La Voce - anno II - n. 42 - 29 settembre 1910

402 Giampietro \'ieusseux, conoscitore di po– poli e di paesi, già intelligente mercante, capì bene la Toscana e le dette nel 18 2 7 il Giomalc Agrario, nel 1836 la G111'dd dell'Educatore e dette la redazione dell'uno e dell'altro quasi tutta in mano del Lam– bruschini e dei due patrizi Cosimo Ridolfi e Lapo de' Ricci. Dagli istituti agrari, dalle casse di risparmio, dalle discussioni tecniche ci s'innalza al concetto del l'insegnamento popolare, questione ardente specialmente quando fu tolta l'istruzione alle mani del clero. A Firenze si vive\"a nel passato: gli studi storici soddisfaceYano a maraviglia lo spirito di circospezione delle classi colte: mentre ci si guardava attorno, si sentiva la nostalgia della tradizione e con quel contatto ci si ele– vava. Così la capitale del granducato di,·enne un centro morale per l' ltalia, un punto di collegamento, u_na forza che an-icina e che integra le varie attività. Giampietro Viesseux e Gino Capponi crearono nel r 8.p l'organo adatto per questa collaborazione ideale, per facilitare un contatto fecondo fra eruditi e studiosi di Toscana, d-'ltalia, dell'estero. Chi andava coi piedi di piombo in politica e vedeva nella sintesi un apriorismo pericoloso non poteva davvero elevarsi a temerarie al– tezze nella storia. La superba tradizione mu– ratoriana era dunque ripresa dall'Archivio Storico lialia110 (18.p), per condurre gli studi su una via sicura, per far critica sagace, equanime, comprensiva, rintracciando cro– nache e manoscritti. In quel tempo traevasi dalla sfera ideale un quadro della nostra na– zionalità: chi ci contribuì sotto l'impulso di una fervida pas~ione evocatrice del passato; chi s11i materiali da altri raccolti esercitò la riflessione; chi inoltre attraverso all'erudizione giunse ad aver coscienza della vastità dei problemi della storia nostra; tutti poi inte– sero il rapporto intimo fra il passato e il presente e da tale consapevolezza attinsero energia di lavoro e facoltà penetrativa. Le voci degli uni e degli altri si ripercuotono a Firenze e l'Archivio Storico le riproduce nelle sue pagine. I collaboratori erano ormai ben lontani dai metodi e dal concetto della storia di Carlo Botta: sotto quel fare ora– torio, frutto dell'amore per i cinquecentisti, non si coglieva un frammento, vivamente rievocato, del pa~sato. Gli « spillatori di archivi >, disprezzati dal piemontese, avevano altre esigenze: Sallusti9 e Livio erano tra– montati. Il Manzoni aveva dato l'esempio, non accettando le storie scritte anticipando il disegno ai fatti e con spiriti preconcetti. Il romanticismo familiarizzava le menti col Medio Evo: là si cercarono le nascoste sca– turigini della nostra nazionalità. Ogni epoca porta sempre il suo contributo alla comprensione generale della storia ; nè gli elementi, nuovamente scoperti, andranno perduti mai : s'intende sempre meglio, si giunge ad avvicinamenti anteriormente tra– scurati, si aggiunge e si corregge, ecco tutto! In quel tempo s'ebbe di mira il problema dell'origine etnica della nuova Italia. A_ncorà chi studia il ~ledioevo si trova dinanzi alla questione, che è come la spina dorsale della nostra storia e deve per necessità rivolgere l'attenzione a quel crogiuolo d'elementi et– nici che fu il periodo delle dominazioni b~r– bariche e del fedualismo. - A Firenze si prese di petto la discu,sione, posta già sul tappeto da un napoletano eruditissimo, rifu– giatosi a