La Voce - anno II - n. 31 - 14 luglio 1910

LA VOCE <lisce ai canoni della wovissima sli!iz::a;;ioue e ciot: del 1·ealismo moussorgskyano e del suo figlio naturale l'i111pressio11ismo debussysla. L'esigenze del quale concetto empiricissimo sono di ben altra specie di quelle che scaturiscono da un vero e proprio concetto filosofico deWarte, se– condo il quale l'arte possa davvero essere ac– cettata infinita come la vita, al disopra di qua– lunque scuola e cli qualunque estetica parziale. Concludendo il libro del Cavalcoressi consta di un'ottima pane analitica riguardante l'opera del l\loussorgsky,e d'una parte a parer mio pessima in cui si genera!izza110 erroneamente, servendosene come base d1 giudizio in ispecie per l'opera wa– gneriana, le teorie unilaterali e personalissime ~el ~~ousso~gsky. Per colpa della quale genera– lizzazione s1 nascondono nelle midolle di questo libro una quantità di graziosi errori storici ed estetici : che cioè, il i\loussorgsky è in esso libro e,·ocato proprio e soltanto come « precursore » di Claude Debussy, col pericolo niente affatto impossibile che, spantasi la fama di ciò, qualche mio buon collega musicista, ignorante, come spesso lo sono i musicisti, della successione delle date, finisca per credere sul serio il :'\lo11ssorg– sky .... - un epigono di Debussy. E qui, senza entrare in analisi troppo minu– ziose e che per la loro lu11ghezza mi farebbero ricusare l'ospitalità dall'amico Prezzolini 1 osser– verò solamente come mai quanto nel caso pre– sente l'empirisl'no smaccato della critic.:1 dei con– fronti e dei precursori abbia fatto commettere un più ridicolo errore. Giacchè se le opere d'un Modesto ~Ioussorgsky edi un Claude Debussy - entrambe a loro wodo più o meno belle - por;– sono offrire somiglianze esteriori e magari un rapporto di filiazione poco onorevole per l'opern. debussyana, offrono in realtà tale differenza di contenuto personale e storico da far sorridere del loro ravvicinamento affatto inopportuno. l\la come? Uno spirito come il l\loussorgsky, il vero e proprio Omero della Russia; un poeta così profondamente nazionale, un rapsodo di così ,,asto cuore che ha gellato nel Boris tutta la rozza superstiziosa anima del popolo russo, e che ha creato un opera così significativa che a chi la legge o la vede empie l'anima di quel sacro stu– pore·emanato dall'energia bronzea cieli' Iliade; dovrà essere senza rimorso messo alla pari, anzi e,·ocato in grazia d'un melanconico compositore decadente, costruttore d'un'opera, oh! non ribol– lente della tragedia storica d'un grande popolo barbaro, ma prona sotto il puerile fatalismo d \ma flacida società borghese senza gloria, senza forza, senza eroismo, una società che dalla crea– tività spontanea e serena del popolo s' è da troppo allontanata, che anzi di questa inarresta– bile creatività mareggiante sente timore quasi d'un divino rimprovero vivente al suo continuo peccato contro la vita ? GIAN~OTTO 8ASTIANELLJ. Nota per un libro di versi. CECCAROO RoCCATAGLIATA-CECCARDI. Sonetti e poemi. (1898-1909). Edito a cura del comitato ligure-apuano. Società ligure-apuana 1910. - lo che non mi piace (al diavolo la modestia e la grammatica!) la poesia cosiddetta civile di Giosuè Carducci, nè il suo ellenismo, nè la poe– sia civile e l'ellenismo di Gabriele d'Annunzio, nè l'ellenismo e la poesia civile di Giovanni Pascoli, ma che in tutt'e tre questi poeti cerco ed ammiro, quando la trovo, l'espressione ga– gliarda di un'emozione lirica da essi provata in un certo momento della lor vita d'uomini con.