La Voce - anno II - n. 34 - 4 agosto 1910

370 era nel suo pieno svolgimento: di lì a poco doveva entrar nella fase della decadenza. « Era il tempo in cui Bcrnard-Lazarc mori\'a. La bancarotta fraudolenta dell'affare Dreyfus nella furberia politicante mettt"',·a un'amarezza senza fine nel cuore dei Yeri clreyfusardi ... )>. L'affare Dreyfus occupa difatti gran parte dei pri,ni Cahicrs: sono discussioni, docu– menti, dibattiti parlamentari. G,an parte degli altri è occupata da quella che si può chia– mare « storia della decadenza del dreyfu– sismo in Francia •. È la storia della curéc radicale, socialista e anticlericale. Ma tutti i più importanti nuovi fenomeni della vita francese vi sono studiati: Università popo– lari, Socialismo, leggi sociali sui bambini e sulle donne, Maestri elementari e loro con– dizioni. Tutto ciò fatto con spirito di edu– cazione nazionale. Per dare un'idea del come Péguy concepì quella specie di rivista-colle– zione che sono i Cahiers, bisogna che citi uno dei pii1 bei suoi frontespizi (2 t dicem– bre I 900). ~ Pr nos anciens et à nos nouveaux abonnés nous ne donnons ni un rt:veille- matin ni le cours de l:t Bourse ni un roman de Sienkiewicz ni une cave à liqucurs ni un merveillenx écrin ni la vérité tonte faite ni des vers de Jean Rameau ni un guide remboursable ni des vers d' Edmond Rostand ni nos pronostics ni le résultat complet des courses ni un pardessus pour dix francs ni un complet pour scize ». Vogliamo tradurlo un po' liberamente in italiano, adattandolo ai lettori de La Voce? Immaginate dunque che noi diciamo : « A' nostri vecchi e nuovi abbonati 11011 diamo nè un taglio di stoffa per panciotto (come il proletario Avanti/) nè dei consigli per giocare alla Borsa nè ur, romanzo di Fogazzaro nè degli estratti per fare liquori nè una scatola di cipria nè la verità bell'e fatta nè dei ,·ersi di Luigi Siciliani - (neppure per ridere!) nè dei versi di Sem Benelli - (neppure per piangere!) n~ un pastrano per dieci lire nè un cotnpleto per sedici ». Sono assicurazioni queste, per chi cono– sce quei signori nominati, più importanli che una lista di buoni collaboratori ; e l'an– nunziare chi ,ron collaborerà andrebbe messo in uso sempre in Italia, come han fatto in Francia certi spiritosi scrittori della nazio– nalista rivistina Les Guépes. Tradurremo an– che questo, alla libera e per i nostri patrioti, s'intende: « Abbonate,·i a La I Ore! Non ci collaboreranno mai: Ugo Ojetti, Do– menico Oliva, G. de Lorenzo 1 Diego Angeli, Lu– ciano Zuccoli. .. Eccetera, eccetera, e chi più n' ha più ne metta, chè questi baslano a mo' d'esempio di noia, di scioccheria e di falsità letteraria e civile. Appena ho veduto un annunzio di que· sto genere, mi è 0 parso così bene a posto oe La Voce, che l'ho agguantato e, per non perder tempo, incastrato qui: non è nei Ca– hiers, ma è nello stesso spirito e ci sta bene. È uno spirito di polemica: ma di pole– mica ce n'è stata assai nei Cahi&rs. E di polemica non volevan sapere le persone per bene dell'università e della scuola normale. « Io sono colpito da questo: nessuno dei nostri abbonati del popolo s 1 t: lamentato perchè abbiamo fatto delle pèrsonalità. Il popolo 1 che riceve tutti i giorni dei colpi sul serio, il 1>0- polo che subisce llttti i giorni delle servitù sul serio, il popolo sul quale ricadono tutti i giorni tutte le repressioni reali. e che tutti i giorni t:, come mc, minacciato per il suo pane, per la sua famiglia, per la sua salute, per la o;.uavita e per la sua libertà, il popolo sa istinth·arnente che la guerra è la guerra, e che quando ci si batte, bisogna picchiare. Il popolo sa che la vita è seria e che la vita è dura. ~oi gli mo– streremo, con le persecuzioni che ci si