Firenze dopo - il 2 1, Carlo Troya. e dibattuta ed apprezzata nella sua importanza dallo storico guelfo, Cesare Balbo. Come per la questione della mezzadria, giornali e rivi– ste presero parte alla disputa. li Troya era stato pessimista nelle sue conclusioni, affer– mando la schiavitù del popolo vinto sotto i Lon 0 obardi ; contro di esso reagi Gino Cap– poni, che si àssise nel giusto mezzo fra Sa· vign_r e Tro_rn; il Capei stette naturalmente con il suo maestro ideale, lo storico del di– ritto romano nel i\ledio Evo. L'esegesi critica, che allora ricercò e interpretò testi di legge e carte longobarde, e che an>icinò il diritto alla storia, in \·ista di una ricostruzione integrale, alimentò le tendenze-paesane. i\la i problemi s' incalzavano : era una ,·era e propria febbre di ricerca, un desiderio insaziabile di ritro- LA VOCE nre i filoni maestri del nostro passato : feu– dalità germanica, artigianato latino, libertà comunali, risorgimento dei Yinti, papato fe– dele alla tradizione italica e impero sosteni– tore dei diritti barbarici, tutte le questioni, intorno alle quali ancora si larnra faticosa– mente, furono agitate in quel periodo tumul– tuoso. L'Archivio Storico tien die1ro a quello sforzo d' italiani e stranieri. Anche ora in Toscana non si tracciano teorie: si lavora negli archiYi, si fa la cronaca del morimento. si prendono in considerazione le ipotesi, le nuove vedute. Così si fanno ampie rassegne alla Storia dei municipi del siciliano Emiliani– Giudici : all'opera del belga Haulleville sui Comuni lombardi, all'edizione italiana della Storia della costituzione dei municipi di Carlo Hegel. In questi libri è il tentath·o di ab– bracciare tutto lo sviluppo del popolo ita– liano dalla conquista longobarda alla piena formazione degli organismi comunali. Allora si aveya l'illusione di rintracciare il filo che riuniva i romani ai liberi cittadini del sor• gente comune di contro alla feudalità e si crede,·a di tronrne l'addentellato nelle curie romane persistite attraYerso ai tempi, conlro i sostenitori della teoria che facev. del co• mune un fatto nuo\"O. Ed ecco allora tutte le tormentose domande : qual'è la natura etnica dell'associazione comunale? Quale è il carat– tere di quelle democrazie medioevali> Come dare un'unità sintetica ad una storia che pre– senta molteplicità di centri di azioni, mesco– lanza e-sovrapposizione di razze, eterne ri– valità? Come poter tro,·are la 11a{io11e in quelle vicende? Come cogliere la genesi d'i• stituti diversi? - E la sintesi fu tentata: agli scrittori ricordati si aggiunga il demo· cratico Ferrari, che Yuole fare un quadro compiuto e intelligente delle rivoluzioni d' I– talia: mentre il reazionario guelfo di Lom· bardia, Cesare Cantù, affastella fatti su fatti, ma resta sempre al primo s1adio di un' ela– borazione storica e costruisce senza cemento una enorme muriccia. A Firenze, meglio in Toscana si prer:-d:-:va la via maestra del le ricerche sistematiche : gli archiYi, ordinati e aperti da Francesco Bonaini, dal Polidori, da Cesare Guasti, dai Milanesi, diYenivano le officine di quel ,·asto larnrio d' indagine e fra studiosi e archidsti si ebbe una feconda e familiare relazione: gli uni e gli altri si compresero a dcenda e si aiutarono. l\e può esser testimone il Givr- 11aledegli Archivi Tosc11ni. A□che Gino Cap– poni erasi messo su quella via e lo stesso facevasi altrove per opera di amici del mar– chese mecenate. Non più le pagine infuocate di