La Voce - anno II - n. 36- 18 agosto 1910

378 ;:tdesso cominciart il go\·erno dclht boq.dicsia. Sotto questo aspttto il governo deWon. Ciolitti era destinato a rappresentare 1111 momento im– portantissimo nella storia del nostro paese. « Che egli a,·csse la chiara visione del suo uflicio storico, può dubitarsi ; ma \! certo che egli sentiva di rappresentare un momento 11uo;. 1 0 nella storia d' Italia. L'on. Giolitti è stato un uomo molto discusso. In un certo senso <::gli è stato un uomo più vituperato che lodato. « Se non mi sbaglio, si tratt;:i,però ancora cli comprendere che cosa egli abbia rappresentato nella storia d'Italia. I.a circostan7.a che nessuno osa apertamente esaltarlo e anche i vituperatori sentano nella loro bocca un sapore cP ingiusti;da nel vituperio 1 è forse la più chiara prova da una parte che l'opera di Giolitti ha 1111 signifi– cato non generale, ma di ceto e di classe, e dall'altra ch'ess:1 era la manifestazione di una 11ecessitàstorica». Il. E cosi si arriva al giorno d'oggi. Che fanno più propriamente i socialisti durante tutto questo periodo? Abbiam visto Crispi e Ru· dinl, Sonnino e Giolitti, collocati a giusta distanza e giudicati con un'obbiettività che a taluno, maravigliato, sembrerà perfino be– nevolenza ; e non è; -- ma al partito so– cialista, e sopratutto ai parlamentari del so– cialismo, son riserbate le punte ilari dell'iro· nia e le saette aéerbe del sarcasmo; poichè la storia del socialismo italiano è soltanto una buffa tragicommedia ; e se non è sol– tanto commedia, ciò si deve alle chiazze di sangue che rattristano di quando in quando la scena, ed al sapore di mistificazione che la pervade tutta, riempiendo lo spettatore di disgusto. La storia del socialismo italiano si riduce a questo. Tra il '92 e il '98 c'era in Italia, intorno al governo, la pressione dei ceti in– dustriali, soprattutto lombardi, stanchi di un regime di disonesto disordine che asserviva lo Stato ad alcune cricche di privilegiati senza coscienza, e sbarrava il cammino allo sviluppo economico del paese. C'era, accanto a que– sta, la pressione delle classi lavoratrici che il socialismo incominciava ad organizzare. I ceti industriali erano rappresentati nel -Parlamento dai partiti radicale e repubblicano, le classi lavoratrici furono rappresentate dal nascente partito socialista. Tra il '98 e il '900, per un insieme di circostanze, fra il governo e l'op– posizione nazionale si venne ai ferri corti - la battaglia che ne segui ebbe il suo episodio più rumoroso nella campagna ostruzionistica. Questa campagna si chiuse con la vittoria dell'opposizione; ma chi vinse in realtà non fu l'opposizione parlamentare, bensl l'oppo• sizione nazionale, la quale aveva fatto sentire il suo ruggito mal represso; e questo aveva deciso le sorti della battaglia che si combat– teva entro Montecitorio. I deputati socialisti s'ingannarono invece gravemente: essi attri– buirono la vittoria all'opposizione parlamen– tare, ed a sè stessi. Perciò, invece di conti– nuare a farsi valere nella Camera, come espo– nenti di una forza poderosa che stava fuori, cominciarono a muoversi liberamente, quasi che la forza vera fosse in loro, imbaldanziti dall' ieri, e pieni di speranze nel domani. Quando il Ministero Zanardelli tolse di mèzzo le questioni costituzionali, i socialisti italiani cominciarono a sentirsi irresistibilmente at– tratti nell'orbita delle sinistre: < comincia~a ad apparire In loro co11sang11incitn con i vecchi progressisti italia11i. ;; Messo per questa strada, il partito socialista doveva fatalmente dege– nerare. Cessata la momentanea coincidenza fra l'opposizione socialista e l'opposizione sempli– cemente liberale, quale s'era avuta prima del 1900, il partito socialista, invece· di tornare al suo posto, mostrò col nuovo regno di pos– sedere semplicemente un'anima democratica, e di intendere ad un progresso di riforme che lasciava da parte, come ferro vecchio, il programma specificamente socialista della lotta di classe. E cosl la débauchc del socialismo italiano in breve è stata completa. Quando il gruppo parlamentare ebbe suffìicientemente affermata la propria autonomia dal proleta– riato, avvenne ciò che doveva avvenire: gli mancò alle spalle quella forza che lo aveva reso formidabile durante la campagna ostru– zionistica e che esso, grottescamente, aveva attribuita a sè stesso. li gruppo socialista co– minciò a sentirsi il « mandatario dei ristretti interessi