Volontà - anno XI - n.11 - novembre 1958

lavori agricoli. Sono, in genere, as– ~orbiti dal lavoro dei campi, all'in– [nori di due o tre grandi citti1, e non determinano quindi granJi agitazio– ni come minoranza. Gli indiani vc11gono mantenuti (e praticamente trattenuti) dal Governo nelle varie « reservations » affiuchè la lor-o razza non si estingua: ancl1e essi non costituiscono un problema sociale 1;1oltovivo, per quanto Te lo– ro condizioni, ogni tanto, turbino qualche coscienza inquieta. Il nume– ro degli orientali è troppo esiguo per causare apprensioni - sebbene il trattamento « ni1>po-awericani » durante l'ultima guerra sia stato spietato e brutale. Rimangono, in primo piano i ne– gri: i negl'i di tutte le gradazioni, gli afro-ameriean i che costituiscono il massimo problema d'cgli Stati u. niLi. vivo come una piaga aperta nel cuore e nella coscienza della popo– lazione. Da che cosa provengono il di– sprezzo e l'odio così diffusi contro i negri, la convinzione che i negri so– no esseri inferiori, refrattari ai va– lori morali, sociali e spirituali, inca– paci di sentire j sentimenti più su– blimi come vengono sentiti dai bian– chi? Purtroppo non esistono studi che costruiscano l'interpretazione «anar– chica» delle vicende della razza ne– gra in America e che spieghino co– sì, senza tendenziosità, le vere cause d'ella segregazione in cui i bianchi tengono i negri. E' il colore nero della pelle vera– mente così ripugnante? Soltanto in apparenza. Basterebbe ricordare che quando i «negri» riuscirono a con– solidare il loro potere nella peniso– la iberica, non solo i nobili porto- 590 ghesi e gli orgogliosi hildagos casti– gliani si consideravano onornti di sposare le donzelle more perchè fi– glie dei potenti dominatori, ma an~ che molti iberici erano diventati am– miratori entusiasti dell'architettura, dclln pittura e della cultura moresca in generale. Il vero motivo del disprc-'ZO - più tardi mutato anche in odio - dei bianchi verso i negri ha le sue ori– gini nella debolezza dei negri stessi. Le comunità negre d'Africa, « inci– vili >> ancora, cioè prive di grandi apJ>arati statali, di eserciti podero– si, e della cultura tecnologica che ad essi fabbricasse le armi, sono sta– te dal principio considerate ogget– ti di preda della cosidetta « civil– tù » bianca. La cultura europea rico– nosceva una cosa sola: la !orza. E il nctando potere coloniale delle po– tenze europee si è basato appunto sulla forza bruta, nonostante gli or– pelli luccicanti dei sistemi religiosi e filosofici. Gli africani, gli indiani e altri po– poli non possedevano armi e mezzi di offesa sufficienti per incutere ti– more e rispetto agli avidi Stati euro– pei: duu<1ue, si è detto, è giusto do– minarli; dunque, si è concluso, "'Sono selvaggi, esse,ri umani inferiori, sol– tanto degni di sen•ire come schiavi, bestie da soma. Di fronte agli africani la crudelti1 d'egli europei sorpassò se stessa. Non sodisCatti cli sfruttarli e di ammaz– zarli snl luogo elci loro natali, lì cat– turavano a milioni, li caricavano nelle stive fetide di vascelli sganghc– r.1ti e li trasportavano nelle Ameri– che per esservi venduti come bestia– me al miglior offerente. Fra questi, generalmente, un grnn proprietario

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