Volontà - anno X - n.5 - 1 gennaio 1957

problemi nazionali venisse elargita, ancora una volta, dall'esterno. In Polonia l'idea socialista è uscita dalla prova rafforzata e rinvigorita, in Ungheria ne è uscita diminuita e compromessa. Comunque, un popolo che si leva a combattere con l'eroismo con cui ha combattuto il popolo ungherese merita il rispetto e l'ammirazione del mondo. Ogni insinuazione, ogni tentativo di speculazione sono atti di di– sonestà politica e morale. E' vano addossare ai Rakosi e ai Gcroe la re– sponsabilità di ciò che è avvenutO. Rakosi è stato uno dei più alti espo– nenti del movimento comunista internazionale, uno degli esecutori più fe– deli della politica moscovita. Geroe è $lato il suo più diretto collaboratore ed interprete. Come non si può parlare soltanto di « culto della persona– lità >> per spiegare ciò che è avvenuto durante la diuatura di Stalin ma bensì di difetti intrinseci del sistema, così, a proposito dei tragici avve– vcnimenti di Ungheria, non si può parlare di errori di questo o <1neldiri, gente ma della responsabilità piena e<l assoluta di tutto il partito, di tutta la classe dirigente. La veri.tà è che, ancora una volta, gli interessi nazio– nali ungheresi erano io contraslo con gli interessi sovietici. Rakos.i e Ge– roe, come piìi tardi Jo stesso Kadar, hnnno avuto il torto di preierire que– sti a quelli. La rapidità, l'ampiezza e l'unanimità della rivolta mostrano chiara– mente che ad insorgere è stato tutto il popolo (uomini e donne, intellet– tuali e operai, studenti ed artigiani, soldati e contadini) e che in tma si– tm1zione terribile, spaventosa, senza speranza di riuscita, senza via di sal– vczzn. tutto il popolo ha voluto scuotere il giogo che era diventato inso– stenibile. Che vi siano stati sobillatori e provocatori e si siano verificati eccessi deplore,•olt, che vi siano state vittime innocenti della rapprcsa– ;.rlia e del furore popolare, possiamo ammetterlo senz'altro. Fenomeni de· linquenziali si sono accompagnati sempre agli sconvolgimenti dell'ordine sociale. Ma è certo pure che l'oggetto principale dell'ira popolare sono stati gli agenti della polizia segreta che, riconosciuti dalle loro viuime o, peggio ancora, dalle madri, dalle mogli, dai figli di coloro che avevano seviziati ed assassinati, hrumo pagato con la vita la raffinnta crudeltà con la quale avevano esercitato il loro iniame mestiere sotto l'odiato regime di Rakosi. Anticomunisrno? Non è questo il problema. li problema è che nè il conrnnismo nè qualsivoglia altra forma di reggimento politico può essere imposta permanentemente con la forza delle baionette, con lo spio– naggio, con il Lerrore poliziesco. La libertà conculcata, la nazionalità op– pressa, i1 lavoro ridotto alla prestazione obbligatoria de1lo schiavo, la giu– sta mercede negata, la fame insoddisfatta, l'arbitrio legalizzato, non sono il comunismo, non hanno nulla a che (are con esso. Non si può identificare col comunismo quello che era soltanto malgoverno, non si può contrab– bandare sollo la parola mitica cli « comunismo » ciò che era soltanto abuso e terrore e che si deve chiamare soltanto abuso e terrore. Se dopo d'ieci anni di « democrazia popolare )> il popolo ungherese si è sollevato signi– fica che in quel sistema di ·governo vi erano molte, troppe cose che non Itmzionavano. E la Invola del « terrore bianco » a cui han fatto ricorso i 233

RkJQdWJsaXNoZXIy