elettorali del proprio partito». Questi interessi sono quelli degli operai privilegiati raccolti nei collegi socialisti e delle loro cooperaiive ed organizzazioni; Giolitti ha lar- LA VOCE gheggiato di favori coi rappresentanti di que– sti collegi, li ha in tal modo disinteressati dal genuino movimento socialista interessan– doli invece ad 1'!la politica cosi detta di rifor– me: una politica cioè in cui svariati gruppi di particolari, come'. industriali, impiegati (operai e politicanti), si dividono, per il tramite dello Stato, i benefici pagati dai contribuenti, so– pratutto dai contàdini del t orci e del Sud, il cui malessere non è peranco diminuito; ma non se ne sente parlare perchè i socialisti hanno ragione di star zitti. La nuova borghesia protezionista e militarista, affermatasi nella vita politica fra il '96 e il '900, è disposta a go– vernare di buon acwrdo con un simile partito socialista, - il quale peraltro mantiene il pro– prio nome, perpetua l'equivoco, ed affoga in una buffa e nauseante mistilicazione molti anni di progresso proletario. « Secondo ogni probabilita la nuova bor~hesia alleata alla democrazia e al socialismo, in pieno accordo con le alte sfere dello Stato, condurrà il paese verso una strada senza sbocchi. Jnque– sto caso l'ora delle minoranze rivoluzionarie po– trebbe tornare. Tutto sta che sappiano tener~i pronte.» lii. E certo non v'è dubbio che da un punto di vista rigorosamente socialista, il socialismo italiano merita un ben severo giudizio. Lo merita, come lo merita il socialismo francese, come lo merita probabilmente anche il socia– lismo tedesco; e il socialismo dovunque. Per– chè i movimenti proletari, hanno sublto dap– pertutto quei processi degenerativi che la cri– tica sindacalista, ed in special modo quella del Sorel, hanno posto in luce. Il sorgere stesso del sindacalismo, come scuola e partito stretta– mente attaccato al principio della lotta di classe, ed anzi inteso a procurare a quel prin– cipio una più rigida effettuazione pratica, è una riprova del degenerare del partito socialista, e del suo ridursi graduale a qualcosa di di– verso. A che cosa? La risposta a questa domanda deve essere diversa da paese a paese. Guardando le èose dal punto di vista formale, può dirsi in ge– nere che il socialismo tende a ridursi ad un semplice movimento democratico ; e più propriamente ch'esso tende a rappresentare, in una società democraticamente organizzata, le classi operaie presenti nella vita politica. Ma questa riduzione, questa degenerazione, se cosi si vuol 'dire, ha un significato ed un valore diverso in ogni paese - e le responsabilità dei diversi partiti nazionali variano col va– riare di quel significato e di quel valore. Il caso dell'Italia merita una speciale conside– razione - perchè se si guardano le cose dal punto di vista italiano, invece che dal punto di vista socialista, il giudizio del Labriola sul socialismo italiano deve essere corretto. Per intender bene come stiano le cose bisogna rifarsi un pò indietro: e cioè al pe· riodo del risorgimento nazional~. L'Italia con• temporanea - come è noto - è stata fatta da pochi, da un'aristocrazia morale la quale, con infiniti accorgimenti e con grande abilità, ha saputo metter~ a profitto una tradizione e sfruttare le circostanze. La tradizione aveva vita letteraria : e bisogna di re e11passa11t che il dispregio in cui, da alcuni decenni, si tiene in Italia la letteratura allorchè si discorre di storia e di politica; è per lo meno esa– gerato. La letteratura non tenne certo la di– rezione del nostro risorgi mento nazionale, ma conservò ed alimentò una tradizione che fu un'arma nelle mani dei nostri uoininL<l'a– zione; e questo non bisognerebbe dimenti– carlo. Le circostanze furono afferrate, quasi imprigionate, <lai genio pratico di alcuni uo– mini, sopratutto di Cavour - ma ad opera finita si vide ch'esse non erano state sem– plici occasioni, ma ch'erano diventate ele– menti costituti vi del nuovo Stato. Questo ri– sultò un compromesso fra I' ideale e le circo– stanze. Nato da uno spirito liberale e demo– cratico, giunse a costituirsi attraverso una inlinità di mezzi termini e di compromessi, sotto una monarchia militare, un pò gretta, un pò incerta fra le proprie tradizioni di– nastiche che la tenevano indietro e il destino del nuovo Stato che spingeva iI passo in avanti. La grande maggioranza degli italiani, mentre l'Italia si costituiva, dmase in casa, tutt'al