Volontà - anno VIII - n.10 - 15 febbraio 1955

gativamente ascetico ciò si deve al clima, all'ambiente. 11 monachismo cristiano deH'Oricnte s.i doveva, in– fatti, differenziare mollissimo da quello occidentale: col quale aveva pure comuni ]e origini. Anche nell'ascetismo greco si ri– scontra il dualismo in c1uestione. Lo stoico Eppiteto considera la repres– sione di ogni desiderio e di ogni avversione per le cose esteriori co– me il mezzo per essere libero nella !)iena autarchia, 1 Lo s1oico consiglia: substine et ab– stine, in quanto al sopportarC' C' l'a– stenersi rende padroni di sè, ma non giunge alle esagerazioni, alle fìtranezze del cinieo. Non si rotola nella sabbia ardente nel colmo del. l'estate nè comprime il corpo sulle fredde statue in pieno jnvemo, nè vive in una botte come Diogene. Pii'1 fhe al modus vivendi esteriore lo stoico di, valore alla IHOpria ·inte– riorità, e non soffoca i bisogni con mezzi esterni ma con uno sforzo in– timo domina le cattive passioni. Nei Pitagorici l'ascetismo cinico e quello stoico convergono. L'ammis– sione in quella corporazione scien– tifica era condizionata a prove rigo– rose e all'osserv.anza del silenzio per parecchi anni. Tra le pratiche più raccomandate dal catechismo pitagorico figura l'a– stinenza nei cibi e nella vita sessua– le e il pitagorico doveva sop1)ortare la sozzura, gli insetti, il freddo, ecc., doveva ancl1e vincere la sensuali1à. la superbia e l'avarizia. La rinun– cia alJc cose utili, necessarie, era considerata come UJt allena1l1cnto per la conqulsta delle virtù moraJi. Nei Pi1agorici Ja rinuncia mira, dun– que, non all'annientamento, ma al poteuziamenlo delle energie psichi- che. Secondo la filosofia giudaico– alessaudrina, e, pili precisamente, secondo Filone ebreo, lo sforzo re– sta sempre la radice fondamentale cli ogni bene, e nella capacità di sforzarsi e di mortificarsi si ravvisa il valore delJ'uomo. Nel misticismo cristiano, filiazione del precedente, la valutazione e la praLica delJo sfor– zo acquista caratteri ancor pili spic– catamente ascetici. In che senso? I mitarc Cristo vale sforzarsi di svellere dalla propria anima l'amo– re per le cose terrestri, per po1er rivolgere tutto il proprio spirito alle cose celesti. L'asce1a si sforza di far– ,'ii pusillo, se non giulfore di Dio, co– me Jacopone d11 Todj. Si disprezza, si insulta, si mortifica materialmen– te e moralmente, come se per rwvi. cinarsi al cielo, fosse necessarfo mo– rire lentamente. È un suicidio mi– stico, -in cui l'asceta s1)egne le luci del suo spirito per lasciare che la luce divina si espanda, incontrastata. Questo è l'ascetismo tipico, specie ne] mondo orien1ale. Ascetismo con– templativo, pa.ssivo; statico ed esta– tico. Che più che a1la fortezza e alla rinuncia mira all'accrescimento vo– lontario della somma di dolor"i. L'a– sceta di questo tipo più che un atle– ta de1la virtl1 è un limatore della propria volon1ì1. Quando l'introSJlCZione rivela al– cuni impulsi da domare e questi im– pulsi si dominano considerandoli a sè, come peccaminosi, abbiamo 1o af. fermarsi della \•oJootà, come purifi– cazione. Ma quando la volontà di vi~ ta è considerata globUlmente come un male in <1uanto contiene, poten– zialmente, infinite possibilità di pec– cato, gli esercizi spirituali diventa– no una tecoicu atta a spegnere la individualità come totalità di modi 577

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