La Voce - anno II - n. 15 - 24 marzo 1910

290 LA VOCE e completo, ripete quel\'esasperata inesauribi– lif.t che è nel fondo della passione che il poeta descrive. e Ella si vuotò di dolcezza, si fece tutta vacua e lie,·e come se un'aria calda circolasse nella concavità delle sue ossa prive della mi– dolla insensibile ; e un gemito sommesso, quasi un 1 implorazione senza suono, accorn– p.1g11a,1a quel miracolo »; dov'è stupendo il suggerimento d'uno stato cui avrebbero vio• lato brutalmente i termini rozzi di un pa– rngone dello scolastico tipo :1 sillogismo, ottenuto invece per le solite analogie di sen· sazioni, vive anche piì1 che nella bellissima tìgur,1 del tepore, nella forza selvatica di quel verbo t'IIOlarsi. « Ella era curva, annodata in sè stessa ». « L'uomo si avanzò... Ella rimase in piedi, rigida, udendo i colpi del suo cuore sotto le sue calcagna .... » Gli esempii si potreb– bero centuplicare. Tra1:posizioni e sovrapposizioni siffatte di reali:, brutale e di imimit:ì profonda abbon– dano nei poe1i greci e segnatamente nei tra– gici, e segnatamente in Eschilo; in Shakespeare poi, e, per imitazione, nello Swinburne d.( cui forse più' direttamente il <l'Annunzio le imparò. Il Carducci v'era risalito per altre fonti, senza però vincer mai un ritegno let• terario che conferiva una tale austerità alle sue immagini, ma lo portav:1 :id attenuare I.a loro immediatezza. Il <l'Annunzio, nel volger degli anni, ha preso sempre pili ad ,1busarne, ma, d'allro canto, ha anche imparato ad ap· profondirle e renderle, spesso, splendidamente balzanti erl audaci. Il critico che sapesse com– piutamente svolgere 1 in parole di perl:1cea esattezza, l'avviluppato mondo tragico che e come feto rannicchiato nel conio materno > dorme nel grembo delle immagini di questa specie, seminate con crescente munificenza nelle pagine delle ultime opere d:rnnunziane, certo, anebbe riccamente contribuito alla co– nos,enza di questo grande poeta, i\la ai critici è fatale non sarer vedere nè dire pienamente se non quando le fonti son secche 1 e !'acque, senza più poter crescere, occuptmo i loro alvei definitivi. E conviene augurarsi che que– sto momento sia ancor lontano. Non v' ha però dubbio che non ci si ac– costa a tal mondo prendendo come punto di partenza le favole di questo o degli altri rom:111zi o drammi, le quali, 1n quella che sarebbe la loro realtà narrnbile, storica per così dire, son vernmentc pazzesche, sconnesse, deformi, delitluosc e quel che si vuole. Vana è in più d'un luogo una eroina folle, mise• revole, o meglio, addirittura iursislenlr. La sua , ita si può dir t•Jlta conclusa nel canto fu– nerale ch'ella si canta. Siamo ancora alle donne ~parenti del De S:rnctis. Se tutto il rcs10 del rom3nzo :mdasse perduto o arso, e si s,1.lvassero solamente quelle due pagine, \'an:1 esisterebbe, non solo, ma d'un'esistenza più nitida. i\li tornano all,1. memoria quelle figure dal sembiante indicibile, che si scorgono, chiusi gli occhi, nella luminosilfl o nella penombr:t interiore, da quando una volta balzarono alla nostra fantasia su da un canto lontano: Ci– rene ignuda che lolla col leone, nell'ode pind:1rica; Anactori:t od Attis quali le ve– di:11110per entro i frnmmcnti di Saffo i e la second:1 Ifigenia euripidea i o più umile di esse tutte ma di tulle pii.1 dolce quella Praxo di Samo che parla nell'epi1anìo di Amyntas: c. Dimmi, donna 1 chi sci e chi fu tuo pa– dre, e dimmi il tuo paese, e di qual do– lorosa malattia tu moristi •· e Il mio nome, ospite, è Praxo di Samo; fui figlia di Kalli– tele, e morii giovine :rncorn >. e Chi alzò la tomba? »' « Teocrito il mio sposo 1 cui mi de1tero >. « E a qu:-ile età giungesti? » • Tre ,·olte sette e un anno >. « Ed eri senra tigli? > « No. 1:isciai in casa un bam– bino di tre anni, Kallitele >. Così, talvolta, nella luce fredda <l"un museo, anche soltanto la piccola impronta unghial:l che la lucer- 1olina !:i.sciò sopra un embrice del tempo dei Famoni quando da poco il mattonaio l"aveva disteso a seccare lungo la sponda del Nilo, o i giuoc:Htoli di foglia d'oro sparsi in un ,;;epolcro infantile, hanno po1ere di richia– mar tutta una ,,ita ed un mondo con le sue creature infinite e di\'erse, più ,·ivamente delle de.!