preparano, che la guerm contro la demagogia è la più dura di tutte le guerre ». [Cahiers. a1>rile 19cn7- LA VOCE Le lotte pii, gravi di Péguy non sono state, difatti, con i clericali e con i con– servatori: ma con i falsi democratici. Perciò la posizione del gruppo dei Cahiers rappre– senta bene, come dissi, quella del Salvemini entro il partito soci-alista. <( Quel che abbiam messo in chiaro con la presente discussione, si è che T ... esercita fra noi socialisti il vecchio anticlericalismo radicale, grossolano, beffardo, inintelligente. Quando io ~ro piccolo, Picho11 1 Doumer e Lockroy perse– guitavano i cattolici con gli stessi sarcasmi e gli stessi giochi di parole. È un fatto innegabile della storia contemporanea che queste campa– gne anticlericali hanno sopratutto condotto i loro autori alle grosse prebende e ai tradimenti che ne seguono. i~ indispensabile che noi socialisti non lasciamo ricominciare tra noi le ~vventure dei radicali ». (Cal,iers, giugno 1902). l C11!tiers ono stati, dunque, una sp.. di rivista di combattimento, ma la tendenza che nella loro evoluzione ha predominato, è stata quella di aumentare sempre i quaderni che contenevano un solo scritto, un'opera sola, d'arte o di politica, diminuendo i qua– derni compositi. In dieci anni di lavoro sono esciti circa 200 volumi; se ne pubblicano due per mese, salvo i quattro mesi d'estate, che allora se ne pubblica uno per mese. Avrebbero potuto essere trasformati in una vera e propria azienda libraria di fine com– merciale, perchè molte opere che vi sono state pubblicate hanno avuto grande fortuna: ma il Péguy vi si è sempre opposto. Egli non stampa che un numero di copie di poco superiore a quello degli abbonati ; quando le copie son diventate rare ne aumenta il prezzo; infine dei volumi più ricercati con– cede una nuova edizione ad altri editori. Grazie a quesle precauzioni il Pé!(uy è riescito ad evitare quell'aria un po' snob che hanno su per giù tutte le piccole riviste francesi. Egli ha cercato sempre di star lon– tano dai letterati e dagli esteti. E i Cahiers si sono formati dei lettori affezionali in Francia _e' fuori di Francia, una specie di famiglia che collabora con lo spirito e con i fatti all'impresa. Ha hen ragione di dire il Pé– guy: « Bisogna aver rice,·uto realmente i nostri quaderni, alla buona, ogni quindici giorni, real- 1nente, dalle mani del fattorino, come un oggetto di corrispondenza, alla loro dat\1 1 come un mezr.o cli comunicazione; non bisogna gettarcisi sopra, per corroderli, corne un critico acre o per di– vorarli come un commentatore ghiottone; noi non ci rivolgiamo che alle brave persone, serie e la,·oratrici ». (Ct,hiers, ottobre 1904). I Cahiers sono una scuola di carattere, un educatorio di energie. Alla Francia es1erna e di maniera, che ,·edono i frequentatori di Montmartre e quelli che si fermano quin– dici giorni a Parigi per divertirsi, essi op· pongono la visione di una Francia seria, onesta, in un certo senso casalinga e certo familiare, solida di virtù e di proposi1i, ahamente morale e convinta di avere una missione nel mondo. Perciò sooo giustissime quelle parole del Barrès: « La letteratura è in decadenza? Quale er– rore! Da per tutto, fra i giovani, c'è un risve– glio magnifico delle passioni e delle energie ... Andate nel Quartier Latino, alla modesta bot– teguccia dei Calliers de la Quinzaiue ... In quel– l'ambiente nulla ,•'t! di depresso, nulla di vol– gare. Ecco delle anime che straripano. Voi mi parlate di 1111 indebolimento ciel pensiero e dei caratteri. ~la io vi mostro dei gruppi d'uomini che hanno un ideale e, notate bene, un ideale che si impone al loro destino ... Péguy è un'a– nima che straripa. Ha ene~gia, orrore d'ogni volgarità, forza