Volontà - anno XI - n.8-9 - agosto-settembre 1958

proprio neanche pensarlo: e ciò per diletto di maturità. Contentiamoci dunque per ora di non dimenticare che, in ogni modo, certe insinuazioni non sono inutili. Nell'articolo precedente abl,iamo poi citato fra le piia evidenti cause del disquHibio sociale - disoccupa– zione, urbanesimo - altri indizi di sbandamento della nostra societii: la divisione del lavoro, combattuta dal Kropotkin come origine del fe,wme– no dello scaricabarili; le catastrofi– che dispersioni della ricchezza col– lettiva, dovute al parassitismo socia• le; il fe11omeno clel cannibalismo, il quale ci ricorda il d'etto « Cavallo che muore ingrassa il fornitore »; la caotica distribuzione demografica mondiale; l' ingombrante metodo della circolazione della ricchezza; la trascuranza della legge del minimo mezzo; gli orrori economici, sociali e morali del bellicismo. privato, co– stituito dai conflitti giudiziari, e il connesso affarismo forense i nonchè altre aberrazioni, tra cui quella del– la mancanza di sicurezza dell' avve– nire. Nei regimi individualisti infatti il cittadino paga molto a caro prezzo il suo isolamento, non avendo all'in– fuori delle sue personali risorse - che non di rado possono venire a mancare - alcuna garanzia, sa.Ivo che in questo caso per garanzia non si vogliano intendere ... gli ospizi di mendicità; mentre s'è detto che nel mondo avvenire il cittadino sarà a totale carico della collettività, e per diritto vitalizio. Nè si vede perchè non dovrebbe essere così tra la tan– ta abbondanza di cui anche oggi il mondo dispone e che - morti noi, che non sappiamo goderla - passe– rà com'è sempre stato, alle genera- zioni future, le quali riconoscendo nocivo ogni giuridico diritto inilivi• duale di successione e avvalendosi pii1 semplicemente del diritto collet– tivo di successione, stabilito dalla natura, ne sapranno trarre un più ragionevole pro.fitto. Dopo aver asserito che qnel for– midabile fattore cli ricchezza che si chiama lavoro, nella nostra società ha scarso impiego o in gran parte ha impiego sbagliato, ci siamo tratte– nuti a calcolarne approssimativa– mente il valore e a studiare le di– spersioni, introducend'o una critica a quel principio dell'economia uffi– ciale secondo cui la vitalità dei traf– fici sarebbe sempre indice di prospe• rità collettiva, Un normale o, peggio ancora, un intensificato tratfìco dell 1 industria sanitaria a causa <li un' epidemia, non è certo indice di prosperìtà ge– nerale, bensì del privato arricchi– mento di <1uella industria, per cui l'illusione o la truffa dell'economia individualista, o cannibalista, si ri– presenta nel senso che I' arricchi– mento di uno è l' impoverimen– to deJJ' altro: dal che nasce uno squilibrio d1e per forza di cose avr:.à la sua reazione nella tendenza al ri. pristino dell'equilibrio, nonostaute mtto quel disperato sistema di ptm• tellature che si va via via opponen– do alle t.raballnnti stnllture dell'ii no• slra società, e che nelle sue innu– merevoli crisi, trova una teslimo• nianza sempre più schiacciante. Non bisogna lasciarsi ingannare da certi sofismi secondo i quali si vuole ehe i traffici, per esempio assorben– do la disoccupazione, avvantaggino l'economia. Si deve vedere quali traffici, perchè sarà meglio 13sciare inoperosi i disoccupati, mantenendo• 499

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