– temporanei ; io, che risalendo su su da Leo– pardi, Foscolo, Alfieri, Ariosto, Boccaccio, Pe– trarca e Dante, fino a \'irgilio e Omero, per la letteratura italiana, latina e greca, non vedo e non riconosco la grandezza se non li dove I'ar– tista, anzichè spremere il sugo del suo intellc.::tto imbevuto di belli studi e pazienti e lasciarsi portare dalla fiumana sonante delle parole, mette in piazza il suo cuore umano e la sua anima nudi, come sono sono, allegri o dolenti, melanconici, amari o disperati ; io che insomma parteggio per una sorta di realismo e credo fantastico più d'o– gni cosa il vero, e non conosco altro ideale ali' infuori di quello emanante dagli aspetti con• creti della stessa vita, vissuta e raffigurata se– condo la diversa tempra e sensibilità dello scrit– tore; io dunque non dovrei occuparmi in nes– sun modo, dei versi di Ceccardo Roccatagliata– Ceccardi, nt, tanto meno, lodarli. Chè difatti questi Sonetti e Poemi se non posson dirsi un'i– mitazione di quanto in Italia, a Roma e in Gre– cia è stato fatto di più letterario, certo ne sono, per la massima parte, una derivazione o, per esser più giusti, una rincarnazione. ~li spiego. Ceccardo Roccatagliata-Ceccardi, come, disgra– ziatamente, tutti o quasi tutti gli odierni scrit– tori italiani, non è riuscito, e forse non riuscirà mai, a svincolarsi da quelle teorie di s.::uola che vogliono imposte alla poesia ragioni di eleva– tezza o di consuetudine classica 1 per via delle quali soltanto, a sentire la gente seria, l'opera poetica può raggiungere il sublime e dirsi defi– nitiva. Che un uomo che ama, odiai ~offre, gode, dubita, sente, vede diffuse intorno a sé armonie misteriose di suoni e di colori, e ode voci che gli altri non odono, si metta a cantare o a raccontare i suoi sentimenti e le sue visioni senz'altra prece• cupazione che quella d'esser semplice e vero, e che quest'uomo debba poi esser detto un poeta legittimo, sublime e immortale come qualunque altro, vissuto in quabisia epoca 1 è cosa che Cec– cardo Roccatagliata-Ceccarcli e quelli che la pen– san come lui non ammetteranno mai. !\o. Biso- gna, vi diranno, che il poeta per esser grande, abbia una grande idea 1 un gran concetto, e che tutlo ciò che la natura gli porge sensibilmente, egli lo sotlometta1 lo tra~formi e lo conduca a servire quella grande idea e quel gran concetto. E vi si citeran degli esempi formidabili. Cosi/ per non capire che basta interpretare e ricrear la vita col solo aiuto dell'intuizione, senza che \ 1 intelletto discorsivo entri in ballo, per concretare un concetto o un'idea, si porta una volontà di grandezza dove l'anarchia del- 11 incosciente farebbe miglior giuoco, la tradi– zione dove ci vorrebbe la libertà - e invece che poesia, si fa della sapiente rettorica. È una vecchia storia che si ripete. da secoli ed ha fatto sì che, da Dante in poi, l'Italia 11011 ha avuto e non ha un libro iulero di \'era e genuina poesia. f\è que&!:ilo del Ceccardi 1 è: venuto, come ho già dato ad intendere, per derogare alla consuetu– dine. Penetrato com'è cli reminiscenze classiche, foscoliane, leopardiane, carducciane, dannunzia– ne, pascoliane, lo scrittore ligure non fa anzi altro che ribadire il chiodo, e, sia ch'egli sfreni un sonetto in lode dell' Apua mater, sia ch 1 egli s'impenni nell'ode garibaldina, o sogni nell'e– legia in morte del fratello, tu senti sempre in lui I' italiano col suo brnvo sottinteso eroico in corpo, che generalizza per ingrn.ndire, come, per non incanagliarsi con nuovi aspetti del reale ed esstr costretto a schiantar le forme del bel parlare patentato dalla tradizione, mette