che.:: impone rispetto... Ogni quaderno è fatto d'uno straripamento di cuore, e chi non l'accetta cosi non Séi leggerlo ... ,.. Giuseppe Prezzolini. (Coulimia). Quei 11r11ori d~II• • Ragùm~ • hanno proprio fortuna, che wi res1an vuote quattro riche perchè ri•ponda loro. la breve: 1) il nostro Salvemini qui uon c'entra; c'entrano, come di– mos1ran le lettere che pubblichiamo più avanti, i repubbli– cani di Molfetta; e il Salvemini ha abbastanza buon a:usto per non essere rinlc personale (!I dell'on. Pan1ini, di quo! repub– blicano :anticlericale che chi11011. le navi rt-gie per le feste del santo purono del collegio; 2) con • le magagne di famiglia• intende la Ra,,'1,,~ le magacnc del par1i10 socialiua? e di queste il Salvemlni anche qui, ne ha esposte non poche; in– t·eode fonc le nostre.' o di queste la sfidiamo a citarne an- che una. K· ;,. Hic sunt leones. li ,·eccl1io letterato italiano rabbrividi,·:t alla idea cli dover mortificare il proprio buon gusto nella lettura di un libro straniero: dei diarii di fuori non osa,·a 11emme110pronunciare il titolo; sopraggiunta l 1 estate. alle Alpi preferiva l'Ap– pennino « dove i parlari 11011 mesconsi ». li no– stro uomo politico non ha davvero agi nè scru– poli siffatti ; ma ciel letterato di casa nostra serLa Pangustia mentale e la pigrizia fisica. Chiusa la Camera, ci sono gli elettori da tasteggiare, le bizze locali da ricomporre ; a cose quiete, la farmacia di ~Iontecitorio è sempre aperta. Niente di più contegnoso di 1111 1 interpellanza di politica estera alla Camera. Parla u11 depu– tato di confine ; il ministro sta per rispondere. I quattro o cinque eleganti della destra, che tra– scinano ogni estate i loro malanni o la loro noia da Carlsbnd a Aix e che hanno moderato dal– l'alto degli alberghi di Pera la rivoluzione turca. dam{o segni di assenso o di diniego secondo che la tesi è più o meno venostiana. Dei socialisti solo 1 1 011. Bissolati appunta gli occhiali sull' interpel– lante : I 'on. Ca.brini scende cli 1111 banco : gli altri sbadigliano. Come sbadiglia l'on. Turati ! Facile dileggiare il nazionalismo di Enrico Ferri, il quale 11011 ha fatto che tradurre e am– plilicare, secondo il suo temperamento, in ret– torica un sentimento giusto e una verità assai ovvia a cui non s 1 t: ancor sollevato Jlon. Treves con tutto il Sllù imperialismo di malagocliana memoria: che fra i nostri emigrati, nelle fatto– rie clelJlArgentina, il problema nazionale si pre– SP.11ta diversamente che dall'alto del Testaccio. Del po,·ero Gustavo Chiesi si è detto gran male dai suoi colleghi repubblicani, prima e dop~ morte, come cli un venduto alle cricche affari– stiche del settentrione ; ma ci voleva poco a in– tendere che a colui che an·icina i mercati ciel– i' Africa orientale e s 1 accorge delle grandi com– petizioni coloniali l'ideale della repubblichetta ticinese-ambrosiana si svela per quel che è nel suo ridicolo. C'è chi ha consigliato ai socialisti italiani di seguire l'esempio di Joh11 Burn!-, il quale gira a piedi mezz:i la Francia e la Germania durante le manovre militari per vedere come marcino e siano equipaggiati i soldati francesi e tedeschi, e a 0 1i ex-ministri in aspettativa di approfittare del riposo forzato per daggiare e istruirsi. Fiato sprecato! L'on. Turati non abbandonerà per un sol gior– no i suoi clienti politici e continuerà a ispirarsi alla filosofia pacifistica di l 1 111a110;e quelli del– l'on. Giolitti, non saranno mai ,·iaggi, ma fughe. Quanto agli altri e11,i11eflli, o viaggiano troppo tardi, o di aver viaggiato si vergognano. Biso– gnavn che il marchese Di Rudi11i visitasse poco prima cli morire I I Egiao per accorgersi che la cessione di Cassala agli inglesi era stato un