Volontà - anno XI - n.2-3 - febbraio-marzo 1958

nequizie sociali? Seguace di Gan– dhi, Vinoba è conlro la violenza, ma poichè combatte contro il male di– verso da quello (la dominazione s1raniera) contro cui insorse Gandhi, la strategia di Vinoba è diversa. Egli vuole arrivare alla non-violenza nt• traverso la pratica del dono e non viceversa; non predica la non-vio– lenza perchè ne scaturisca una vo– lontìt di dono. È convinzione profonda delle mas.– sr indiane e dei suoi individui so• dalmcutc ispirati di maggior rilievo, che la violenza sempre e di necessità f)roduce lo sfruttamento. Come ce lo spiega pianamente uno di loro (Jai– l)rakash Narnin): « Anche in Russia esisrono differenze; i meglio pagati guadagnano quaranta volte di pii, dei meno pagati. li livello di vita dei burocratici è molto allo; cosi che lo srruttamento in Rmsia è ben lun. gi dall'essere estinto. Siccome s'im– po.ssessnrono del potere colla vio– lenza, colla violenza decidono di ri– par1ire i !rutti del lavoro che do– vrebbero toccare a ciascuno». Lo stesso autore definisce lo s(ruttamen. lo << i I negare a un uomo uno dei suoi diritti>). « Un diritto,» precisn R. n. Diwakar, « può essere eserci– lato solo nei riguardi di qualcuno t°llc ha l'obbligo di rispeuarlo, di proteggerlo e di far si che sin eser– cilalo senza nessuno impedimcnlo. Ed an•·ora: « Ogni sfruttamento si– gnifica approfillare della propria forza coll'intenzione di ottenere Cftmlrhe vantaggio per si> o per il proprio gru1lJl0 >J. Tanlo Jai1)rakash Nnrain quanto R. R. Oiwnknr appartengono al mo. vimento Sarvodoya che è quello che maggior appoggio ha dato a Vino- 112 ba ed alle cui wnfcrenze Vinoba stesso prende parte. Esso Cu fondato nell'aprile 1948 da alcuni discepoli di Gandhi, immediatamente dopo la morte di questi. « Sarvodaya >>, ce lo dice chiaro C. Rajagopalacia– riar, « non è nè un'istituzione nè un'organizzazione. Non può avere nè presidente, nè segretario, nè co– mitato ... Sarvodaya è un modo di vivere la vita ». « Sarvodaya » si. gnifica « il bene totale di tutti sen– za eccezione». Non escludendo nes– suno, ma includendo tutti, afferma che pnre l'uomo più ht6mo e mal– rngio hu diritto ai beni del \'ivere sociale. Si propone di iniziare e quindi di stabilire su solide basi u• na società senzo classi e senza casle cou metodi Ùi verità e s.enza violen– za. 11 suo motto non è solo « vivi e la.scia \'ivcre », mn « vivi ed aiuta a vivere ». Si oppone in particolare a « Poui Udaya », cioè quel sistema ccc-itlentale che non solo permette, ma predica ed iucornggia l'ascende– re j gradini della scala sociale in uno spirito di concorrenza e di conflitto. Si presenta come il rifugio di tutti i deboli e di tutti gli oppressi. Si dirjg~ quindi ai membri più Corti e fortunati della societì1 perchè dian i,ro\'a di rispetto, d'amore e di sim. patin pei meno forti e meno fortu• nati. Ma se i forti e i fortunati si rifiutano di dar questa prova, « al– lora :,, 1 dicono i membri di Sarvo– daya, facendo loro le parole di Gan– dhi, « uoi prepareremo i poveri e domanderemo loro di non parteci– pare all'opera di sfruuamcnto di cui ~ona vittime ». Ai lettori di giudirarc se il mo– \'Ìmento Sarvodnya, di cui Blmdan

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