un monaco cassinese di grande ingegno, l'abate Tosti, che scrisse le sue storie come proclami politici. ma ebbe anche ,·i,·a e pronta l' intuizione ; non più le preoccupa– zioni stilistiche e letterari~ del Colletta, cui l'esperienza politica fece spesso ,·eder chiaro negli a,·,·enimenti presi a narrare e cui piac- ARDENGO SOFFICI. - Il riposo dei lieoaioli. que sottoporre la sua storia al Capponi e al Giordani per una revisione. L'ampia e me· todica ricerca comincia\·a a dare i suoi splen– didi frutti. i\la in Toscana anche in questo campo non si creavano opere di vasto dise– gno, di larga veduta. Si pensi infatti ai lavori che si compievano fuori del granducato e che ancora restano in gran parte definiti,·e con– quiste. A Torino il Ricotti scrive,·a la Storia delle Co111pag11ie di !'etdura cioè delle armi italiane e l'aggruppava attorno alle Yicende delle Signorie; il Cibrario studiava la storia del suo \'ecchio Piemonte sui documenti ed allargava le inda_giui dalle finanze sabaude all'economia medioevale, precorritore con Baudi di Vesme di recenti orientamenti; il Romanin a Venezia a,·eva l'energia di nar– rare il passato della Repubblica e di illuminare accanto agli eventi politici, i nri aspetti della ,·ita sociale; Michele Amari sapeva essere storico prima di patriotta nelle sue storie della Sicilia e riusciva a raggiungere una complessa e viva rievocazione e Federigo Sclopis, altro piemontese, uomo di legge e magistrato attirn, tentaYa una storia della le– gislazione italiana. A Firenze, come si era avuJo sospetto e quasi terrore delle sette e Gino Capponi a– ,·en visto di mal'occhio le intemperanze del Kiccolini e le novità li\'ornesi, così non si arrivò a tanto e si rimase più terra terra. - Si fu più eruditi che storici ; si pubblica– rono i monumenti più insigni di storia lo– cale, come gli Statuti del Bonaini, le Rela– zioni degli Ambasciatori Veneti, le Relazioni tra Francia e Toscana del Canestrini, ma nessun' opera può paragonarsi a quelle ricor· date, attestanti un lavorio immenso d' inda– gini, uno sforzo di comprensione, un avd– cinamento felice di elementi ; quelle doti insomma che si dimostreranno chiaramente un poco dopo nella Storia di Carlo V, con la quale il De Lern mostrò di sapere tenere in pugno tutte le fila della politica e della diplomazia europea nelle lotte dinastiche del Cinquecento. A Firenze e in Toscana si resta, per dir cosi, chiusi negli archivi, curvi sui mano– scritti ; il valore grande dei monumenti del passato, che Yedono ora la luce ed hanno un interesse non locale, ma generale, sembra appagare di per sè stesso la smania indaga– trice: non occorre quasi aggiunger altro, anzi aggiunger del proprio. La filosofia della sto– ria, ~e cosi possiamo chiamarla, si riduce specialmente alle osservazioni moraleggianti, alla discussione del valore di persone e di avvenimenti dal punto di vista pratico: tut– tavia si attinge anche a Macaulay, più di tutto a Guizot e si ricorre spesso col pen– siero a i\lachiavellt e a Guicciardini. Fu edi– tore dell'opera di questi ultimi pensatori po· litici il· Barbera, che agli studi critici e sto– rici dette la preferenza. Barbera e Le Mon• nier, due ,·ere officine di strumenti di cultura, BiblotecaGino Bianco divulgano a Firenze e in Toscana, insieme con gli scrittori classki della nostra lettera– tura, le opere che il pensiero storico e po– litico aveva creato in Italia e altrove e quelle invise alla censura austriaca, pontificia