Volontà - anno VI - n.5 - 31 marzo 1952

briea coi genitori, il res10 lo trattcne,·ano per le loro spese invernali f' pri– maverili. E avevano altri fratelli e sorelle che llartecipavano al lavoro. E le loro molte porzioni facevano una grossa somma. La domenica avf'vano addosso il completo, una camicia decente, un paio di scarpe. Senza 'Jue– stc cose, Cummco non potf"va partecipare ad un balletto, non poteva scen– der nemmeno al Corso ller una passeggiata. Dovf',,a vjvcrc sempre 3))!l3r• tato come suo padre, che aveva fatto il suo tempo, come migliaia di mi– serabili, sopratutto per non dar fastidio a coloro che hanno indosso qual– C'lte cosa ·e che sentono il significato della domenica. Tn altra epoca, il padre e la madre avrebbero lrovato più che giusta questa aspirazione all'abito. In quesla, la giudicarono un tradimento. E quando Gerardino portò a casa il suo abito, la camicia bianca, la cravatta. il fozzolf"tto, lutto nuovo, i suoi gli fecero festa. Ma, dopo !lochi giorni. il padre lo attaccò per la prima volta. li prossimo luglio 1950, tempo delh riaperturn df'IJe [abbriche, era lontano, e Cummeo ritornava ad essere un peso sulla famiglia. I soldi che aveva. consegnato si spezzavano come 1'· ostie, quando non bastano e i comunicandi son molti. E l'immal!inazione lormcntata di quegli indigenti ne vedeva la prossima fine. E dicevano: cr SP tu non facevi la spesa, ora c'erano ancora ventiduemila e cim1uecento lire! 1) la somma esatta che Cummeo aveva speso tra stoffa, sartoria, e<'f'. r che la madre, con tenace disperazione era riuscita a ricoslruire, doman– dando al venditore della stoffa, al sarlo, al calzolaio, al merciaio. << Con quale coraggio la domenica li vestirai pulito, sa1)cndo che hai tolto ven- 1iduemila lire di pane ai luoi fratelli!>>. « Con (1ualc coraggio 1i si ripe– teva per J!iorni Cummco con una voglia di scomparire. E in testa i pen– sieri si alzavano come caval1i e gli gridavano: « Non mi dovevo vestirt" mai? Non dovevo mai scendere nella str.;ula? Per mc solo fatica? Solo questo pane rancido? >> illuminato nella piì1 intima carnr di ragionata luce dell'ingiustizia umana. << Non mangerò la mia ()arte ll rispondeva con unn VOf'C senza significalo. <( E dove vai a mangiare? Te le mangi da solo Jt, ventiduemila lire! >1. Per questa ragione Cummeo cominciò a restar lonta~o da casa dalle selle aHa sera tardi. Ma per restar fuori casa, che significa anche lontano da Pietraccetta, il suo vicolo, che è tutta una cnsa, doveva scendere al Cor.;;o, come si dice a Nofi, al Caffè <lei Sud, tra gli altri branchi c branchi di rlisoccupati, i quali, alle sette del mattino, già occupano al complelo i tavolini del suddetto Caffè. Si era ridotto a questo dopo di aver Caua do– manda d'arruolamento nei Carabinieri, nella P.S., nella G. di F., nella Marina, nell'A\'iazione. Non ci arrivava col f)ello. Gli disse il capitano medico: << Sei ben fnt10. Ma ci \'ùrrcbbc un ahro centimetro di carne. Ar– rosto, uova sbauute, giovanotto ii. TenlÒ di entrnre nel Coq,o delle Guar– die Municipali. Lo trovarono debole di vista. Che gli restava? Una spe– ranza lontana: la riapertura delle Cabbriche; una sistemazione presenti': il Caffè del Sud! Vi arrivava lutle le mattine verso le otto, con un passo s.velto, come l'uomo chC' .;;i rP(·a al lnvoro. SPmhra\'a un giovanotlo, eh{' stia faef"ndo il 285

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