Volontà - anno VIII - n.8 - 15 dicembre 1954

di contribuire a sfasciare quel pò cl1e, nonostante tutte le forze ester– ne contrarie, sussiste ancora dell'o– riginario nucleo familiare. Quando nel 1950, in un temporaneo esperi– mento individuale di scuola attiva, mi vedevo una bimbetta eludere la vigilanza dei genitori (che me l'ave– vano sotlralta per fannL.ismo politi– co) per tornare a far parte de.Unmia J>iccola scuola, mi chiedevo col cuo– re stretto cosa avrei potuto fare per eliminare quel dissidio nella mia al– lieva; e il problema rimane insoluto fmchè non si abbia di esso una vi– sione più ampia in senso sociale. Se, infatti « riformare 1a scuola signifi– ca anzitutto riaffiatarla con la vita », il primo aspetto di questa vita con cui ci si vuol affiatare è In famiglia: donde la richiesta di coUaborazione dei familiari. Ma quando <JUCstisi mostrano tetragoni a.Ila notra idea (come dalle esperienze della stessa scuola auiva di Firenze) ed i bimbi sono tro1>popiccoli per fare una scel– ta cosciente, attirarli a noi sarebbe un disamorarli alla famiglia, un di- 11illuderli 1111 qualcosa che per loro è moho importante anche per gli o– rientamenti psichici di domani; e d'ahronde non potremmo convincer– li a rispettare un ambiente e una concezione di vita che noi abbiamo svalutato in senso etico. Forse per queste considerazioni, per ]a neces– sità di superare questo punto morto dal problema strettamente didattico io mi sono orientata sempre più ver– &o una più larga sfera pedagogica, cioè quella sociale; come penso sia– no indotti a fare i più radicali edu– catori. La &euola attiva di Firenze pro– pugna Ja libertà ed autonomia del discepolo, « l'incoparabilc valore co- 440 $lruttivo delle forme $ponloncc di collabora:;io11e fra condUCepoli »; e contro il vuoto verbalismo della scuo– Ja tradizionale tulta intenta ad im– bottire di cognizioni spesso sterili perchè non date come stimolo del– l'esperienza, essa concentra l'atlen– zione sulJa formazione del carattere e dcUa J>ersoualità. Ma chissù pcrcli.è, 1mr con una così chiara visione del problema, a un certo 1mnto della sua relazione il Prof. Codignola si aggancia ancora alla società tradizio– nale a proposito dell'autogoven10, considerando assurda prelesa quella di abolire o attenuare l'autorità nel– la scuola. Che questa prelesa (io di– rci piuttosto esigenza) non sia per niente assurda, io non cercherò d.i dimostrarlo con una dissertazione teorica; ma, proprio sul terreno del– l'esperienza di cui la scuola atti,•a di Firenze segue i suggerimenti, ac– cennerò ad una mia scoperta in que– sto senso. Dico scoperta perchè si tratta di una mia esperienza condolla senza intenzione di dimostrare al– cunchè. Appartiene al mio primo anno cli insegnamento al liceo classico « Um– berto I » di Ragusa per la cattedra <)i storia e filosofia ('44 • '45). Nata e cresciuta sotto il fascismo, ]a testa imbottita di. tanta dottrina. che la du– ra esperienza delJa guerra mi aveva dimostrato falJace, io mi presentavo con una bella laurea con lode e nel cuore tante macerfo dei vecchi idoli distrutti e nessun'altra bussola che la volontà di vivere, dì uscire dal vi. colo cieco. Mi stavano di fronte alun– ni (queJli del terzo corso, a cui limi– to questa esposizione della mia espe– rienza) che avevano press'a poco la mia età e ]a mia ateasa crisi interiore.

RkJQdWJsaXNoZXIy