alla tortura la fantasia per combinare in nuove im– magini i dieci o cento sempiterni, imprescindi– bili luoghi comuni del linguaggio poetico nazio– nale. Può anche darsi, è vero, che hl sua v.ita, che mi figuro poco Yaria e tumultuosa, non gli for– nisca altre visioni ali' infuori di quelle che da centinaia e centinaia d'anni commuovono lo spiw rito dei nostri poeti; ma oh ! quante Primavere, quanti mandorli e peschi fioriti, quante rondini, quanti ro:;ignoli, quante lucciole, quante lucciole, e quante immagini floreali - questa piaga della nostra letteratura - e quante nuvole! ... Troppe, troppe, anche per uno scriltore italiano. Senonchè - ed ecco perché parlo di lui - Ceccardo Roccatagliata-Ceccardi ha un merito che fa perdonargli ogni cosa. È sincero: ha sen~ tito quello che canta. È in una parola un poeta. E siccome un vero poeta anima tutto ciò che tocca, cosi i luoghi comuni e le reminiscenze, nutriti di nuova realtà e rinsanguati, pigliano nella sua opera il colore e il calore della vita e si levan su come creature resuscitate. Nel Via11da11le, che è la più lunga e la più bella poesia del volume, e forse la più sincera, (il Ceccardi non è un lirico vagabondo?) gli esempi abbondano di queste resurrezioni. Si veda: O Primavera, gli alberi dell'orto peodevaoo origliando a la finestra, oc I' umida quiete de la sera tusiogatdce dì melancooia ; o baueano s1ormendo coo le dita de' rami su le chiare vetriate. quaodo il mattino tra 'I vagante fumo de la nebbia cavalca per i boschi coronato di sole. A la lusinga io schiudea la finestra, e Primavera che tornava tra mandorli in serena nuvola di farfalle, entro balzava a la stanza, rtcando uno itormire di fronde no le chiome umide elfosc, e ne le mani un chiacchierio di nidi. Ecco subito, fin djl bel principio del poema, la Primavt::ra, la quiete della sera, il fumo della nebbia 1 i mandorli, le farfalle, i nidi; ma, nono– stante, che nativa immediatezza di percezione e rappresentazione! Una parola interposta, un ag– gettivo, un nulla è bastato al poeta per uscire dalla banalità e lasciarci sugli occhi un 'immagine viva. Questo per la metamorfosi del luogo co– mune. Osserviamo ora com 1 egli sappia rielaborare e rianimare una o pili. reminiscenze. E il vian• dante in cammino: Spesso allor tra cespi, al limitar di ruinosa fratta wi soft"ermavo, attonito, guardando Ja bianca luna grandeggiar di fiere ombre da' poggi, e su l'antico sonno dc' piani melanconici posare con unil greggia di randage nubi. ~!•affrettavo tremando e ru' inghiouia un lontanilr di campi oscuri in ampia sr,litudin d'incerta ombra stampata, tr:i gli iofiniti tremolii do" grilli; un solitario scendere o salire con un remoto bianche~giar di tetti e vigilie di cani a lor pagliai. Chi non sente in questi versi l'eco e del Leo– parùi e LJel Foscolo delle Cm::ie, di Shelley e magari del i\Ianzoni dei Promessi sposi? Ma chi non sente anche che il Ceccardi ha veramente tremato in una notte di plenilunio e che la pit– tura delle cose e dei sentimenti è fatta sul vero? Cosi, ecco un motivo pascoliano, liberamente rincarnato e forse intensificato: O cimiteri io sui remoti varchi d'Appennino, ove odorano i .6.ooccbi raccogliendosi h.1tremole selvett0 tra 'I foschegg1ar de gli immioenti abeti, BiblotecaGino Bianco a un deserto piaooro ! - O solitari riposi di vet:liardi e di fanciulh; gli uni, cui sol un palpito di sogni empi l'ordito de' brev'anni; ed essi tr11 un rison.u di cuculi a la chìa1 a stacion randagi. e il leoto scoppiettio de le cas1agnc che accompagna l'opra de' fusi a l'autunnal veglia, d'un