Volontà - anno IV - n.1 - 15 luglio 1949

gino) a pensare che cosa gli operai dovrebbero fare perchè la loro a– zione sociale corrispondesse a quella che, negli schemi ideologici d'ei det– li non-operai, pare la strada verso la loro liberazione. E con <1uesta prima mossa essi si costituiscono, magari senza saperlo e sen~a voler– lo, in ccsuperiori », si separano dal popolo, pongono la fondazione di una nuova élite, fanno il primo pas• so sulla strada da cui nasceranno in futuro nuovi padroni (e non è un discorso astratto: l'esperienza russa, quella almeno, è chiarissima ncll'in• dicare questo processo). · È <1uesto il pericolo eh 'io vedo. Il pericolo che, ripetendo anche noi la terminologia marxista, finiremo col– l'add'estrarè soltanto altri arditi per prudenti generali nemici, j generali del P. C. - i quali son maestri nel– l'utilizzare ai lor :fini anche le forze di av,•ersari candidi. Anch'io da gio– vane ho parlato assai di lolle di clas• se. .1\fa allora non sapevamo che dschi portasse con se l'uso di que– sto tennine, come potesse servire di trampolino di lancio per nuovi pa·• droni. Oggi lo sappiamo. Perchè continuare, dunque? Sopratutto, pcrchè continuare noi, anarchici? V'è Wl campo in cui. ••classe» pare abbia ancora un certo valore: il sindacalismo. Nel sindacalismo la idea di «classe», di tt lo~ta di e1as– se », è il pane quotidiano dell'agi• tazione: da una parte i ·lavoratori, dall'altra i padroni delle officine e delle terre. cParè chiaro. Eppure an• che <Jui non è semplite: chè il gio– co degli· interessi non è lineare, e di fatto sappiamo che oggi in Italia, ad es., Falto tenore di vita di rerte categorie operaie è pagato dal teno• re di \'ila miserrimo di altre cale• goric. Tuttavia, si può anche capire (anche non concordandovi) che sul circoscritto terreno delle lolle sinda– cali la noiione di « classe » abbia un certo \'alore. Ma una ,delle molte ra· gioni della nostra ·persuasione che uon si può costruire nulla di liber• tario nei sindacati, e che non giova a nulla in tal senso parlare di lotta di classe, sia appunto in questa in• discriminata classificazione unitaria dei lavoratori, in questo ridurli a truppa - ad wia truppa la cui esl· stenza è condizionata non ai suoi in– teressi interni ma agli interessi dei suoi generali. In luogo di tutto ciò io ho dinan• zi, chiarissima, la divisione tra la mia gente, che include me, e « gli altri»: gli altri che sono sopratut· lo i padroni i capi politici i preti, ma includono anche certi operai la cui segreta aspirazione è proprio quella di fare o i padroni o i politici o i preti. Perchè dunque dovrei se• guitare a ripetere discorsi di c1asse? 1 rerchè, dw1que, tra una classe che vedo soltanto nei libri ed un popo, lo che sento vÌ\'ere attorno a me e con me, dovrei n~n scegliere il po• polo? Il popo-lo, la mia gente, è in sè stesso privo di capi e di aspiranti çapi: chi si mette in atteggiamento di capo, come j capicellula dappri– ma é su su fino ai grandi gerarchi, viene subito sentilo dall'altra parte, .aspirante padrone, e solo l'abilità della propaganda organizzata riesce a sovrapporre a questa reazione ,:poutanea l'aggregarsi. passivo pro– dotto dallo spirito di gregge, per le « ,u:ioni di massa >> dei !Partiti. La classe invece è di per sè un vivaio

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