Volontà - anno IV - n.1 - 15 luglio 1949

«pensatori'», ferrali d.idee sublimi. lo tutti accetto come miei compa– gni di strada, anche il povero uomo che tira il carro e par senza idee, anche la povera donna schi:wa del– la famiglia che par non s'occupi di null'altro al mondo, anche la prosti– tuta il ladro l'ubriacone. Credere in lutti loro è l'unico modo ch'io ho di credere in me: che mi riconosco non migliore di nessuno. Queslo « popolo» comprende la gran parte degli uomini che lavo– rano per vi,•ere, che cercano per– petuamente un poco piit di liber– tà senza perciò inclinare a divcni. re padroni o comandanti, che ccr– ("ano perpetuamente un poco t>il, di benessere ma non aspirano a cli– ,·enire ricchi o briganti. Non v'è possibilità di dubbi, nonostante le mille distinzioni sottili che posson fare i mercanti d'idee. Non bo biso• gno di analizzare le parole d'uno o d'un gruppo per capire se sta con noi o dall 'nlt.ra pane (la parte dei padroni dei comandanti dei ricchi dei briganti, e di ehi vorrebbe es• scrio). Mi basta vedere le sue azio– ni, se sfugge alJa sua parte di la– \'Oro, se cerca di fare il capoccia, se prende arie da superiore. è mi ser– \'e, d'altra parte, chiedere la fede religios:1 o l'opinione politica di nes– suno per sentirlo tra la mia gente. Anche se hanno - quando le han– no - idee diverse da quelle ch'io 1·erco di ca,·are dalla .mia esperien– za, mi restano vicini, ragiono con loro, a1>erto ad essere persuaso, lie– to di persuadere - quando accade. In una perenne atmosfera di reci– proca libcrtà 1 senza ch'io mi costi• tuisca mai in « pii1 esperto >> solo perchè ho letto più libri od ho co- nosciute più persone. E se iu su– perficie app::.re che la « mia gente» sia tah,oha diversa da questa !Jnma– gine mia di loro, io intendo che le necessità del soprawivere li costrin– gono talvolta a farsi un abito mime– tizzante, che non li esponga troppo alle rappresaglie dei padroni. lo.lo so, tutto questo, senza bisogno nè desiderio di illustri pcusamenti e di profonde ricerche d'archivio, per– chè tra. questa mia gente vi,•o, gior• no dopo giorno, oggi come ieri, do– mani come oggi e li amo e li rispetto così. Appunlo perciò mi rifiuto a pren– dere per sede della mia azione so– ciale una supposta « classe » la cui unica realtà sta nell'essere·- come mito - lo sgabello di élites <l'iJeo– logi cl,e han bisoguo d'un esercito nel <1uale assumere la funzione di generali a cui si sentono irrcsistibil– ntente trascinali. L'esperienza del battersi per una tale supposta « clas– se » è già compiuta: si chiama mar– ::ci.smo, ed i suoi visi attuali sono S1alin cd Attlee - meglio, i padro– ni raggruppali attorno a Stalin e ad Attlce. Vedo che per accettare la classe· dovrei :1ccettare che qualcuno,. e magari io stesso con loro, ne im– bastisse un'immagine attiva: ciò che si cl1iama « costruire l'ideologia del– le classe operaia», senza accorgeNi che se la classe operaia esistesse da,•– vero in quanto insieme d'uomini e donne solidali in un orientamento pratico determinato, non avrebbe bi– sogno dei fabbricanti di ideologie. li fatto che sorgano i fabbricanti di· ideologie - l\farx, Lenin, ad es. - significa semplicemente che alcuni non-operai si pongono (in buona fede, credendo di far bene, imma-

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