Volontà - anno X - n.5 - 1 gennaio 1957

giudicare 11equesto è bene e 11equest'altro è male? Eppure, nella vita, tuui sono giudi– ci: i fomiliari, gli amici, gli uomini più in ,,ista, la genie che 1i annoia in villcggiatu• ra, tuui tutti pretendono di giudicare il loro pro11simo. « I gilJdici pullulano, i giudici di tutte le razze, quelli del Cri.Alo e quelli dell'Anti– Cri.sto d1e ,0110, infine, gli ste.s.si riconci– liati nello &e0n/or10 ... Siamo tutti giudici, tuui colpevoli gli uni di Jro111eagli ollri, luUi criui alla no.stra callilJOmaniera, cro– ce/iui ad u110 ad uno, e .sempre scn::o &a• perlo ..• Si è perduta la luce, il mattino, la .santa innoccn:a di colui clie perdona a &e ~, c.s.so » . Anch'egli 11isenie giudicalo, mentre pri– ma pensava di essere 11oltr11110 stimato ed ammirato. A forza di frugare nella 1111nmcmorin ca11iscoche la modestia l'aiutava a brillore, l'umiltà a vùicerc e la virtù Ofl opprimere. Cli è i1111op11ortnbilo 11c11tirili orn giudica– to. cs11erc tolto dal quel piedi111allo1111 cui egli 11teuo si era messo. Scompare perciò dal 9uo ambiente, dalla sua città e viene ad Amsrcrd:im e, qui, nel locale do,•e l'abbia– mo trovato c~rcita la strana professione di giudice-penitente con i clienti che egli 11a abilmenle allirare. A ciascuno di e11i fa una lung:i confo111ionedella sua vita, delle sue colpe « Ma ouen::ione ... lo mescolo ciò che mi riguardo e ciò che riguarda gli altri. Prendo i lralti conumi, le esperienze che in.sieme abbiamo ,oOcrto, le debole::e che ci .sono comut1i, il lono a0obilc • infine, di,•enta l'uomo comune quello che si ri– trova in lulli e « fabbrica un ritratto cl1e è quello di lutti e di 11cuuno •· Quand'egli ha finito la re.:1uisitoria con– lro se stesso e presenta a cl,1i l'ascoha il proprio ritr:1110, <ruesto è uno specchio i.n cui ciascuno ricOnoscc se stesso. Egli JlllÒ dire « ecco clic cosa siamo ~. ma di fronto al proprio prouiino ha ancorn una supe– rioritì1: quella di sa11ere, di poter giudicare gli nitri un'altra volta e di sonrarre se stesso :il giudizio dogli altri. Con un'altra ricetta è riuscito a sentirsi un'altra volta Dio. 11 racconto è fatto in forma di monologo, ma dà l'impressione di dialogo, tanto è vi– \'O il personaggio imaginario a cui è ri– volto (tanto ,•ivo da imaginarne le risposte e le reazioni). Non contiene nè grandi av– venimenti nè colpi di scena, ma il diKOrso è di una scioltezza e Ruidità meravigliosi per cui si legge con grande interesse. Però, il pes.simismo di cui è pervaso ral• trista e disorienta pensando che è Alberi Camus che scri,,e, cioè uno scrittore del quale sono noti l'onimismo e la fiduci11 nl'!ll'uomo. Egli riduce l'umanità ad un li• po solo di uomo e viene cHÌ a dare ra• gione ai preti, ai capi, ai politici che si affannano :i cos1i1uire dei greggi o delle ma&&e e che con la loro pro1rng:i11dnfnnno di tutto per « condizionare » !"intera uma– nità, secondo uno schema di uomo 11refnb• brjcato dnlla mente di qualche IIUJHlMIO• mo, Un'umanità del genere potrebbe ac, cettnrc dì vivere nella terribile società che G. Orwell ha descritto nel suo 1984. E' questa un;i grande pazzin. L'umnnilà è l'ìn- 11iemedi una infinita moltcJ)licità di indi• ,•idui, ognuno diverso dall'ahro ed è tanto più ricca ed umana quanto pi1ì 11cne ac• cettano le diversità, le conirnddizioni, le armonie, gli 11quil.ibri, le debolezze e le virtù di ognuno. Impossibile po1er conte• nere queste immense diversità con propa• gande o apparati li,·ella1ori. Anche quando pare che questi mezzi ,•i rie,;cano, le forze nascoste, gli impulsi umani la,•orano in profondità, scavano 11ottoterra e finiscono per scoppiare e rivelarsi pili vi,•i C'.'he mai. E se è vero che frugando one11amente in noi stessi (anche coloro che si credono i migliori) troviamo disarmonie, debolezze, vanità, egoiiimi e tante altro cose poco bel– le, è 1mr ahrettanto vero che vi 110110 IIAti, vi sono e vi snrnnno sempre (fortunata• mcn1c) uomini che 11cmrnessere perfeui, chè la pcrfel'lione non esiste, cercano di vivere il J)ill J)Ossibile in armonia con l'o– rien1amcnto di vi1a che 11i110110 dn1i e con le idee o i princi11i che hanno Jibcrruncnto accettate. A. Camus è convinto, J)iù di noi, di <1ue– s10, per cui pensiamo che abbia ceduto ad un momento di pessimismo ,;crivendo que- 285

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