er– rore. E che cosa pagherebbe il ministo Di San Giuliano per cancellare dalla memoria degli uo– mini certe sue lettere sull'Albania e la ques– tione cl 'Oriente? Tant'è; pci nostri uomini politici, sieno con– servatori o rivoluzio11ari 1 ministri o in via cli di– ventarlo, la carta geografica medievale s'è an– cor più ristretta : ldc s1111I leom·s vi si legge da ogni parte. I.. V. Anticlericalismo sincero. Nel numero scorso prendemmo atto della pro– messa della Ra.trione di « fare il proprio dovere senza riguardi e senza tenerezze » verso quel tal de Nichilo di Molfetta, repubblicano a Roma e in patria alleato dei cattolici. Credevamo che la Ragione facesse sul serio, ma i documenti che riportiamo dimo.:;trano che invece obbedisce anche lei alla consegna cli russare. Difatti ap– pena avvenuta la nostra pubblicazione e il com– mento della Nngione, la sezione repubblicana « Pensiero e Azione» di :\lolfetta, scriveva alla direzicn1t:. cldla A'a,f! ioue la lettera seguente: PrcJ[. Signor Direi/on, La i•oslra 1>rega 1 0/,• Ragione ud suo 11° 203 ,.:omme11/a11do l'arlirolo del sellima11ale l...a ,·oce di Firenze, dal /ilo/o « ."-lnlirlericali.smosincero » cl,e a sua 1 1 0/la com111e11la;,.,a il 111a111feslo diffuso da « 1111 )!'l'uppodi rallolici » in /m•ore dei repub– blicano .Jlauru de .\'id,ilo, 7.'l'IIÙ'anella ronr/11- siom• di doz 1 ert• tr prima i•isla - lauto il doclf– menlo era sra11da!oso - dubitare della /011/e di quel /o,J[liello, potendosi allrilmirlo a 111a1101•ra t!lelloralc. 7 aie dubbio lira noi ad inlt'rloquirt', poirlu~11etlt· ullime t'lt•:io11ia111111i11islralh•e a 11/otfetla la 110- slra se=ione rep11bhlica11a « Pensù-ro t' rl::ione » coml>allè i•1:f.{orosa111e11le il de .\.id,ilo, alleatosi roi rlen·ro-moderali, nostri dl'risi az-;•ersari più cl,e lre11/e1111a!i. I.:.· noi ri affrellit1mo a respi11.1ren·con 1111/0 il nostro sdegno la palernil,r di 11110 seri/lo d1e da solo disonererebbc le nobili /rndi:io11i di ret/ilu– dilte, d' i11dipendeu::a 1 di roeren=a l' di ka/là del i.•eropm lito rep11bblira110 di Jlolfella, di quei par– tilo cl,e da tempo ha atlo11ta11alo dal suo seno it de .\"icJlilo per la sua scorrei/a roll(/olla 11cll'am– mi11islra=io11e della cosa pubblica. Purtroppo i migliori ,1lkali det de.\ ichilo 11et– /'u//i111alolla elettorale a111minislraliva, sono sia/i Bibloteca Gino Bianco i monati 1' i preti, e,I il ma111f,·-~lo_ lancialo ".trf{ del/ori dal « gruppo dei rn_tlol,c1 » m· è la }'ff eloqm·nlt: riprova, com'è po, la dorumen_la:.:1oi4t– irn'frag-abilc del suo /rm•iamenlo nella ·n/a pu/1 blica. Ed og-gi du srri1•ia1110, e.Jr/i, srn=n cssert an corn nè sindaro 11èasse.rsare, per dare fro,,a <lf ossequio r di grati/11di11e per l'nPfO.f.Jrl0 fli.'IIIO ndl'ele::io,u• da,: clericali, si lrnsnnn ron fiam ma11/l'sciarpa lrirotorr e jia11d~etr,f!ialo_ da q_uallrii assessori dr/la .trùmla re/mbbhcnnn rs1t) d1rlro l,J sia/un di .<-i. Corrado. porla/a in proressione jJt•, le vie della ci/Mli.' ...-I falli meglio a.crerlc1/i la Raiione promellt che fusligl,crà sen=a riguardi e_ scn::n len~rez=" gli amici e !ie11::adebole==" ~Jr fll'_i.'er~a~-, e so_– i•raltulli i rompelilori persona/I deglt a,mc_,no_stn. Ebbe11t•,noi, amici ;•ostri ma rompchlon del de 1\'irJ,i/0, s:amo a i'oslrn disposi::io11t·e at/e1~– diam.o rJ,e voi /aaialt! i111t'roil ,:osl~·odo_ve,:e. :'le i /nlli .wrrijerili, della oti i'n'idirrltt .'! dtclua-. ,·iamo pienamrnle J[flrauli ,, responsabr/1, ~1011, _z.,, bnslauo, inda.trale 1111corn 1 fate una .revera !"c!1u!– sta e lll' m•rele per risultalo la ferma co11t.•11171om• e/re 1lla11rode .