=crizioni esntte e delle rappresenta– zioni compiute. « Diceva: Vedete come sono I Sono come voi, sono giovir.etta come voi; quando era– vate nella vostra culla, anch'io ero nella mia. i\fo1 madre era dolce per me. Siamo cresciute insieme, abbiamo mescolato i nostri giuochi, i nostri gridi, le nostre risa, anche i nostri pianti ~- C'è già nel ritmo cosl semplice di queste poche frasi una fon.a di lacrime che subito le trasporta con le loro parole puerili ad una tragica altezza. La crea– tura che le canta ci appare senz'altro, fra le compagne, quale poi sarà dcscritla: e come salma in apparecchio di sepoltura •, nel suo aspetto ultimo ed immortale, con le chiome lisce spartite, vestita dellt1 pili bella delle sue vesti bianche, viva ancora, ma pronta pel viaggio sotterra. e Vedete come sono I lnt:itta. Nessuno mi ha toccata ancora, nes– suno mi ha baciata. Non ho avuro la-=.ia parte nè d'amo~·e nè di gioia .... Sono come voi, e non saprete mai tutte insieme, se vivrete cent'anni, tante cose qua111e io ne ho sapu1e in un giorno, in una notte, in un'ora, in un :.ttimo ». Tulla la pena è qui fer– mala ed espressa, e nulla ci abbisogna a più dichiararcela, a darcene la ragione; :1stratta da ogni relazione, essa si ripiega su sè mede– sima, si conosce con l' impudici1.ia estatica della verginità e diventa più profonda. È l'anima violata che c.onlcmpla come stupita il corpo rimasto mondo ma come morto, e versa il suo rimpian10 amaro su quella inu· tile purezza. Ella ha consunto la vita prima :-incora di vivere; e le sue facoltà son state de– vastate dalla più crudele rapina, :tvanti di cre– scere a tanto di forza da sostenere senza ri– piegarsi pur il fiore di dolcezza più leggero. È, la sua, una tragedia prenalàle. Ancora ri– splendono nel futuro, ma vano e irraggiungi– bile e gi3 colorato d'una funebre luce di di– sperato ricordo, le intatte feconde possibililà della vit:t, e verso di esse l'eroina piega il viso senza Inerirne :1rimirare qu:tnt'eran belle, mentre i piedi volgono inesorabilmente verso il sepolcro. Ella non ebbe mai conosciuta la luce, e non si soffama sulla soglia notturna ad invocarla un'ultima ,·olta. Ma tu11:1la sua r:m·egnazione si solleva nell'antico gemito del sacrificio tragico. 11 Ad,-,-;.--:.;. oici ~?i; ot,.tw à•;i5t,,;," :r:0.7zw ".«Vedete come sono!... Uno sguardo mi ha maturata, una parola mi ha in– vecchiata, un silenzio mi ha folla decrepita. Non sono più buona a vivere >. Senza il prode conforto d'essersi schianl:tta nella bella ~ucrra, compone sè stessa, nelle ultime parole del suo inno, come sotto un epitaffio, che nel quale non si lagna che un lungo rammarico di bontà inattuata che non \'UOI morire: « Sono come voi tanto giO\•ine, e nessuno m'ha toccata ancora, e avrei potuto esser tanto dolce, tanto fedele .... ». Un'analisi simile di tutti i p:1ssi che vi– ,1011 rosi sicuramente di una vita degna ed indimenticabile, verrebbe a prolungarsi per almeno tante pagine qu:1n1e son quelle del romanzo, e non è possibile. Più riflessa, de– corati\•a ed eccezionale nelle prime parti, l'arte poetica si fa nen·osa, urgente e precisa, vei-so l:t fine del volume; e non s:trà certo chi non vorrà preferire alla sapiente costru– zione di pagine come quelle della reggia estense o della veglia mortuaria, la grazia disinvolta che anima il ritro,•o musicale delle vergini folli, dall:t quale il canto di \'ana s'alza repen1e con impeto austero. Della scena che segue non si può par!ar senza scandalo. \1:t di grazia: si tratta, dirò cosl 1 di sadismo poetico 1 indissolubile da!