e bor– bonica. Il granducato era infatti, almeno fino al 30, un « porto senza quarantena ~- A Firenze s'ebbe posteriormente un lavoro di ampio disegno: la Storia di Firm{e di Gino Capponi, scritta da galantuomo con competenza, frutto di lunghe meditazioni du– rante i tristi anni della cecità, ma anche opera da « cronista del secolo XIX ,. e quindi dimostrante lo spirito praticamente borghese, prudente, guardingo. Per battere nuove vie occorreva, come gi°à si era rotto l'involucro letterario classicheg• giante, non farsi soggiogare dalla ricerca do– cumentaria, infondere vita nuova nel mate– riale raccolto, guardare con occhio più real i– sticamente educato gli av,·enimenti umani e la vita della storia sentire dentro di sè con più largo e profondo empito. Antonio Anzilotti. CENNI BIBLIOGRAFICI Le osser\'azioni esposte sul carattere e le ten– denzt della cultura e degli studi storici in To– scana non hanno la pretesa di essere un quadro compiuto delle condizioni intellettuali del gran– ducato; ma sono tratti d'orientazione, impres– sioni generali, quali si convengono ad una in– troùuzione. Per ciò non diamo una \"era e propria biblio– grafla, che sarebbe quanto mai vasta e non ndatta al carattere e agli scopi della rivista; ma ci limitiamo a indicare le opere, che più ci sembrano degne di considerazione per coloro che \'Ogliono vi\'ere spiritualmente nel mondo dei nostri verchi padri toscani. La,·ori cl' indole generale sono la Storia dl,ile del g-rauducalo di Toscana dello Zon1 (Firenze, 1852) e RALOASSRRO~I : Leopoldo Il l' i Sl/01 tempi (Firenze, 1871). Si leggano poi : Le1G1 Rrno1.F1 : Cosimo Rido!fi e.cri' isli/11/i del suo lrmpo, Firenze, 1901 ; i\l. TA1JARR1:--;1: Ci,w Capponi i suoi le111pi 1 i suoi studi, i suoi amici Firenze, 18i9; A. REL':\IONT: Giuo Capponi e Ù suo secolo, volumi 2 (traduzione dal tedesco) ~lilano 1881 : Epistolario di C. Capponi raccolt~ da A. CARRARESI, Firenze 1884-90; G. CArro:-;1: .S'rrilli, Firenze, lk1rbera 1877; To:-.tMASEO: Di C. P. l'ieusscux e dell'a11da111c11/o della rivitlà italiana iu 11u quarto di secolo, Firenze. Galile– iana, 1869; PRL'NAS: L 1 Aulologia di C. P. Vieus– seux, Roma, 1906, (cfr. CIAN: La prima rivista italiana. ì\"uova Ant. ·, agosto 1 1906); E. i\1ASI: Fra libri e ricordi di storia, Bologna 1887; M. TADARRIXJ : I 'ile e ricordi d' Italiani 1·lluslri dd scc. )\'/_\-, Firenze, 1884; Jl/emorie inedite di G. Gtt"STI, pubbli~a_te eia I_;-. ;\IART1N1, (! \lii.mo, Tre– ,·es, 1890); 11 l:,:p,slolarro pure del Gn:sT1, del quale, com'è noto, possediamo varie edizioni e i suoi Strilli 11ari, pubblicati da A. GOTTI, f.-i. renze 1863 ; Lelkre e /Jocw11e11/i del barone Bel– lino Ricasoli, pubblicati da ì\l. T'AHARR1r-.1 e A. GOTTI, Firenze, Le ì\lonnier, r887-95; A. G10R– GETTt : /Jrez 1 i cenni sul/' Arcl,ivio Storico Jlalia110 Firenze, 1902. Estesissima t' la bibliografia ri~ guardante i ~ingoli ~tornini, che furono magna pars del mov1me11to111tellettualetoscano : riman• diamc, per indicar.ioni precise, al sempre accu– rato 11/a1111ale della !ettc,alura italiana di A. D 1 AxcoxA e O. BACC1, ,·olumi \' e \'I e alla raccolta delle conferenze tenute al Circ~lo filo– logi<:_o di Firenze dal febbraio a!Paprile del 1906. La Toscana alla fine del (11·a11ducalo, Firenze, Ra,bera, 1909. E_superfluo ~\·,·ertire che per deliberato pro– posito non abbiamo fatto cenno delle \·icendt politiche. A. A.

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