\'icl,ilo si reutlc giorno per g·1or110 sempre più inde.irno del par/ilo rrpnbblica110! I 011. Dfrellorc, se p11bblicht1relr questo nostro seri/lo rifarete cosa mollo .trradita, e 1 co1111mq11e rirez•elez•iJrli alleslali della 110s/ra sirma per /11 S. N. l'. ed A=. \'ITO BAl~1\CCO 131::R,\RDINO TATTOLI I\JAL'RO ri,fAGt<.ONE \'1~Cl::NZO GIACASPRO \'rro SrAC:NOLRTTI PASQL'ALf: Mi-:t.ZIN'.\ NAT.\I.E l)f: 1 h·J>ICIRL'S. N<: questo bastava: la stessa sezione spedint all'on. Pansini il seguenlc telegramma: On. Pn11si11i,\·apoli . \'olovi avversa,·io presagendo prossima sun ca– duta, le11ta11do .f!li ultimi malefici, sorretto dalla_ mala. 'l'ila, ùupedisreri libero diritto operaziom elettorati i11su/la11dorinei nostri comitali. Aspellia1110 voslra equita perchè provvediate a • mez=o autorità questi sistemi i11q11alijirabilin•i– lando rosi falli delilluosi che comprome/10110noi i1ostri amici. ,\.oliamovi rhe slamnm· lele1rra/a111- 1110 Ali11islro I11ler110. F'irmali: Bt-:RARDl'No TATTOl.1 P,·es. della Co11g.di Cari/ti G1ovANN1 BA"rT1sTA Po1.1 Co11-s(~/iere comunale CORRADO l\lF.i',ZINA Consigliere comu11ale. L'evidente dovere della Na.trione sarebbe stato quello di pubblicare immediatamente la lettera e magari il telegramma, e di riconosct:re subito che La l'oce era stata esattamente informata e che non si tratta,·a di un manifesto inventato per recar noia al beniamino de Nichilo. Ma - e qui il favoritismo pel clericale-repubblicano di– viene evidente - la Ragione nulla pubblicò e cosi rispose alla Sezione repubblicana : l:.."greg-i amici, Roma, 25 Lualio 1910. ciò chl' ab6.iam.f)...,uxjJ/, co11fer111in1110. Per le accuse che ·voifalt• a De Ni– rliilo e ad altri repub6/ica11inoi ci riz•olg-ere,110 al C. C: perchè prm,z•eda ad appura,-e 1111a volta per st•mpre quale i! la silna:io11e dl'I partilo re– p11bblica110 a /lfoifel/a. La vostra lettera la pas– seremo perciò al C. C. del partilo. Esso saprà provz,edere ro11 1111a inchiesta impar=inlc e com– pleta le cui ro11d11sio11inoi 1101111a11d1eremo di pubblicare. Cordiali e fraterni saluti. p. la. Reda::io11e o. Zl"C<.:ARINI. Ora, naturalmente, la Rag-ione tutta contenta d'aver mandalo l'affare agli archivi starà più zitta che mai. Cosi la burletta del repubblicano che va in processione, amico degli anticlericali della Ra;rio11e, continuerà indefinitamente per l'educa– zione ciell I Italia. AREZZO L' Indole e Il CUltlere del popolo. - 01' l1tllall d' t• alruzlone e 111 strumenti di cultura. - La vita clltadlna: &Il uomini, I parllll e I gtonuill politici. - Concluslone. Il forestiero che viene per la prima volta ad Arezzo e qui si trattien~ e comincia a praticar gente e stringer relazioni coi cittadini, se spe– cialmente egli venga da luoghi ove si costuma raffinata gentile?.Za di modi, sincera o studiata non importa; quel forestiero, dico, resta innanzi tutto colpito dalle maniere rudi e brusche che sono proprie della massima parte degli Aretini. E so per esperienza che ne fa severo giudizio, e dice fra sé che qui la vantata cortesia e fi. nezza toscana vien meno. Sbaglia. Sbaglia, come già padre IJante, qualificando gli Aretini Botoli Ringhio•i più che non chieda lor po-111 si che la val d'Arno . • lor di,degnou torce il muso. Forse il poeta - divino, ma pur cosi umano in tutte le sue passioni - forse non seppe per– donare agli Aretini I' insuccesso della spedizione che essi, insieme con gran moltitudine di Bolo– gnesi e di Romagnoli e di Fiorentini banditi, intrapresero contro a Firenze nel luglio ciel 1304 e dalla quale anch'esso Dante dovè sperare il ritorno in patria? E avendo assistito - com' è molto probabile - alla pompa e agli entusia– smi <lell'esercito in •partenza (credevano di pren• dere Firenze, dice un cronista aretino del se– colo XIV) e poi al suo ritorno, miserando, se

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