- 1':-itto stesso dell'arte, qual' è il sadismo ser– peggiante nella casta poesi:1 del J,1.mmes, per esempio, o nelle elevazioni religiose di un Verlaine; o quella poesia non è piuttosto una maschi:t poesia che afferra ed esprime robustamente una realtà che, in etica, potrà anche chiamarsi sadica, ma rispetto a lei, ch'è pura, è pura come qualunque altra realtà? Ora, sulla virilità. intrinsecn di quell:t poesia nessun critico mi par riuscito a formular dubbii assoluti, in modo convincente. Chè se l'accusa di sadismo potesse fond:1rsi sempli– cemente su quel!' intreccio che si può estrarre e narrare, come i critici sogliono, come un qua– lunque fdtto accadu10 1 allora, ceno, non mi BiblotecaGino Bianco sgome111erei a lrovar di che convincer di sadismo poeti di ben altra tempra che il nostro. In realtà, col maturare della sua :irte, in opere di valore disugualissimo, e, :1 volte, addirittura somiglianti ad amm:1ssi rovinosi di frammenti magnifici e grolteschi, egli ha dato una rappresentazione oso dire sempre pili lineata e vivace di fatti di coscienza pro– foncli, di tormenti e di gioie nlzali con un volto divino sopra un oscuro corpo animale, di fantasie abissali; fantasie, gioie e 1ormen1i che il sentimentalismo snobistico del P,flrerc, lo slavismo dell'ln11ocenle 1 l'eroismo, pralico o intelletluale, delle Vergini, del Ft,ofo, della Gloria, della Giocouda, gli tennero a lungo implicati in inestricabili e1erogenei1à 1 finchè la prima volta sboccbrono ignudi e cantarono aud:1ci nel grandioso finale di quel la laus Vi/ne di cui gli itnliani sembran poco aver sentito parlare, ma nella quale uno dei no– stri critici pili forti riconosce senza esila· zione il capolavoro. È come un'alba tragica, sulla qu:ile questo poeta s'è trovato, doro una serie d'opere così copiosa da bastare all:t riuomanza di tre o quattro autori fecondi. La sua glori.i era fatta. Egli non era di quelli che non temono di ricominciare, e si rinverginano per una grandezza sempre pili grande. Il nuovo fuoco l'arse e l'arde tuttavia, perche le sue midolle son ricche ed asciutte, non certo perchè egli lo nutra de,,oto e lo rreservi. Ora, non tutti son disposti ad andare studiosamente a cer– care lo splendore misterioso e sublime, altra• verso quelle oscurità fobulose ed ingombre dove, vol1a a volta, vuole il caso ch'esso s' accend.1. VI. Si i,referisce, piuttosto, tagliar la ques1ione afferm:rndo che il d'Annunzio è travolto per un declivio terribile cli decadenza, sul quale non sa nè può arrestarsi, per quanti sforzi faccia: madidi sforzi nei quali si consuma la sua convulsa energia di l011atore 11101 ituro. E i critici pili solenni, dall'osservazione passano alla dissimulata constata1.ione delle cause. - li signor d'Annunzio abusò di Venere. Gioventù letterata, as1ienti. - Il signor d'Annunzio si scavò frenelicamente sotto i piedi l'ingorda vo– ragine di un disastro finanziario, che è già riu– scito a corromperlo nell'arte e finirà per com– piutamente inghiottirlo. Gioventù lettcra1a 1 sii sobria. - Sia pur vero tutto ciò ; non voglio saperlo. So di certa scienza che non v' hanno creature pH1 \'Ìperinamenle raffinate di quelle che contan lor primo dovere correre incontro a cui sanno in pena e in travaglio, a fargli con– statare che slamani ha il viso pallido o che gli si vede negli occhi la febbre. Andatè per la vostra via, e che il demo– nio vi accompagni I i\li compiaccio, sì, di vedere autori equi– voci che si barcamenano Ira una politica buf– fona e un teatro che put1.a di camera di la• voro, scrittori caJaverici, cambiavalute che riscuotono con cedolette di parole un prezzo nefando, e i timidi amici che, pur ieri, si fa. ccvan trascinare a rimorchio, e quanti di• sponevano d'un lorto vero o simulalo da scontare alla prima occasione, a grasso inte– resse, mi compiaccio di vederli goffi e scal– tri, pezzenti e gentiluomini. crisriani e giudei, colla febbre della mala coscienza o coll' in– differenza del borsista rotlo al mestiere, cor· rere al grande affare che offre a 1u11i qual– cosa da portar via; e le grida delle quali essi annunciano e vantano i lor prel1b:11i di– ritti, mi :1llielano 1 mi esaltano, mi commuo– vono. lnebbrialo dal loro impeto, travolto dal loro furore, arrivo anch' io a capire che qualcosa di grande è successo in fondo :11la coscienza italiana. E che gli i1:1liani 1 non più leccatoli quando onorano e stilettatori quando il tornaconto fini,;;ce, gridano, come on1, accesi di sdegno per il loro pudore of– feso, per le loro speranze di puril:'l. concul– cate, pel loro nuo,o ideale di nuda e dura