più alla finestra, inèifferente, timorosa, diffidente. La classe politicamente attiva, rap- presentata da Mazzini e da Garibaldi, era 111ini– m'a minoranza di fronte a quella massa amorfa. Le classi operaie politicamente non esistevano, sebbene negli eserciti del risorgimento ci siano slati anche operai e contadini, come borghesi e aristocratici. Ora può dirsi che dalla costituzione del Regno d'Italia alla fine del regno di Umberto, il nuovo Stato sia ri– masto, quanto a fisonomia politica, su per giù allo stesso punto. Le forme e lo spirito monarchico erano sovrapposte nello Stato alle forme ed allo spirito democratico; ma fra i due clementi v'era pur sempre un tacilo dissidio, che spariva soltanto nella retoric;t ufficiale. Ora lo sviluppo della vita storica della nazione italiana doveva portare questo dissidio ad una soluzione. Per circa un tren– tennio dal '60 al '90 vi furono da creare gli organi fondamentali di uno Stato moderno; ma una volta compiuto questo lavoro, lo Stato doveva risolvere il proprio problema politico, doveva cioè fondere in una sola anima le due anime contrastanti che aveva in sè. E per giungere a questo bisognava che la demo– crazia compiesse la sua particolare missione di attirare entro l'orbita dello Stato, tutte le classi ch'erano state i11difjere11ti, o assenti, d11- ra11te il periodo rivol11,io11ario. Orbene, la de– mocrazia che ha soddisfatto a tale cop,pito si è chiamata in Italia « partito socialista >. Questo partito, infatti, ha incominciato con l'organizzare politicamente le classi ope– raie, col fine, è vero, della lotta di classe. Ma nonostante il fine, gli operai prendevan parte alla vita costituzionale, e le istituzioni allargavano in tal modo la loro base nel paese. Verso il 1900, gli operai organizzati, furo– no abbastanza numerosi e potenti da poter imporre una nuova direttiva alla politica na– zionale ; alleati, è vero, al la nuova borghesia industriale che compieva in quello stesso tem– po la sua conquista. Un socialista può lamentare che quell'organismo parlamentare-proletario che si denominava « Partito Socialista », non restasse rigidamente all'opposizione contro la società borghese ; ma chi fa la storia d' Italia non può non vedere che noi dobbiamo appunto all'alleanza del Partito con la borghesia demo– cratica la soluzione del dissidio esistente fra democrazia e monarchia nello Stato. Poco tem ,io dopo, come conseguenza delle ten– denze democratiche dei socialisti parlamen– tari, che lasciavano un po' a sè stessi gli operai rivoluzionari, si verificava un impor– tante contraccolpo: l'ingresso dei cattolici nella vita costituzionale italiana. Così tutte le oppo– sizioni erano assorbite. Lo Stato italiano, che prima si teneva come una torre blindata sulla linea di demarcazione di due campi estranei ed ostili - i rossi ed i neri - diventava ora la casa comune degli uni e degli altri. In tal modo lo Stato s'è arricchito di ,ma materia nuova, ch'esso dovrà formare in av– venire: e questa formazione costituirà il com– pito della vita nazionale. Ma soltanto da poco tempo lo Stato italiano ha acquistato un con– tenuto nazionale e· di ciò molta parte di me– rito va resa al partito socialista, il quale ha inteso, senza rendersene ben conto, che c'era qui in Italia una fase democratica da percor– rere, ed ha dovuio, per circostanze storiche particolari, assumere su di sè la missione di sollecitarla, organizzando a questo scopo le classi lavoratrici. Perciò il partito socialista merita forse un giudizio men serero: non so dire se gli uo– mini del socialismo italiano lo meritino ugual– mente. Ma insieme a questa correzione, la storia del Labriola richiede un completamento. Que– sta storia di dieci anni è soltanto una storia politico-sociale: tutto quanto riguarda la cul– tura e la vita morale e spirituale della na– zione vi è lasciato da parte. È legittima questa trascuranza? A mostrare che non lo è, basta notare che la narraziorle, così come ci stà dinanzi, nella sua unilateralità politico– sociale, lascia degli enigmi insoluti. Ammet– tiamo infatti che la mancanza del partito socia• lista alla sua missione vera sia quella deplore– vole e perniciosissima cosa che il Labriola vuole che sia, e che certo in parte è, e che gli uomini del socialismo italiano siano quello scettico branco di pecore e di volpi che ha mercanteggiati i destini politici di tutta una BiblotecaGino Bianco generazione di contadini e di lavoratori. !via