salto \'arear IR vitR con il cuor compreso in auree vision di Epifanie che tra '1 fu1110 a I' umi\ lare c1&!aodo lo soffu11dean di un favillio di stelle. Ed ecco pure un sonetto, dove l'eco cl elle Afyn·cae risuona ancora, ma cosi fievole che quasi non si sente più : PICCOLI RE DI MACCHIA Piccoli re di ruacchia in su la rawn ì reatini, o tra la 1tipa, a l'ora che il viandante fatic,-.so accora peosier di pace e de la vi1a grama. si uccolgono, e l'uno l'altro chiama; e quando di a.stri l'acre s' indora, 1c alcun tra suoi non i, tornato ancora altri se ne lamenta e lo richiama. li pianto a l'ombra e a' wmti si disperde: e quei tori,i, o non tc:rni, e un uso quello, d'amore, tra i ribelli de le reti, socni parlati di ogni buco verde: e son anime forse di poeti costretti in corpi tenui d 1 uccello. ~li par di ricordarmi che in una stampa an– teriore l'ultimo ,·erso si leggeva cosi: racchiuse in corpi piccoli d'uccello. e forse, malgrado quelle tre coppie di c stava meglio perché meno lezioso. l\la non importa: il so11etto è vivo e spontaneo, e prova anch'esso la verità di quanto dicevo più su e cioè che il nostro autore 1 ancorchè impeciato di tutti i pre– giudizi e afllitto da tutti i mancamenti della scuola italiana, sa marcar di buon conio un vecchio metallo e elargii valore e corso. E la stessa ve– rità potrebbero dimostrare le poesie: Una se1-a d'iuverno alla finestra, A11da11do,Per 1111 ama/or difauciul/e, i Frammenti classici, gemelli di quelli dell'Alceo foscoliano, il A/olivo d'autunno, Quan– do ci rived1-e1110, Piccolo porlo in L1"g11ria, nonchè il sonetto li 1-ilor110 e la bella elegia /11 morie del fra/etio, che io non foche citare per brevità. Come per brevità tralascio di esaminare quelle poesie in cui lo scrittore, cedendo del tutto alle male influenze, s' impaluda nella declamazione, nell'arzigogolo e nel vaniloquio, e di notare i passi delle altre do\'e il similoro dell' immagi– nuccia pretensiosa, la parola roboante e il don– dolamento lazzarone del verso (Te rosea in divin lume ridente .... Non par di veder il garzon del barUiert:! con la chitarra e il cappello sune ven– titre quando chiude gli occhi e si molleggia sulla vita, cantando la serenata?) mascherano la povertà del sentimento e nascondono il vuoto del pensiero. A me bastava affermare che in molte di queste pagine, contrariamente a quel che si è detto e scritto, circola uno spirito di poesia, 1nostrarlo con degli esempi. esprimere la mia simpatia per questo bohème delle lettere, il quale a quaran– t'anni sonati non è nè professore, nè giornalista, nè bibliotecario - non s'è fatta insomma quella « posizione» che è catastrofe e fine di ogni buon 1 etterato italiano che verso i venticinque sgal– lettava, faceva l'ammazzasette e giurava di vo– lersi fare sbudellar per la libertà. E l'ho fatto. Non mi resta che aggiungere una cosa. In Italia dove si mettono ai sette cieli i peggiori retto– ricumi mitologici del d'Annunzio, i Poe-mi con– viviali e le Canzoni di re Enzio e del Carroccio del Pascoli, e si esaltan persino le colascionate teatrali cli Sem Benelli, non deve, se si vuol essere onesti, restare ignoto chi come Ceccardo Roccatagliata-Ceccardi ha, come ho eletto in principio, oltre agli altri molti meriti, quello ra– rissimo fra noi, d'esser sincero. ARDENGO SOFFICI. ,~~.,,..,,.