Volontà - anno XI - n.2-3 - febbraio-marzo 1958

,,oratori della colleuivili1 non era pagalo in denaro, ma riceveva la sua <1uola di cibo e di \'CSlÌli dal fondo comune. Alcuni giorni prima un giovnno110 s'era asscnlato dal lavo. ro. Non nvcva scarpe, disse quando lo inlcrrognrono, e 1a comunità al– lol'll gliene forni un paio. Ma non si presentò al lavoro neppure il gior- 110 seguente. Gli si tagliarono i vi-; ,,eri e non passò tW altro giorno che era già al suo posto cogli altri ». Se Viuobn fosse stato presente, forse rasscmblea anebbc deciso al– lrirncnli. .l1a questa è appunto una tlcllc caratteristiche <lei metodo di Viuoba, di non imporre ogli altri il pro1>rio volere e le proprie soluzio– ni. Egli dice che i villaggi si devono orgunizznrc su base comunalista per lrnttnre dei propri affari, 111n lascia l·he ogni villaggio li traili poi come meglio gli pare. Come ispira quelli che l"ascoha. no, cosi egli s'ispira alle azioni lo– ro. L'idea del villaggio comunitario o Gramadnn sorse dai fotti pili che dalla mente come conseguenza natu– rale d'un·avanzata applicazione del principio del dono della terr11 o 13hudan. Lo stesso dicasi di tulti gli nitri « dnn )l, <1uali il <l sampalhi– dan » o dono di denaro. che attual– mente Vinoba non considera molto importnnle, cd il « sluamdan » o do- 110 di lavoro, su cui invece insiste pel suo valore morale. perchè le masse diJieredate non siano pronte solnmente a ricevere, mn pure a do– nare. Quello di Vinoba è certamente un movimento religioso, ma non nel senso d'essere legato a quesla o a qnest'ahra chiesa, si nel senso che 110 vuol legare gli uomini insieme pel compimento di un comwie destino :,pirituale. Questo destino spirituale comune chiamasi dagli indiani con voce sanscrita « Dharma ». Dharma è Ja realizza:tionc di uu'annollla so. ciale senza costrizione, mentre « A– dharma » è tutto ciò che rompe od impedisce questa armonia, e special– mente tutto ciò ch'è costrizione per– chè l'imposizione della volontà pro– pria a quella di un'altra persona non corrisponde ali' armonizzarsi di due suoni, bcusì alla soppressione d'uno di essi pcrchè doruiui l'altro. E qui non posso lare n meno di la– mentare come la nostra lingua 11011 possegga una parola che come il Dharma sanscrito od il Tao cinese esprima l'elemento positivo dell'a– narchia, o una che come Adharma esprima quell'ordine e quella retta via, quel « dover essere» che ogni cuore umano conosce inrallibilmen. te <1uando sosli a pensare e a senti– re in simpatia, senza lasciarsi con– fondere dalle pa,sione o dall'idoliz– zazione di questa o quella coutiu– geuza, quell'ordine che l'anarchico chiama il suo « ideale». Lcggesi in– fatti nell' antico Ilrihadarnnyaka Upanishad: « Dharrua è la massima· potenza; al di sopra di Dharma non c'è nulla. L'uomo pii1 debole può fnr fronte ad uno più forte eoll'aiu– lo di Dhanna, come coll'aiuto di un re. Cosl Dharma è ciò che chiamasi la verilà. Se un uoruo dichiara il ve. ro, si dice che s'esprime in lui Dhar. ma, e se dichiara il dharma. si dice che s'esprime in lui il vero. Dharma e la verità soo quindi la stessa co– sa ». E come è veritù, così Dharma è giustizia e caritì,; esso è la veritìt della giustizia e la giustizia della ve-

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