un partito che in soli dieci anni passa dalla fase apostolica a questo estremo di scettica degradazione, non lascia forse intravedere, nel paese in cui ha vissuto, una grave que– stione morale? In che cosa consiste tale questione morale? Questo è iI punto che bisogna chiarire ed approfondire. Se guar– diamo bene addentro alle cose, resteremo allibiti nel constatare che la mentalità, l'idea– lità e la moralità di un uomo politico con– servatore e di un socialista si rassomigliano in un modo impressionante; se grattiamo la vernice delle formule e delle idee teoriche, e ci insediamo nel mondo intimo dei senti– menti, dei fini individuali e delle aspirazioni morali e metafisiche, noi dobbiamo constatare con tristezza che nell'un caso cc,me nell'altro v'è in fondo a tutti lo stesso gaio e spen– sierato scetticismo, la medesima assenza di un profondo senso morale che informi e do– mini tutta la vita, mdirizzandola all'afferma– zione de' valori superiori ali' individuo, e che sollevino questo dal torpido egoismo quoti· diano alla sfera più alta dell'impersonalità etica ed eroica. È l'assenza insomma di una pro– fonda concezione morale e religiosa della vita. Questo carattere della coscienza politica ita– liana (che è forse un carattere dell'età nostra) non dev'essere trascurato da chi vuol bene in– tendere lo svolgersi della vita italiana; e chi vuol narrare la nostra storia degli ultimi dieci anni non deve trascurare di osservare che con– tro questo scetticismo morale e religioso, s'è accennato da più parti un principio di reazione. Un accenno, sia pur rapido, alla storia del modernismo, sopratutto nella sua parte men nota che introduce a considerare la questione ecclesiastica da un punto di vista pii1 intimo e più fecondo, non doveva ma11care in un li• bro come quello del Labriola come non doveva mancarvi un' accenno a quel moto di inte– ressamento ai problemi della vita dello spi– rito, che s'è manifestato in Italia da al– cuni anni, e che forse potrà, in avvenire, mo– dificare in senso piu alto le caratteristiche della psicologia italiana, per modo che se ne abbiano a risentire i buoni effetti anche nella vita politica. In verità, credo vi sia più da aspettarsi da quest'opera di formazione di spiriti nuovi, pii, alti e più forti, che non dal quarto d'ora delle minoranze rivoluzio– narie augurato dal Labriola. V'è, in fatto d'azione, un pregiudizio persistente che ci fa considerare come uomini attivi nella storia dei popoli, soltanto quegli uomini che han preso parte alla vita politica ed al maneggio degli affari : gli altri vengon considerati, come elementi, o strumenti, o come semplici circo• stanze. Non è qui il caso di ricercare quanto vi sia di arbitrario e di puerile in simile con– cezione delle cose. Ma chi potrà eflettiva– mente determinare quanta parte della Ger– mania moderna spetti a fichte e a Goethe e quanta a Bismarck, o se Rousseau, solita– rio e nevrotico presso il lago di Ginevra, sia stato minor uon,o d'azione del Roi Solei/ che da Parigi reggeva allora i destini della Francia? Qu~stioni complicate, e forse inutili. Non hanno avuto bisogno di porsele per esser convinti di far cosa utile e indispensabile allo sviluppo dell'Italia, probabilmente assai più utile dello stesso movimento socialista, coloro che fra il '900 e il '9 1 o hanno tentato in vari modi di richiamare l'attenzione degli italiani sull' importanza della vita dello spirito. Giovanni Amendola. La questione del neo-malthusianismo. 11 sistema di comballere le persooe che so– stengon~ per considerazioni eliche. ed economi• che, esser necessario limitare la natalità, oltre che con freni morali 1 anche con sistemi pratici scientifici Lneo-malthusiani] 1 ignorando o tacen– do gli argomenti loro, generalizzando il carat– tere egoistico o commerciale cli atcwre cli quelle, rispondendo agli argomenti che esse adducono, con pregiudizi o con ragioni che logicamente condurrebbero ad altre convinzioni, è oggi as– sai in \'Oga. E quest'andazzo ostile trovn seguito particolarmente in quaufo classi di persone: 1) in quella che ha paura delle novità, qualun– que esse. sieno, mas~mc se le novità signifi– chino un aume11to di responsahilitl\ e cli con· Lrollo umano; 2) in quella borghese, che oscu– ramente s 1 avvede dell'numento dt:i salari man tnano che la concorrenza diminuisce per scar· sezza di natalità proletaria; 3) in quella dei ~cn-

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