~~ Nel numero passato, per una deplorevole ma umana dimenticaoia, fu omesso di porre sotto due riproduzioni, e precisamente sotto quella del « Monumento ai fratelli CairoU ►> e sotto quella del particolare del « Monumento a Vittorio Ema– nuele• il nome della Ditta A Unari, da fotografie della quale erano tratte. ~~~ Coscienza elettorale ecc. Non molto tempo fa c'erano in Inghilterra le elezioni politiche. Jn una città del nord i conservatori, destinati Jì. a perdere, avevano deciso di battersi bene. Verso sera, nel collegio ove il concorso dei li– berali era stato più schiacciante, si nota ad una sezione che un vecchio otlantenne antiliberale non è intervenuto. - Ha la gotta. - Noi gli è morta la moglie. - Si va. a prendere? - C 1 è dieci minuti ancora. - Awp!e lime-' - · E via, due o tre giovani sulla cinquantina si precipitano in automobile. Tornano a ternpo. li loro partito contro i r 2000 e più voti avversari ne ha potuti opporre 4121 invece che 4 120. Qui a Pirenze, nel giorno dtlle ultime dezioni comunali, fra le 3,30 e le 3 1 50 1 cinque o sei ,·ec– chierelli sulla trentina ammiratori del talento del Boninseg~1i, « parlan tutti in una volta » e spu– tacchiano in più ,·ohe (o rnia città della cortesia !) intorno ai tavolini del Bottegone. C'è con loro un bloccarclo venuto apposta di campagna a ,·o– tare. Stracco, stracco implora ogni tanto che lo portino alle urne, dove ci vuole d'esser presen– tati. Gli altri gli rispondono: ;\la se è tardi ora– mai ! ma se 'un si fa a tempo! Il cameriere frit– telloso approva. A cinque minuti alle quattro capita un bloccardo per combinazione senz'aclipe. Vede, capisce, ficca l'elettore in un leg110 1 paga di tasca propria e arri,·a a tempo anche lui. Se– nonché dopo mi domanda: - Ma me lo dice lei che sugo c 1è? - A esser fiorentini? - gli faccio io. Lui pensa un momento e risponde : - Già! de,· 1 esser quello il guaio. F. AGNOLETTI. LA CORRUZIONE MASSONICA è promla da 1111 documeulo dlt!, insieme ad allri sulle co11- di=io11idelle sruo/e medie in tempo di esami, sarà pubblicato uet prossimo fasciroio de I Nuovi Do– veri, l'erre/lente e libera ,·ù.,f.sla direi/a da G. lombardo-Radice. Crediamo opportuno ripro– durlo qui: Gli esami! Ecco il nemico. Finchè gli esami saranno ordinati come ora, in scuole ordinate come ora, non sarà possibile evitare una quantità enorme di inconvenienti. Oggi i rapporti d'insegnante ed alunno ~ono as sai di frequente paragonabili a quelli di dog-a.– niere e contrabbandiere. Il contrabbandiere tenta di corrompere ; il r:ontrabbandiere minaccia, col– pisce; il contrabbandiere cerca i punti di. ... mi– nore resistenza, dove sa che la pigrizia e I' in– dulgenza colpevole dei gabellieri permette il lransito più facile. Da Napoli ci si rivela un tentativo cli corru– zione, cosi grave per il seguito di rivelazioni che ha avuto e che può avere, che noi non pos– siamo non richiamarvi tutta l'attenzione dell1On. Ministro. Non facciamo nomi, perché la riserbatezza del collega che ci scrive non li fa. i\la il nostro amico firma e l'accusa e i documenti indicati sono chiari e lampanti : 11inchiesta giudiziaria e amministrativa deve ,·enire. « Carissimo Lombardo - Nadice, «Se comepen– so, tra i nuovi e a11c/Je Ira i vecchi doveri e' è quello di rivelare ogni /an/o qualche magagna, credo elle non li rifiuterai di pubblirare nel /110 giornale il racconto c!,e segue. Circa un mese fa venne in casa mrn 1m g1ov1- 11ottoil quale mi disse c!,e voleva presentarsi agli esami di licen=anormale e elledcsideravaesserqua– si sicuro (sic.) dc/L'esito degii esami, per~hè l'esser 1-ù11a11dato ad ottobre sarebbe stato per /111 1111 g-rave da 11110. Cli nSposi, 11aturat,11e11/e, cl,e 11essu110 po– teva dargli degli affidamenti cir~a la huoua r:iu– sdta dell'esame, ma che, se egli aveva. s/11d1ato beue poteva esser sicuro della