Volontà - anno XI - n.8-9 - agosto-settembre 1958

gnori il suo conteJtuto, ma perchè « si sforza di purificarsi, di lavarsi delle tare sociali, di non rassomi– gliare agli altri, perchè non si ere• dc perfolto, vuole essere migliore ed in questo sta la sua superiorità )>, Parteciperà egli alla lotta di clas– se? Certamente, la sua astensione dai conflitti non lo isola da questi. Se vi partecipa è con le << sue idee » con la sua « etica ,, e sempre egli cercherà di orientare la lotta verso maggiore bellezza, spogliandola del– le brutture e compromessi che la po– litica impone. · La rivoluzione egli la subordina alla riforma dell' indj,•iduo, giudi– cando, co~t ragione, che non può trionfare se non è opera di rivolu– zionari e se si unisce ai refrattari e,·iterà ogni settarismo, si terrà al ri– paro dei clan$ e dei faziosi. Insom– ma egli resterà se stesso. Egli odia l'assassinio, la violenza organizzala ~>erchè « volendo la di– struzione d'una società con la violen– za non è possibile cos1ruire una so– cietà nuova ». Sempre ed ovunque l'ar1is1ocrata cerca di armonizzare il suo pensic• ro e i suoi atti, la sua intelligenza e la sua sensibiliti1. Lacaze-Duthiers scriveva: « Odia la pedanteria e la falsa scienza. Di(lìda dell'abuso di certi vocaboli: giustizia e verità. La parola progresso non ha sulle sue 'labbra lo stesso significato che sulle labbra borghesi. Tutta la fraseologia demagogica suscita il suo disprezzo. Le aspirazioni "idealiste" non sono in armonia con l'anima delle folle. Onore e virtù sono da lui spogliate del loro significato equivoco. Non si riconosce gli stessi diritti nè gfi stessi doveri deglj "altri". Non ub– bidisce ·che aJla sua coscienza: la 496 legge, i carabinieri sono per lui del– le "enti.là" . .Ma si rende conto che i deboli ne hanno bisogno >1. (Sono costretto d'insorgere contro questa conslalazione che si compia– ce di accettare il bisogno di una leg– ge per i deboli. Da buon arlistocra– ta non voglio accordare a questa fra– se pilL significato di quello che con– tiene. Ma se rifiuto tutti i settarismi non posso accettare, in nome di una estetica, il disgusto che mi ispira la legge, la polizia. Queste eutità non perdono della loro ini<1uità, neppu• re per i deboli. Se io posso e voglio governarmi senza morale, senza dog• mi e senza leggi, penso che queste stampelle non possono essere di nes– suna utilità agli uomini e i deboli debbono imparare a divenlare più forti non inginocchiandosi e prcgan• do, ma drizzandosi con dei gesti di rivolta ,•erso la bellezza e l'nrmo– nia). (< L'artistocrata è pili che anar• · chico, è l'anarchico la cui vita è un centro ,l'arte e di bellezza, una crea– zione incessante, tma perpetua fiori– lura. Si sviluppa e sviluppa gli altri. con l'esempio che egli dà di una vita superiore>). E' una torre d'avorio, si dirà. No, l'artistocrata non è il pensatore inno• cuo che accelta lo stato sociale pre-– sentc. Non mendica gli applausi della Iolla ma non accetta le glorie imbecilli del nazionalismo e dell'in– ternazionalismo. Che i popoli si ri– voltino coscientemente ed egli sarà al loro fianco, ma se fosse perchè trionfino altri padroni, sotto altre insegne, non si mescolerà a queste caricature di emancipazioni sociali. Che un'idea si scontri con le azioni di un bru10, cd egli rispoud'erlt pre– sente per cli(enderla. Il che sig:nifi-

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