Volontà - anno XI - n.6 - giugno1958

unn vittimn, la sua modestin, la sua lucidità, per liberarci dalla mistifi. cazioue. Alleg ha strappato la tortu– ra alla notte che la ricopriva; avvi– ciniamoci, guardiamola alla luce. Questi carnefici, prima di tutto, che cosa sono? Dei sadici? Degli ar. cangeli irritali? Dei signori della guerra con i loro terrificanti capric– ci? A creder loro, sarebbero una mescolanza di tutto questo. :Ma Al– leg, appunto, non li crede. Quel che risulta da quanto egli ci riferisce è che essi vorrebbero convincere se stessi e convincere la vittima di una loro piena sovranità: ora come su– peruomini che tengono dei semplici uoruini in loro potere, ora come uo– mini Corti e severi, incaricati di ad. domesticare la bestia piì1 oscena, piì:1 feroce e più vile che sia, la bestia umana. S'indovina che non fanno tuttavia scelte sottili: l'essenziale è for sentire al prigioniero che non è della loro razza: lo si spoglia, lo si imbavaglia, lo si beffeggia. Intanto dei soldati vanno e vengono, pronun– ciando insulti e minacce con una disinvoltura che vorrebbe apparire terribile. Ma Alleg, nudo, tremante di fred– do, legato a una tavola ancor nera e viscida di vecchi vomiti, riduce tutte queste manovre alla loro mi– serabile verità: sono commedie re• citate da imbecilli. Commedia, la violenza fascista delle loro parole, e il giuramento di « buttare all'aria la Repubblica >>. Commedia, il di– scorso dell'aiutante di campo del ge• nerale M., che termina con queste parole: « Non vi resta più che sui• cidarvi ». Commedie grossolane, sempre quelle, che ricominciano senza convinzione Ogni notte, per ogni prigioniero, e che poi si smet– tono per mancanza di tempo. Perchè questi orribiH lavoratori sono so– vraccarichi di lavoro e di fatica: i prigionieri fanno la coda davanti al– la tavola del supplizio, si legano, si portano in giro le vittime da una ca• mera di tortura all'altra. A guardare con gli occhi di Alleg questo im~1on– do alveare ci si accorge che gli stes– si torturalori sono soverchiali da ciò che fanno. Certo, sanno anche atteggiarsi al• la calma, bere birra, tranquilli e di– stesi, accanto a un corpo martirizza– to, e poi d'un tratto balzano in pie– di, corrono dappertutto, bestem– miano e urlano di rabbia: dei nevro– tici che sarebbero delle vittime ec– cellenti, e alla prima sferzata confes. serebbero. Malvagi, rabbiosi, certo. Sadici? No, nemmeno sadici: hanno troppa fretta. t quel che li salva, del resto: resistono grazie alla velocità acqui. stata; debbono correre senza requie o crollare. Eppure amano il lavoro ben fat– to; se lo giuclicano necessario, spin– gono la coscienza profossionale fino ad uccidere. Ed ecco quel che col pisce, nella narrazione di Alleg: die– tro questi chirurghi squallidi e sgc, menti senti una inflessibilità che li supera, loro e i loro capi. Sarebbe troppa fortuna, se questl delitti fossero l'opera di un pugno cli pazzi. In verità è la tortura, che fa i carnefici. Dopo lutto, questi soldati non si erano arruolati in un corpo scelto per martirizzare il ne• mieo vinto. Alleg in pochi tratti, ci descrive queJli che ha conosciulo, e qnesto basta a segnare le tappe della meta– morfosi. Ci sono i più giovani, sbi- 307

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