Volontà - anno XI - n.8-9 - agosto-settembre 1958

-. Luisa Michel? quella che durante la Comune ha appiccato il fuoco ai quattro canti di Parigi, che è stata deportata alla Nuova Caledonia? - Sono infatti stata alla Nuova Caledonia durante dieci anni, an• che se non ho mai appicato il fuoco in alcun sito. - Tuttavia vi chiamavano la petroliera, me ne ricordo,· non ero che una bambina, ma mi ricordo come se fosse ora. Ma allora se non avete fatto nulla perchè v'hanno mandata in galera? - Soltanto perchè ho combattuto coi miei fratelli pel trionfo della giustizia. Clarissa spalancò attonita i suoi grandi occhi neri, ed io accorgendomi che il senso vero delle mie parole le s(uggiva, cominciai piano piano a darle la mia prima lezione d'umanità. Quando ebbi finito mi prese le due mani balbettando: - E' del resto completamente vero quello che mi dite: oh, sì! causa di ogni sventura è la miseria. Se non fosse per la miseria sarei io qui? Guardate, io che vi parlo sarei stata senza dubbio una donna come le al– tre se avessi avuto soltanto la fortuna di guadagnare lavorando, il mio boe– con di pane. Ma a Parigi, vedete? la vita è dura; eppoi, debbo ben dir• velo, non ho mai imparato un mestiere ... ho passato tutta la mia giovinezza alla Casa di Correzione ... - I vostri genitori non hanno dunque avuto nessuna cura della vo• stra educazione? • - I miei genitori? erano, quanto è lunga la giornata, ubriachi sem– pre. Un giorno mio padre in un momento di delirio assassinò mia madre. Lo mandarono all'ergastolo; io rimasta sola senza un parente che mi rac– cogliesse sono stata reclusa all'Ospizio dell'ln(anzia Abbandonata. A tre• dici anni mi mandarono in una fattoria dei dintorni di Parigi confidando– mi ad una famiglia di contadini ignobilmente brutali che se mi davano appena di che star in piedi mi -picchiavano in compenso fedelmente da mane a sera, Un giorno, stanca, pulii loro i cassetti e tornai a Parigi. Mi agguantarono e mi mandarono alla Casa di Correzione, e là ho stretto CO• noscenza ed amicizia con donne che m'iniziarono al turpe mestiere che è oggi il mio. Che cosa volete che facessi uscendo di gabbia? Non avevo mai fatto nulla delle mie dieci dita, i certificati che potevo mostrare erano ben lungi dal raccomandarmi, l'abisso mi volle, fui una perduta - conchiuse tristamente colla gola stretta e gli occhi gonfi di lagrime. - Eppure, creclèterui, in fondo non ero cattiva, avrei amato anch'io essere una donna onesta ... non ho potuto, voi lo vedete bene. Ho dovuto scendere scalino per scalino quel1a che i borghesi chiamano la china del vizio e voi vedete dove sono precipitata. Ora attendo d'essere trasferita ad una casa di pena: ne ho per dieci anni. 1 E la disgraziata mi spiegò allora che in un momento di coHera, del certo Jegittima, aveva dato una coltellata al triste magnaccia che le faceva da buio. Noi fummo presto buone amiche. lo ero anzi giunta a temperare un po' il suo carattere eccessivamente violento e in questa disgraziata che tutti 507

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