Volontà - anno XI - n.6 - giugno1958

LA TORTURA Q uindici giorni fn, presso le Editions de Minuit, usciva un libro: La tortura. Il suo autore, Henri AIJeg, tuttora detenuto in una prigione di Algeri, racconta senza commenti inutili, con precisione ammirevole, « interrogatori >> che ha subito. I carnefici, come gli aveva– no promesso, lo hanno <<curato>>: « telefono da campo », supplizio dell'acqua come al tempo d'ella Brin– villiers, ma coi perfozionamcnti tec– nici del tempo nostro, supplizio del Cuoco, della scie, eccetera. E' un li– bro che sconsigliamo alle anime te– nere. La prima edizione, ventimila copie, è esaurita; e malgrado si sia provveduto in tutta fretta a una ri– stampa, non si riesce a soddisfare la richiesta del pubblico. Ci sono librai che ne vendono da cinquanta a cen– tocinquanta copie al giorno. Finora, solo qualche richiamato alle armi e soprattutto qualche sa– cerdote avevano osato portare testi– monianze. Avevano vissuto in mezzo ai torturatori, loro e nostri fratelli. Delle vittime, per lo più non cono– $Cevano che le urla, le ferite, le sof– ferenze; additavano i segni d'el sadi– smo su brandelli di carne. l\fa che cosa ci distingueva da quei sadici? Nulla, dal momento che tacevamo. La nostra indignazione poteva anche parerci sincera: ma avremmo sapu– to provarla vivendo laggiù, o non ci saremmo piuttosto abbandonati a una cupa rassegnazione, a un uni- 306 ,•ersale disgusto? Per mio conto, leg– gevo talvolta per dovere e magari pubblicavo, ma detestandomi, quei racconti, che ci mettevano spietata– mente in causa, e che non ci lascia– vano speranza. Con La tortura, tutto cambia. Al– leg ci risparmia vergogna e dispera– zione, perchè è una vittima e ha ,< vinto » la tortura. C'è un certo si– nistro umorismo, in questo rovescia- 1.neutodi posizioni; lo hanno marti– rizzato in nome nostro e noi, grazie a lui, ritroviamo un poco della no– stra fierezza: siamo fieri che sia un francese. I lettori si incarnano in lui co11passione, l'accompagnano si– no al passo estremo della sofferenza. Con lui, soli e nudi, lottano e resisto– no. Sarebbero quesli lellori, sarem– mo noi capaci davvero di tanto? Questo è un altro affare. Quello che conta, è che la vittima ci libera fa– cendoci scoprire, come lo scopre lei stessa, che abbiamo la possibilità e il dovere di tutto sopportare. Eravamo come affascinati dalla vertigine dell'inumano, ma basta un uomo duro e ostinato - ostinato nel suo mestiere d'uomo - a straJ>parci all'incantesimo: la «tortura» non è nulla di inumano; è solo UD cri– mine ignobile e lurid'o, commesso da uomini contro altri uomini, e che altri uomini ancora possono e deb– bono reprimere. L'inumano non esi– ste, se non negli incubi generati dal– la paura. Basta il calmo coraggio di

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