Volontà - anno VI - n.4 - 29 febbraio 1952

non fossero 1egali all' esistenza ben materiale e distinta d' un organismo umano - come se non avessero per sede e per soggetto-oggetto l'individua– lità vivente: questa unione intima della mente con :il coq}o d1e è scio– glibile so1o con la morte. Qualche volta questa gente attribuisce (e cade nel feticismo) a delle cose inerte, a questi quadri puramenle materiali, tanto il <li,wmismo quanto la creazione di forme da cui deriva la nostra esistenza: jn modo che l'at– tività del meccanico, per esempio, essi Ja spiegano con la presenza della macchina e non la presenza della macchina con l'auività del meccanico. Nel loro linguaggio pare che l'utensile modelli lo scultore. In questo modo danno u.na vita a dei corpi senza. anima, ~ si llotrebbe c1uasi dire che pre– stano loro la propria anima, per non essere piì1 che dei corpi. Altre volte ragionano su delle anime senzn corpo, parlando del Partito o del Sindacato, della Nazione, dcJla Società, delJo Stato, del Popolo, del Proletariato, del– l'Umanità - e cl'ahri fattori astratti della vita sociale ai quali il linguag– gio accorda dei nomi - come se si trattasse di organismi esistenti e pal– pabili, che vivono muoiono pensano e vogliono come fanno Pietro, Paolo o Giacomo. È così che, prigionieri di questa curiosa mitologia, sostitui– scono Dio il DiavoJo Cr"isto la Vergine ed i Santi con degli idoli collet– tivi altrettanto imaginari; -ai quali essi attribuiscono tullo il bene e tutto il male che accade nell'universo. A queste « ani,ne senza corpo >> essi giungono a prestare docilmente il loro corpo, per non essere altro che ani– me in vacanza. E siccome il loro universo risulta così composto di corpi senza anime e di anime senza corpo, di materict da una parie e dall'altra d'emit.à dialett.iche o st.oriche, cntuni tra essi chiamano la loro religione <( materialismo storico >> o << materinl.ismo dialel.tico )). Ora questa concezione mistificatrice ha delle conseguenze reali; essa ha anche delle cause reali; perchè è ccvero » che il manovale specializ– zato è, in un certo senso, fo sb'wnento della sua macchina meutre dovr~b– be essere 1a macchina il suo strumenlo; che lo Stato si senve degli tn• dividui e li macina come se reahnente ]o Stato fosse un essere ,,ivente e gli uomini della materia inerte. Ma, a parte che questo non è che un aspetto frammentario della realtà., è un aspellc> che bisogna far scomparire e non perpetuare con una mistica. Da cui ]a necessità di criticare questa conce– zione, e cli mostrare, per esempio, che il vero fattore responsabUe nel caso dell'oppressione eia parte della macchina, è l'operaio che accetta d'essere inchiodato alla macchina come se fosse una ruota cH carue; che nel caso dell'oppressione dello Stato, la e< senitll volontaria i> degli individui che si sono lasciati assorbire da esso costituisce la grande causa umana dell'e– sistenza stessa dello Stato. A1lora la soluzione è chiar.a: che l'operaio si ribelli contro il lavoro indegno che Jo abbassa al livol1o delle cose, che chi è soggetto ai JX)· teri sociali assuma lui stesso le sue responsabilità, e la fatalità del si– stema sarà rotta al punto stesso dove può esser1o. Rotta essa lo è di gia, dal momento che iJ.1ten 1 iene la critica, con il risveglio della coscienza ad- 193

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