licenza. Il li11g11ag-– gio di questo dùgra=ialo,_ cl1eper dirmi d'e~~ersi preparato privatamente d1ceva « tengo sludn ca– merati» e che ù1fil=a11do spropositi 11110 dopo l'al– fro m.i dava ttll po' del lei, e 1111 po' del voi, 11011 era 1 veramente 1111a raccoma11dazio11e, ma 11.011, im– mauinai affatto dove l'amico volesse parare. Passò 1111a setlima11a 1 dopo la quale ebbi u.na /cl/era di quel giovane che sifinuava C .... T .... da S. E .... : egli si riferiva al colloqu.io av1~fo con mc, mi ripeteva elle sa1-ebbesfata 1111a rovwa per lui fa1' l'esame ad _ottobr~,.mi diceva-: « la pre([o di 1'accomandarm1a /u/11 1 professor·, della sc11"ola,non escluso Lei (sir) » e finiva. cou l'of– frirmi mille lire pcrcilè io gli proc,wassi la li– cen=a. Lì per lì, pensai d'inviare la le/tera al Pror. del Re per tentata conw=io11edi 1m impiegato, poi la r011seg11ai al Provveditore pregandolo di 1-ivolgersi all'aulorilci giudi:Jian·a e di far quautr, slesst i11lui pe1'c/1èquel gala11/11omoelle voleva buscarsi fa licen=acorrompendo uu i11seg11a11-/e ,1011 diventasse ma.i maestro. Dopo qualche g·ion10, eccoli di nuovo a casa mia il giovane egregio. Afi si p_rc~enlòlutto sor– ridente e mi domandò se avessi ncevuto la sua le/tera. Siccome la pa=ieu::a umana lta 101 limite, e per me quel limi/e era, passato, gli risposi.:·· di tu/lo uu po' efinii col cacciarlo fuovi de!l'usc10. Unica scusa, diciamo così, di quel signore, fu questa: « lo 11011 avrei mai credulo c!,e UJf pro– fessore si vendesse, ma siccome 1111 mio co~11paJ!!10 1, pagando 1m i11segna11/e della. sc110/a(ecmra d1 .-\ ebbe /a licen::a, io, consiglialo da /111. /10pensato di fare a.L/rellan/o. » . . Qual'era il mio dovere dopo ruesla d1cl11f!1'a.– zio11e l di scrivc1'e 1111a lettera nservala al dtrel– /ore della scuola fecuira di ..... X, i11for111a11dolo dei caso e così feci. . La risposta 11011 si fece aspettar_ mol~o. 11(a ti signor Dfre//ore della scuota /ermca dL._. .\ _11011 mi scriveva clte si preparava a fm'e nna wcluesta severa sulla faccenda, 11011 mi p,-egava di cerca1'c il giovane accusa./o,"e, 11011 faceva nulla di /u//o questo. Sempliceme,!te .... 1~,,; faceva t(efle co11gra– /ulazio11ipt:r la 1111a_ca-rner?: << (.-e1 e .(or/u,!af:o pari al meri/o suo. E uno dt quer poc!tz. cast 1_11 cui le due divi11ilà vadmto a b1-accello ». Lascw andare le sg-ram.matica/ure e propongo a q!ur_lc(1~ mitologo d'indovinare quali s1~11~ le due d1v~ 111.ta a. cui il signor Direi/ore (elle e 111seg11a11/e di lm– gua ilalinua} v~1oleatlude_re._C'è però nella le~– /era /'acce11110 1 111/eressanllssuuo,ad una le1-zad1- ·z,i11i/àcioè a quel Cromie Arc/1ile//o, dt' cui nes– suno Può negare la polcn=a.,specialmente per quel elle riguarda l'islru::ioue pubblica in flalia. « ~;lolto Lei però deve allo appartenere ad una. solidale famiglia, cioè a quella dei ben pensa1~tt e pro– fessanti, cui mi onoro di essere ascntto anche io ». Termina, l'Egregio Direttore col dirmi e/te perciò 11011 si maravi"glia della mia celere carriera, e che si congralula che con sì prospera for~una non abbia sn-iarrito il culto ciel dovere. 11ft sa– /u./a, augurandomi una cattedra universi/aria. Quanto alla mia celere carriera, fortun~ta car– riera, prospera fortuna, etc., 11011 debbo_ dire a le, caro /.Jombardo, elle, dopo aver co11Sf'gu1ta. la tau-. rea e fallo 1111 auuo di perfe;;io11a1!1c,1fo, _dovetti godermela quattro a11111 come wcancal~ dt sçuola tecnica ora con una, 01-acon.due classi aggrnnle, guat1a_i11andoora JJ ora 78 lire il mese, fiur!tè,

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