Volontà - anno VIII - n.10 - 15 febbraio 1955

Ja jnibizione il valore ed il mecca– nismo della moralità? E l'inibizio– ne non è astinenza? << BiBogna eser– citare primieramente quella parie di noi stessi che obbedisce al dovere, cd è J'ascetismo che risponde a tale bisogno >>. Così il Kant. La vita morale si esplica in una continua ascesi, in un continuo eser– cizio, cioè nclJa lotta tra J'jmpulso e il dover essue morale. t natura]e, quindi, che il Paulham non esiti a scrivere che l'ascetismo non è del lutto assurdo, in quanto « una pri– vazione, una sofferenza rinforzano qualche volta lo spirito e l'armoniz– zano ». 1 E con lui è il Colozza, e la sua ade– sione è signi'fìcativa essendo egli un acuto e profondo conoscitore clell'i– nibizione e ,del suo potere educa– tivo. Il Colozza scrive: <e La parte viva dell'ascetismo sta non tanto nel– lo sforzo per dare alla volontà una certa tfisonomia, fisonomia che inve– ro non è la migliore, nè jn tutlo lo– devole ed imitabile; ma nell'aver in– sistito sull' educazione del dominio di sè, nell'aver trovati i mezzi cor– ris1,ondcnti allo scopo a cui mira– va. Il regim,e11,animarum degli asce– ti può, anzi deve cambiare di fina– Jità ultima; però ha da rimanere co– me processo, se interessa la forma– zione della parte migliore delrani– mo umano». E conclude, parafra. sando 1a ch"iusa del libro del Chiap– pelli su Il socialismo e il pensiero moderno: « devesi gettare l'oro sma. g]iante degl'ideali moderni nelle for– me antiche e severe d.ell'ascetismo: è questa la missione educativa dei nuovi t~mpi n. 2 Ma non è sull'autorità dei nomi e 1 Les caractères, pp. 34,35. 2 Dd polere ,l"inibhione, pag. 59. 576 delle citazioni pii1 o meno signi.1ìca– tive che bisogna poggiare la nostra tesi. Veniamo, quindi, acl esaminare il valore formativo dell'ascetismo, fissando quali forme e metodi siano accettabili e !J:Uali no, e giustifican– do via vfa la nostra scelta. Il Dugas, critica l'ascetismo rispel. Lo alla formazione del volere, in quanto l'asceta semplifica i bisogni, quindi restringe la propria attività. Gli asceti sono i virtuosi della vo– lontà, la Joro attività va « a battere vanamente le ali, senza cambiar po– sto, jn uno spazio vuoto, o popolato soltanto di chimere».' Lo James, al contrario, riconosce all'ascetismo il valore dello sforzo moraJe, e dice che, secondo gli asceti, jJ male del mond.o doveva essere affrou lato e vinto « per mezzo di un appello alle risorse eroiche dell' .anima, e neu– tralizzato ed idealizzato dalle soffe– renze»:' li Dugas rileva soltanto il lato negativo del1' ascetismo, mentre che lo James riconosce il lato positi– vo. Questi due lati si riscontrano pa– ralleli. e talvolta intersecantisi, in tutta Ja storia dell'ascetismo. Nel buddismo peraurano le prati– che negativamente ascetiche del cul– lo brahminico, eppure nell'asceti– smo buddista è vivo il concetto del– l'autarchia. Gotamo Buddho diceva all'uomo: « Tu stesso sei che fai ma– le, tu stesso sei che perciò soffri; per proprio sforzo ti acquisti il mf'– rito, per proprio sforzo ti scarichi di colpe; colpevolezza come santitìt dipendono dal tuo prop·rio agire~ nessuno può redimere un altro ». F. nei ,suoi discorsi vj è, insistente, l'in– vito all'affermazione volontarista. Se il buddhismo assume un aspetto ne. 3.Educatìon du caraclère, pag. 238. 4 La coscien:11 reli'giosa, pag. 315.

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