grandezza cui ha un po' estemrn10 1 oh ove-– retto, l'olezzo maledettissimo delle fervide chiome, delle sciarpe beduine e delle mem– bra comp,fesse di quell'Isabella lnghira,oi. .Ah, mio Borgese 1 di quanto mal fu ma– tre, non I:, tua cosidella conversione .... ma quella pa.Q,irn1 1 nobile cerio e innocente, con la quale dovevi dar diritto ad ogni misero becc;1morti di vestire una crisi, di simulare un pas-.ato, di improvvisare un avvenire; con la quale dovevi prestar vita e autobiografia a tante deformità che vila non hanno. e Si prepara una nuova generazione, più moral– mente austera .... > È detto, e, ormai, anche lo sguattero pretende a omo. Che avevi tu fatto per capitare un'ora della tua vita nella compagnia, nella quale sei capit:ito? Non c'erano espiazioni ugual– mente valide ma più monde, di trovarsi in una somiglianza d'accorJo con uli coscienze, di respirar tali fiati, ~entirsi sfiorar da 1ali go– miti, udir ripetere da tali bocche le proprie parole? Va', molto ormai ti sarà perdonato, perchè, certo, molto hai sofferto ! Ma lagnarsi è invirile, e, sopr:1111110 1 la– gnarsi di mali giustificati d:t rngioni tanto severe, come la dignità dell'arte, la purezza del vivere, la grandezza della patria. Più pralici, gli avveniristi anatemizzano e caute• rizzano e i professori dicono che bisogna 1or– nare a Dante, mentre le belle anime, civettuol • mente sconsolate come cocollts alla penul– tima av\ 1 enlur:i 1 nffennano che, ormai, non e' è che la filosofia. filisteo confesso, e perciò, pili amico dei f.itti che delle parole, del l'imperfezione tan– gibile pili che dei sogni ineff.ibili, degli er– rori concrcfati in opere di lungo respiro più che delle leggere \'Crità che ventilano su da• gli articoli de' giornali, io non so pcPSua• dermi di aver torto se tra l'affrettarsi degli accomodamenti, le cambiali tratte con allegra incoscienza sul futuro 1 la scimmiesca sedulità dei neofitismi, questa pot!sia m'attrae ancora e m'esalta, e non come una memoria di sè stessa, non come un'eco di una grandezz:1 che non è più. Emilio Cecchi. La storia nell' insegnamento secondario. I. Studenti e studiosi di storia, futuri inse– gnanli o già esercitanti il loro magistero, affettano una superiore noncuranza per le questioni concernenti l'insegnamento storico, l'esposizione divulgativa delle conquiste della critica. Chi esce dalle universilà può dirlo: ci si concede tuui ed esclusivamente ai la– vori cl' indagine sistematica, di ricostruzione nelle biblioteche e neg·li archivi; non si prende sul serio la. scuola di magistero: si dà importanza solo alla monografia erudira, ali'« opera fondamentale » e si trascurano o si disprezzano i libri di divulgazione ge• niale, gli strumen:i di una facile diffusione. Invece di11301j alla realtà storica il critico, che procede alla ricostruzione e alla sintesi, e I' insegnante, che dei fatti conosciuti deve fare esposizione razionale e viva, hanno nel loro lavoro punti di contatto pili di quello che non si creda : I' uno e l'altro debbono .avere un criterio direttivo, che li guidi a penetrare e ad esprimere il passate, nella sua complessità; l'uno e l'altro debbono avere de– dotto que.;10 criterio dal concetto che si son formati dell'essenza e del compilo della sto– ria. Senza tale coscienza nessuno dei due po· trebbe fare opera veramente di vila: nel primo caso e nel secon~o è indispensabik un lavoro di valuta1.ione e di selez.ione, che colleghi, abbracci, illumini i fatti. Scrittori di storia eccellenti, come il Lavissc; ind.rga– lori scrupolosi, come il I..anglois;, hanno ri lev:110 in Francia l'importanza della « pcda gogia storica » e non hanno trascurato di de· dicarsi ai lavori di esposizione piana e vivace di periodi storici. Non mai troppo è da apprez• zarsi la virtù comunicativ:1, specialmente per la storia : troppo spesso sentiamo il biso· gno di uscire dalla ricerca particolare e di avere pronti i mezzi per abbracciare I' in· sieme con prestez1.a e con facilità. Ma fra il vasto lavorio d'indagine critica, di dissodamento del campo storico, di revi-

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