, e alla stessa conclusione giunge la « morale del– la tecnica » giustificando l'esistenza del colcello per tagliare il melone, clellu forchetta, ecc. Ma nessuno pensa di tener conto clelln clivcrsitì1 cli gusti e delle nonne di condoua e di constatare che vi è della gente alla <1uale il melone piace o non 1>ia– ce. e a chi fa bene e a chi fa male. i< Tecnologicamente, le posate a melone e il melone sono fatti le une per l'altro, bisogna dunque servirsi il pii1 1>ossibile di quel!' armonia prestubilita » affermano i nuovi le– ~islatori dell'efficienza. La tccuocrnzin si serve di diverse finali immanenti di questo i;i::cncre per supporre una •assiologia impli– cita e una valutazione « hmzio– nale ». « L,1 i-emplicc ricerca cieli' crfica– t·ia o della novità tecnica crea la bellezza involontaria, fatale e indi– scutibile» afferma la tecnocrazia. E uou solo la bellezza, ma r utilità, la vcri1(1, la giustizia, ccc. Così, da• v11n1i a cerli disegni di macchine, di veicoli, o missili (la cui « dfica– •·ia ,, 1uu:1 negativa, consiste ncll'an– nientl111tento complessivo dcli' uma– nità) siamo obbligati ad inchinarci in omaggio alla « finalità immanen– lC » dell'oggetto; e con un giro im– prevedibile, saremo sfuggiti alla teo– t·razia scientifica unitaria grntuila e obbligatoria per cadere nel suo sur– rogato, la tecnocrazia. L'c(ficicnza, la lct_•nici1il diventano un valore e un fine in se stesse - il solo univcrsal– mcn1c, C\'identc e intelligibile - 1-tenzache ci sia almeno permesso di domandare a che cosa l'efficienzn !oòiaumanamente etficace . « Tccnici1à », è una parola mo- 59.i derna e iuq,ressiouant(" 1>er cspri• mere una vecchia realtà: il know• how il saper-fare. Pretendere di fare del saper-fare la virtl1 :-;iuprcma e rarbitro delle societì1, è la cnraue. rist.ica della tecnocrazia. E' evidente che mm mie concezio– ne conduce a forc e< efficacemente » c1ualsiasi cosa in qualsiasi modo e per qualsiasi scopo; a fare per fare senz'altro criterio o sanzione che questa specie « d"arte per l'arte» trasportala sul piano dell'industria. E' molto giusto che il punto di vista del tecnico, dell'.: uomo che possiede i mezzi • sia preso in con– siderazione in hmzione degli scopi ideali e dei bisogni materiali che e• sprime una socictìt, mn è altrettanto assurdo rimcllere al lccuico l'auto• l'itZ1 sociale, la (< dittatura » affidan– dogli, come scmr>lici mezzi da ag• :,tiungere al suo arsenale materiale, (a quel vasto magazzino d'arse.oali che oggi ha superato quello di Tem• pi Moderni di Chaplin), l'insieme degli in1eressi non-tccuici della so– eictà - quelli del produttore, del consumatore, del filosofo e del le– gis1atorc, per esempio - e tutti quei valori che sono irriducibili al Funzionalismo 1ecnocra1ico. Il tccni• co non ha altro ruolo che quello d'un regista di tealro: legittimamen– te non è nè l'aulore dell 1 01>era, ne lo scenografo, nè l"attore, nè lo spet– tature, nè il critico. Gli uomini e le donne che com. 1>ongono una società c<1uilibrata, non possono che fissargli un proprio compilo, assicurargli nnn certa au– tonomia, controllare il suo lavoro e tirarne gli insegnamenti; in nessun <·n;;opossono abdicargli tutto. Dopo che Buruhom oveva annun– ciato in un libro brillante ma delu•

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